Omelia alla Santa Messa in occasione dell’arrivo in città della Venerata Immagine della Beata Vergine delle Grazie di Quintiliolo

Tivoli, Cattedrale di San Lorenzo Martire, Domenica 2 maggio 2021

Signor Sindaco, illustri autorità, sacerdoti, diaconi, cari fratelli e sorelle nel Signore!

Ella è tornata ancora!

Siamo riuniti qui in questa mattina della prima domenica di maggio per accogliere l’Icona della Vergine Madre delle Grazie di Quintiliolo a noi tutti tanto cara.

Anche quest’anno, per la seconda volta, a causa della pandemia che impedisce assembramenti, non abbiamo potuto portare questa immagine per le nostre strade, ma ora è qui e davanti a Lei celebriamo la Santa Messa della V Domenica del Tempo Pasquale che ci ha fatto ascoltare, nel Vangelo, un invito pressante da parte di Gesù per tutti coloro che, come noi, si dicono cristiani e sono cristiani grazie al Battesimo che abbiamo ricevuto. È l’invito, anzi il comando, che Gesù dà ai suoi prima della morte: “Rimanete in me!”.

Rimanete in me come i tralci rimangono nella vite con la quale Gesù si identifica: “Io sono la vite” e “voi – continua – siete i tralci” e soltanto se rimanete in me potrete portare molto frutto perché senza di me non potrete far nulla. Potrete soltanto essere gettati via per far posto ai tralci che desiderano portare frutto. Venire eliminati per evitare con quel vostro fingere di essere miei tralci senza esserlo che portiate via linfa vitale ad altri tralci che desiderano portare frutto, che osservano i miei comandamenti, che obbediscono alla mia Parola e portano frutto! Anzi, molto frutto!

Ma come fare per rimanere in Cristo e portare molto frutto?

Maria è modello di questo “Rimanere”. Lei, docile alla Parola di un Dio che è innanzitutto il per sempre fedele all’umanità che ama, che è Colui che rimane, che è stabile e non vien meno alle Sue promesse di amore per noi, (Maria) è rimasta in Dio. È rimasta in Colui che è stabilità assoluta e vi è rimasta divenendo per noi tutti modello di come si deve credere, sì: modello di fede!

Prima di andare oltre in questa Omelia vorrei chiedere a voi e a me: ci diciamo cristiani e tentiamo di esserlo. Ma in questo tempo di pandemia stiamo riponendo ancora la fede in Lui sull’esempio di Maria che, pur nelle difficoltà di quel “Sì” pronunciato all’inizio del compiersi della nostra salvezza con l’ingresso di Gesù nella nostra storia per condurci nell’intimità divina, non ha mai dubitato delle promesse di Dio che come abbiamo ascoltato nella Lettera di Giovanni “è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa” e al quale con audacia e confidenza, su consiglio dell’evangelista Giovanni, possiamo chiedere ogni cosa sicuri di riceverla se osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quello che gli è gradito?

Oppure anche la nostra fede si è affievolita?

In passato i nostri avi nei momenti di prova, di peste, di colera … si rivolgevano nella preghiera a Dio per intercessione di Maria sicuri di essere liberati. E noi?

Speriamo nel vaccino – ed è più che legittimo, dobbiamo vaccinarci! –, speriamo nella scienza – è legittimo … –, speriamo nel Recovery Fund … ma in Dio speriamo ancora?

In fondo vediamo come l’umanità senza Dio non si salva!

E qui non penso tanto al coronavirus ma a tanti altri virus che questa pandemia ha scatenato in maniera esponenziale: il virus dell’egoismo, il virus di una politica e di una economia dove i ricchi saranno sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Il virus di manovre economiche legate alla sofferenza globale che l’uomo sta vivendo e dove la distanza tra di noi ma anche tra nord e sud del pianeta; tra est e ovest diverranno sempre più grandi se non impareremo a rimanere in Dio e a vivere veramente da fratelli tra tutti noi! Penso poi all’incremento dell’uso dei mezzi digitali che certamente sono utilissimi ma che in questo tempo pandemico si sono affermati su di noi, influenzando la nostra libertà di scelta, di pensiero, di comportamento, in modo tale che ormai non siamo più noi che ragioniamo ma solo loro che ragionano al nostro posto. Tra i virus c’è anche quello della mancanza di solidarietà, di lavoro, di sanità per tutti, di una povertà che se era già ampia ora è divenuta dilagante e probabilmente continuerà ad ampliarsi in forme di cui ancora non ci rendiamo ben conto e che dovremo pagare per diverse generazioni. Così come c’è il virus della criminalità organizzata che avanza proponendo prestiti ad usura per acquistarsi gradualmente molte delle nostre attività e conseguentemente della nostra libertà. E soprattutto, per dirla in breve, il virus della mancanza di solidarietà con i fatti e non tanto con le parole, i progetti, le promesse tra di noi … Un virus già diffuso prima della crisi pandemica ma che ora pare riaffermarsi prepotentemente.

Potremmo continuare ricordando anche il virus del non scegliere mai per la vita rimandando sempre le scelte e non divenendo mai adulti.

Guardando a Maria e accogliendo l’invito evangelico, stamane, allora, facciamo nuovamente il proposito che accompagneremo con i fatti di rimanere innestati come tralci alla vite sapendo che la vite che è Cristo è una vite che non muta, è verità fedele alle promesse che fa. Promesse in questa vita e per la vita eterna.

Se vivremo così, come ha fatto Maria, tralcio perfetto, modello di tralcio inserito in Cristo porteremo anche noi molto frutto.

“Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto” abbiamo sentito da Gesù.

Di quale frutto sta parlando?

Se Gesù si identifica con la vite, se noi siamo suoi tralci possiamo produrre soltanto uva.

E se il frutto della vite è l’uva, frutto dell’uva è il vino: ed è proprio questa la promessa di Gesù. Se rimarremo uniti a Lui produrremo buon vino.

Ma cosa vuol dire? Vuol dire che in questo mondo saremo in grado di dare gioia e speranza. Ditemi voi se non c’è bisogno oggi di gioia e di speranza? Di prospettiva, di visione … si dice … ma non solo umana ma cristiana!

Ma cerco di spiegarmi meglio.

Il vino non è l’acqua: è un sovrappiù, è un lusso. Non è necessario per sopravvivere né per dissetarsi. È piuttosto il segno della festa, dell’allegria: bello, certo, ma di cui si può fare a meno.

Ma è vero che se ne può fare a meno? Davvero ci basta vivere o addirittura sopravvivere? Ci basta godere di giorni lieti fino a che non arriva l’ora della morte? Non abbiamo sete di gioia e di festa per sempre? In questi giorni dove la pandemia ci impedisce tante cose, è proprio vero che abbiamo necessità soltanto dello stretto necessario?

No. L’uomo ha sempre bisogno di eccedenza. Ha bisogno non solo di camminare ma anche di correre, danzare, saltare come i bambini. Ha bisogno non solo di parlare ma anche di cantare e gridare come fanno i giovani. In altre parole non ci basta l’acqua. La nostra esistenza è fatta per essere trasformata in vino, e vino buono!

Vivere è un effluvio, un eccesso: è generazione di vita, vita che generi sempre vita nuova, come una sorgente inesauribile.

Il frutto che possiamo e dobbiamo produrre è quello di dare vitalità, diffondere intorno a noi speranza, gioia, far fiorire e promuovere fiducia e stima in chi ci sta vicino. In una parola è amare e far sentire tutti amati. È seminare in questo mondo il dono dello Spirito Santo, la vita stessa di Dio di cui il tralcio innestato nella vite si nutre. Quella vita eterna, vita risorta, vita pasquale, vita d’amore fedele e incrollabile di cui partecipiamo se dimoriamo in Gesù, se ascoltiamo la sua Parola fino a impegnarci per essa, fino a desiderare di essere come Lui, suoi tralci e strumenti.

E Maria? In tutto questo cosa c’entra Maria?

Maria c’entra eccome perché con la sua fedeltà a Dio, con la sua capacità di ascolto e concretizzare l’ascolto in fatti, ha dato al mondo Gesù – il frutto del suo grembo – e con Lui la gioia, la speranza, la sicurezza di una vita piena qui in terra se ascolteremo e praticheremo i suoi insegnamenti e in eterno, in Cielo.

Chiediamo allora nell’accogliere l’Immagine di Maria tra noi in questo tempo che Lei ci insegni a vivere da tralci innestati nella vite che è Gesù e che anche noi possiamo così lasciarci pure potare ma per portare frutto buono, quel frutto che è il Risorto stesso annunciato con i fatti, con le azioni oltre che con le parole per dare gioia e speranza al mondo che ha necessità non solo di sopravvivere ma di vivere e vivere in pienezza sapendo che Gesù è venuto per darci la vita e darcela in abbondanza! Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina