Omelia alla Santa Messa nel 12° Anniversario della morte di S.E.Mons. Eduardo Davino e nel Trigesimo della morte del Can. Don Romolo Sabbi

Palestrina, Cattedrale di Sant’Agapito Martire, Sabato 20 gennaio 2024

Cari fratelli e sorelle,

la Parola di Dio di questa domenica ci presenta due episodi di chiamata: quella di Giona e, nel Vangelo, quella dei primi apostoli.

Sono due episodi che hanno qualcosa in comune ma anche una diversità grande.

La prima lettura è tratta dal libro di Giona.

Dio prende l’iniziativa e gli rivolge la parola. L’iniziativa per ogni vocazione parte sempre dalla “Parola del Signore” che si rivolge in questo caso al Profeta e gli intima: “Alzati, va a Ninive la grande città e in essa proclama che la loro malvagità è salita fino a me” (1,2) e Giona anziché andare verso Oriente, cioè verso Ninive, che era da tutti conosciuta come città della malvagità, si dirige esattamente dalla parte opposta. Ossia va verso Tarsis che era conosciuta anche come città con grandissime ricchezze minerarie.

Giona è un uomo religioso ma che tenta di usare grande prudenza umana, grande ragionevolezza … fa due conti e preferisce andare non verso Ninive ma scappare verso Tarsis.

È quanto tanto spesso capita anche a noi: il Signore non ci chiede una sequela comoda ma di comprometterci per la sua Parola. Ma noi scappiamo. Scappiamo davanti alla scelta del per sempre, alla scelta della vocazione al sacerdozio, alla scelta del matrimonio, scappiamo davanti all’impegno, davanti all’educazione dei figli … ad ogni scelta compromettente, cercando di salvarci, crearci una nostra nicchia dove proteggerci. In mezzo al mondo in cui viviamo non testimoniamo la fede, la vita cristiana … scappiamo …

Ma questa fuga provocherà in Giona un degradare progressivo sempre più grande: sale su una nave, scende nella sua parte più bassa, si addormenta profondamente, viene buttato nel fondo del mare, finisce nel ventre di una balena … Il non rispondere alla Parola del Signore, il suo fuggire di fronte all’invito della Parola del Signore lo fa cadere in un’ombra di morte, di depressione … lontano dalla volontà di Dio solo questo è ciò che si può trovare.

Ma Dio, nella sua grande misericordia, non si arrende, dà un’altra possibilità a Giona. La balena lo risputa sulla riva del mare, sulla terra dalla quale era scappato. Ed ecco nuovamente la Parola: “Alzati, va a Ninive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dico! Giona si alzò e andò a Ninive secondo la Parola del Signore”. Si mise a percorrere la città, ad annunciare ad essa la necessità della conversione. Pare dire: “andate oltre la vostra mentalità!”, siate vivaci, flessibili, non rigidi, siate aperti al Signore, lasciate che sia Lui a cambiarvi la vita. I cittadini di Ninive credettero a Dio, si convertirono dalla loro condotta malvagia, e Dio si ravvide riguardo al male che aveva pensato di far loro e non lo fece.

Certo, Giona non comprese subito perché Dio fosse stato con gli abitanti di Ninive così misericordioso. Andò in crisi. Giustificò il suo essere fuggito verso Tarsis perché non voleva che i cattivi abitanti di Ninive si convertissero. Era rigido nei suoi schemi. Deluso dal modo di fare misericordioso di Dio fuggì e si sdraiò sotto una pianta di ricino che poi svegliatosi vide seccarsi. E per questa pianta seccata rimase male. E Dio gli disse – e così termina il breve libro di Giona – ti sembra giusto essere così sdegnato, aver tanta pietà per questa pianta di ricino per cui non hai fatto nessuna fatica nel farla spuntare? E io non dovrei avere pietà di Ninive, quella grande città dove ci sono più di 120.000 persone che non sanno distinguere la mano destra dalla sinistra?

Di vocazione si parla anche nel Vangelo.

Ma qui c’è una reazione alla chiamata del Signore diversa da quella di Giona.

La chiamata dei primi apostoli: Andrea e Simone, Giacomo figlio di Zebedeo e Giovanni avviene dopo che fu arrestato Giovanni il Battista.

Come a dire che sapevano che fine avrebbero fatto i discepoli di Gesù, di colui che Giovanni aveva indicato come il Messia da seguire.

Gesù passa, è ancora una volta la Parola di Dio, la sua Parola che chiama.

Afferma: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino: convertitevi e credete al Vangelo!”.

È l’invito alla conversione che anche Giona aveva annunciato. L’invito a cambiare vita, ad aprirsi a Dio. Un invito che viene rivolto anche a noi stasera: il tempo è compiuto, ossia ormai è pieno di opere di Dio, Gesù è venuto in mezzo agli uomini. Il Regno, dunque, il dominio di Dio su ogni cosa si avvicina. Dio si muove, ci viene a cercare, attende soltanto che noi ci volgiamo verso di Lui.

E a tutti dice: convertitevi, andate oltre alla vostra mentalità.

 

E poi chiama i primi discepoli che vivranno con Lui, saranno testimoni della sua risurrezione e come Giona su invito di Gesù, del Dio con noi, andranno a invitare altri a convertirsi, ad aprirsi a Dio, andranno nel mondo rimanendo fedeli alla verità ma proponendo al mondo la Parola che si è fatta vicina a noi, nei modi necessari affinché gli uomini la accolgano e si lascino affascinare dalla tenerezza di Dio ed escano dalla loro vita così spesso lontana da Lui.

E così Andrea, Simone, Giacomo di Zebedeo e Giovanni lasciano il loro mestiere di pescatori e seguono Gesù che li fa “pescatori di uomini” ossia li manda, a loro volta, dove c’è il male – il mare nella Bibbia è sempre stato simbolo di male – per tirar fuori da esso gli uomini e le donne, farli incontrare con la Parola che salva, farli entrare nel “tempo compiuto”, farli accedere al Regno dell’amore di Dio, della sua tenerezza e misericordia affinché si aprano ad essa, cambino vita e si uniscano alla comunità dei discepoli-missionari del Signore. Una comunità che a differenza delle comunità dei tempi di Gesù che rimanevano chiuse in esse, diviene una comunità aperta, missionaria.

Cari fratelli e sorelle, se stasera pensiamo alla vita di Mons. Davino chiamato ad unirsi al collegio dei successori degli Apostoli. O di Don Romolo che ci ha lasciati 30 giorni fa. Come non vedere tante similitudini?

Hanno avvertito la chiamata, hanno sentito che il tempo era compiuto, ossia hanno visto le grandi opere di Dio nella storia, anche loro saranno a volte fuggiti come Giona o avranno avuto timore davanti alla responsabilità che ha ogni uomo che segue il Signore. Hanno però ancora guardato alla bontà di Dio e alla necessità del popolo di trovare salvezza e misericordia. Si sono lasciati attrarre da Lui e sono divenuti pescatori di uomini.

Stasera noi rendiamo grazie a Dio per averceli donati e per questo loro impegno, per le fatiche apostoliche che hanno dovuto sopportare, per il tanto bene che hanno seminato noi preghiamo perché il Signore conceda loro la Sua eterna pienezza di vita.

Ma preghiamo anche per noi.

Che possiamo ascoltare sempre più la Parola di Dio – siamo nella domenica della Parola di Dio … – convertirci, cioè aprirci a Lui per seguirlo come i primi Apostoli. Seguirlo pur sapendo che avremo varie difficoltà da affrontare ma anche tante consolazioni, le consolazioni di vedere che se vivremo da “pescatori di uomini”, tanti, convertendosi, usciranno da logiche di male, di peccato e torneranno sotto l’ombra misericordiosa di Dio, di un Dio che chiede a tutti di vivere per Lui e che in cambio ci dona se stesso: ora, attraverso i sacramenti e i tanti segni della Sua vicinanza, e poi, un giorno, per sempre. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina