Omelia alla Santa Messa nel 350° Anniversario della Dedicazione della Cattedrale di San Lorenzo martire in Tivoli e della Consacrazione del suo nuovo Altare

Tivoli, Basilica Cattedrale di San Lorenzo Martire, Domenica 27 ottobre 2019

Illustri autorità civili e militari, carissimi sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose, fratelli e sorelle nel Signore!

Con animo grato e riconoscente a Dio celebriamo l’anniversario della Dedicazione a Lui della nostra Cattedrale, avvenuta per il ministero del Cardinale Marcello Santacroce, Vescovo di Tivoli, esattamente 350 anni fa.

Ma, come noto, anche altri sono i motivi della gioia odierna: concludiamo i lavori di restauro architettonico e conservativo della Cattedrale; apriamo un Anno Giubilare che si concluderà il prossimo 27 ottobre 2020, durante il quale quanti visiteranno questo tempio e coloro che, anziani o ammalati, pregheranno anche da casa alle condizioni della Chiesa, sarà concesso il dono dell’Indulgenza plenaria; ed ancora: vi consacriamo il nuovo altare, opera dello scultore e diacono permanente della Diocesi di Albi (Francia) Jacques Dieudonné, qui presente tra noi e che ringrazio fin d’ora per l’opera che ha realizzato.

La nostra Cattedrale, costruita sull’antico foro tiburtino e poi ricostruita dal Cardinale Giulio Roma così come ci appare ora, e successivamente consacrata a Dio nel 1669 dal Cardinale Santacroce, è segno della fede di un popolo che ha sempre desiderato avere la Casa di Dio – la Sua Domus da cui Duomo – tra le proprie case! Un popolo che forse, come ci è stato detto circa il re Davide nella prima lettura, ha pensato di costruire una casa a Dio ma che in realtà, nel mistero del Tempio, ha sempre saputo riconoscere che quella casa è stata fatta per lui da Dio stesso poiché la vera casa del popolo che qui si è radunato lungo i secoli e ancora oggi si raduna è Cristo che incarnandosi, morendo e risorgendo per noi, inviandoci il Suo Santo Spirito si è fatto e si fa casa e rifugio per noi, e comunicandoci la forza della Sua Pasqua ci rende pietre vive di quell’edificio spirituale che è la Chiesa: la Chiesa fatta di noi battezzati che, radunati qui, intorno all’altare sul quale celebriamo l’Eucaristia diveniamo e rimaniamo uno e, in comunione fraterna, dobbiamo continuamente riscoprire e vivere con gioia la nostra missione di discepoli-missionari di Cristo nel mondo per annunciare a tutti che siamo amati e redenti da Lui, morto e risorto per noi!

Celebrare l’anniversario della Dedicazione della Cattedrale è riconoscere la fedeltà di Dio verso di noi popolo di battezzati che cammina sulle strade del mondo sorretto dalla forza della Pasqua e verso la Pasqua eterna. È riconoscere anche che, se è pur vero che Dio non permise a Davide di costruirgli una dimora perché né i cieli, né i cieli dei cieli possono contenerlo, tuttavia, Dio, ha permesso in seguito che la nostra casa fosse costruita grazie e tramite Gesù – proveniente dalla discendenza di Davide – Gesù, che si è incarnato provenendo dalla discendenza di Davide ma superando Davide stesso. Davide che era un grande re ma anche un povero peccatore.

Per costruire la Cattedrale il popolo ha usato e anche per i lavori di restauro che oggi concludiamo sono stati utilizzati materiali umani. Resistenti, che nel loro insieme appaiono possenti ma che – lo sappiamo bene – basterebbe un colpo di terremoto e tutti crollerebbero, un incendio e tutti cadrebbero … È il mistero della Chiesa-popolo di battezzati che trova la sua immagine nel mistero della Cattedrale. Essa è costruita da noi, poveri peccatori, ma che unti di Spirito Santo, consacrati quali sacerdoti, re e profeti con il Battesimo, partecipi del sacerdozio comune che ci è stato trasmesso nel giorno in cui siamo divenuti cristiani siamo chiamati ad annunciare “per attrazione” la Misericordia di Dio nella storia di cui siamo protagonisti. Siamo chiamati ad annunciare il Risorto con la nostra adorazione non in un luogo soltanto ma ovunque nel mondo.

Gesù è stato chiarissimo quando alla Samaritana del Vangelo ha risposto che non esiste un luogo preciso per adorare Dio. Con Cristo è giunta l’ora di adorare – ossia obbedire, ascoltare e praticare la sua Parola, respirare con il Suo respiro, glorificare Dio con la nostra stessa vita – in spirito e verità, e quindi ovunque ci troviamo, in qualsiasi luogo, età, condizione sociale e circostanza, poiché pietre vive della Chiesa siamo noi!

Nessun luogo, infatti, può contenere Dio, la sua gloria, la potenza della Sua risurrezione … ma soltanto il cuore dell’uomo che traboccante di gioia per la grazia che riceve con il Battesimo, la Cresima e l’Eucaristia, la manifesta ovunque – unendosi con l’offerta della propria vita più che con le parole – al rendimento di grazie di Cristo al Padre, nello Spirito, che si compie sull’altare.

Guardando alla nostra Cattedrale ora ripulita, illuminata, restaurata, penso all’opera di uomini e donne cristiani che con tanto sacrificio e amore l’hanno edificata, voluta, costruita … che vi hanno lasciato scritti i loro nomi, e vedo anche la fede di una Chiesa locale – la nostra di Tivoli, oggi chiamata a camminare insieme a quella di Palestrina – che si riconosce in essa, che la ama! Ma che non l’ha costruita, che non l’ha restaurata, che non la ama tanto come semplice monumento bensì perché – e me lo auguro vivamente – vede in essa il segno della propria fede, il luogo dove nella comunione con il Vescovo tutto il popolo di Dio con le sue varie componenti anche oggi rende lode e gloria alla Trinità e si impegna a vivere come Chiesa, riflesso della Luce di Cristo, nella storia del mondo.

Lasciate che vi confidi una mia preoccupazione che però mentre ve la confido è già rasserenata dalla certezza che Dio non abbandona e mai abbandonerà la sua Chiesa. Ogni tanto mi domando se tra 350 anni altri potranno celebrare la gioia di questo giorno? Certo la nostra Cattedrale non è accessibilissima, per arrivarvi vi sono difficoltà di strade scomode, di carenza di parcheggi … ormai le case che la circondano sono abitate prevalentemente da anziani che faticano ad uscire e, ancor peggio, nella nostra società la fede si è fatta debole, la gente spesso vive “come se Dio non esistesse” … Occorre dunque che questa giornata sia per noi stimolo a rinvigorire la fede e il desiderio di essere annunciatori della gioia del Vangelo a quelle pietre grezze che siamo noi, uomini e donne di oggi, che abbiamo necessità di essere continuamente scalpellate, lavorate, forgiate dallo Spirito – o per la prima o per l’ennesima volta – per aderire a Cristo, la pietra che scartata dai costruttori ora è diventata pietra angolare, per rivivere di Lui, con Lui e per Lui e per trasmetterlo a chi verrà dopo di noi!

Sant’Ireneo nell’Adversus haeresis parla del senso dell’incarnazione di Gesù come se lo Spirito, per così dire, si volesse abituare alla carne. Capovolgendo ora questo concetto potremmo dire che celebrare l’anniversario della Dedicazione della Cattedrale, consacrare a Dio il nuovo altare, deve avere come senso quello di abituare la carne, la nostra carne e la carne del mondo, allo Spirito. Vorrei che significasse abituare la Chiesa diocesana intera a Dio – specialmente quando in essa prevale la tentazione di dimenticarsi del “perché e per Chi essa è?” –, per renderla “capace” di Spirito e di preparare così il suo futuro. È quanto chiedo a Dio – certo di rappresentare anche i vostri sentimenti – in questa celebrazione e come grazia particolare dell’Anno Giubilare che iniziamo.

Vorrei ora soffermarmi con voi, su un altro titolo che ha la nostra Cattedrale: quello di Basilica. Cosa erano inizialmente le basiliche? Grandi aule delle udienze dove l’Imperatore divinizzato si presentava al popolo in un modo che voleva essere interpretato come epifania, apparizione del divino. Per i cristiani questa autorappresentazione dell’Imperatore era una pratica blasfema e così alla pretesa autodivinizzazione dell’Imperatore essi contrapponevano la regalità del Cristo crocifisso e risorto. Egli solo era veramente ciò che gli imperatori presumevano di essere. E così la sala di riunione dei cristiani, in cui il Signore continuava a donarsi ai suoi nel pane spezzato e nel vino versato, divenne per essi l’ambiente del culto al loro “Imperatore” – l’aula delle udienze del vero Re. Per questa antitesi essi morirono; il martirio è per così dire inserito in questo progetto di costruzione. Riscoprendo la nostra Cattedrale riscopriamo anche, allora, a Chi solo dobbiamo rendere culto. Oggi non abbiamo più un Imperatore come fu Adriano ai tempi di Santa Sinforosa, San Getulio e i loro figli martiri; oggi non c’è più un Valeriano come ai tempi di San Lorenzo … ma abbiamo tanti altri “imperatori” più o meno manifesti che ci chiedono di prostrarci davanti a loro, di voltare le spalle al nostro Dio e di vivere come se Lui non esistesse.

Questa celebrazione sia per tutti invito a non avere paura di chi può uccidere il corpo ma non l’anima, a non avere paura di dare gloria a Dio con tutta la nostra vita!

Chiesa di Tivoli e tu, sorella di Palestrina, non abbiate paura di dar gloria a Dio! Di mettere Lui al primo posto su tutto portando insieme la croce di Cristo! E guardando alla comunione dei figli di Dio che la Cattedrale rappresenta, che non ci sovrasti alcuna paura nel desiderio profondo di camminare realmente insieme: Vescovo e popolo di Dio sulle strade dell’autentica Tradizione cattolica. Insieme non lasciamoci mai vincere dalla paura di annunciare Cristo all’uomo di ogni tempo, non sentiamoci subalterni alla cultura attuale! Non abbiate paura ad aprire le porte al Redentore perché entri nel vostro cuore e le porte del vostro cuore perché da esso esca l’amore di Cristo e raggiunga il maggior numero di persone che attendono soltanto Lui per dare senso autentico alla loro vita!

In questa celebrazione dedichiamo a Dio – come si è detto – anche il nuovo altare. È il centro della nostra Cattedrale così come in ogni chiesa, l’altare deve essere il centro perché su di esso si perpetua il rendimento di grazie di Cristo al Padre nello Spirito e noi, voltando le spalle agli imperatori del nostro tempo, desideriamo orientarci verso di esso così come si sono rivolti e hanno vissuto per quanto su di esso si celebra dal primo giovedì santo della storia i tanti martiri e santi di ieri e di oggi. Proprio questo vorrà significare invocare i Santi prima della sua consacrazione, deporre le loro reliquie – in particolare quella della giovane martire Maria Goretti, e dei Santi Papi e Confessori della fede del Concilio Vaticano II e del primo dopo-Concilio dai quali tanto dobbiamo imparare per guardare unicamente a Cristo: San Giovanni XXIII, San Paolo VI e San Giovanni Paolo II –. Invocheremo i Santi e deporremo sotto l’altare alcune loro reliquie per tenere insieme a loro e a tutti i santi e le sante del Cielo – i conosciuti e gli anonimi, quelli ufficiali della Chiesa e quelli della “porta accanto” – costantemente fisso lo sguardo e rivolti mente e cuore a Cristo, affinché viviamo per Lui e se necessario moriamo per Lui! Per il nostro bene ma anche per il bene di quanti verranno dopo di noi, trasmettiamo la fede nel Risorto che si dona sull’altare per tutti coloro che vorranno accoglierlo. Compiamo quest’opera della trasmissione delle fede con creatività, generosità, guardando in faccia i problemi dei nostri giorni e del nostro mondo. Guardando nella loro realtà i nostri fanciulli, i giovani, le famiglie, gli anziani, gli ammalati, i soli, i più poveri, i poveri di cose materiali come i poveri di Dio! Guardando negli occhi chi si attende da noi empatia, ascolto, accoglienza, accompagnamento, integrazione! E facciamo in modo di accogliere tutti in questa Casa dove chi si raduna e poi, toccato dalla grazia, esce per la missione, è la Chiesa cattolica, cioè universale!

Ora guardiamo ancora per un attimo all’altare della Cattedrale. Di questa chiesa insigne che è la chiesa del Vescovo che insegna al suo popolo dalla Cattedra episcopale ma dove il Vescovo ha anche il “suo” altare sul quale celebra una liturgia che deve essere paradigmatica per ogni comunità della Diocesi.

Certamente ogni altare diventa l’altare del Vescovo quando lui vi celebra ma soprattutto questo altare che ci apprestiamo a dedicare a Dio sia segno evidente della comunione ecclesiale! Che non ci prenda mai la tentazione di celebrare da soli! Ossia non in comunione tra noi!

Certamente il ripetere il nome del Vescovo in ogni Eucaristia è segno della necessità della comunione ecclesiale intorno al Pastore anche quando non è presente ma vorrei tanto che da oggi tutti attribuissimo la più grande importanza – come dice Sacrosanctum concilium – alla vita liturgica della diocesi intorno al Vescovo principalmente nella chiesa Cattedrale; convinti che la principale manifestazione della Chiesa si ha nella partecipazione piena e attiva di tutto il popolo santo di Dio alle medesime celebrazioni liturgiche, soprattutto alla medesima Eucaristia, alla medesima preghiera, al medesimo altare a cui presiede il Vescovo circondato dal suo presbiterio e dai ministri (cfr SC, 41).

Oggi la Cattedrale riprende lucentezza, è – almeno in larga parte – restaurata: e allora vorrei terminare questa mia omelia con una domanda. E noi, siamo restaurati? Siamo pietre ripulite dalla grazia dei sacramenti, dall’ascolto assiduo della Parola, dalla celebrazione dell’Eucaristia che ci rende un solo corpo in Cristo? Chi ci vede sa ancora riconoscere la fede che impiantarono qui generazioni lontane e che si è tramandata fino ad oggi? Probabilmente sì ma se per caso la nostra risposta fosse “forse no” … non scoraggiamoci! Se guardiamo all’opera di restauro che è stata compiuta grazie sicuramente agli aiuti ricevuti dalla Conferenza Episcopale Italiana e da risparmi della Diocesi stasera possiamo godere di quanto vediamo anche grazie all’obolo di alcune povere, discrete, silenziose – ma per questo ancor più apprezzabili – persone generose che vorrei tanto ringraziare. Questo ci deve dare fiducia. Finché nella Chiesa ci saranno persone povere, discrete, silenziose, rette e fedeli che lavorano non per piacere agli uomini ma per il Regno di Dio, la Chiesa continuerà a vivere e come questo restauro sembrava pressoché irrealizzabile così sarà realizzabile anche la missione della Chiesa nel suo futuro. Da quanto stiamo vivendo in quest’ora, prendiamo fiducia, lasciamoci veramente tutti restaurare e illuminare dallo Spirito del Risorto e anche noi riprendiamo da stasera a brillare nella notte delle nostre terre come lampade poste sopra il lucerniere perché facciano luce a quanti sono nel buio. Facciano luce non perché migliori degli altri ma perché toccati dalla grazia, unti di Spirito proprio come tra poco verrà unto questo nuovo altare ed è stata unta e toccata dalla grazia questa Cattedrale 350 anni fa e ora ogni sua pietra e affresco ripulito e lucidato, risplendono!

Maria Immacolata, in questa Cattedrale tanto amata e pregata, Lei, il primo tempio del Dio con noi, i Santi Lorenzo, Generoso e tutti i santi e le sante che qui veneriamo, intercedano per noi in questo momento dove consacrando il nuovo altare e ridando luce alla nostra Cattedrale dopo i suoi restauri, ripartiamo tutti con nuovo vigore missionario. Noi, uomini e donne di oggi, affascinati dalla bellezza di questo edificio che stasera sentiamo ancora più “nostro” e che come un costante richiamo ci invita ad annunciare nella comunione quella Bellezza perfetta che salva il mondo, Colui che per noi è casa, tetto e rifugio: Cristo, Salvatore nostro! Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina