Omelia alla Santa Messa nella Commemorazione di tutti i fedeli defunti

Tivoli, Cattedrale di San Lorenzo Martire, Giovedì 2 novembre 2023

Carissimi fratelli e sorelle,

ieri con tutta la Chiesa abbiamo ricordato i nostri fratelli e sorelle che dopo aver camminato lungo le strade della vita terrena ora sono nella Gerusalemme del Cielo. Abbiamo guardato a coloro che chiamiamo i santi, coloro che hanno creduto nell’amore di Dio ed ora sono con Lui, là dove – almeno lo spero – desideriamo giungere tutti. Là dove non ci sarà più né lutto, né lamento, né morte e dove le cose di prima sono passate.

Oggi la Chiesa ci invita invece a guardare e pregare per quanti sono defunti ed attendono la nostra preghiera di suffragio affinché grazie a quel mistero di comunione tra noi – vivi – e loro, i nostri cari defunti, grazie alle nostre preghiere e alla celebrazione dell’Eucaristia, il sacrificio di Cristo che lava, che toglie i peccati del mondo, essi possano passare da una fase come di attesa di entrare nella Gerusalemme del Cielo alla Gerusalemme celeste, a quello che chiamiamo Paradiso.

Pensate che potenza ha la nostra preghiera, che potenza ha l’Eucaristia celebrata e offerta per i nostri defunti: contribuire a quel passaggio che comunemente chiamiamo dal Purgatorio al Paradiso.

Padre Daniel Ange, un sacerdote francese di grande spiritualità, un anno ha detto di questa Commemorazione di tutti i fedeli defunti: “Grazie alla nostra umile supplica, quest’anno, ancora, una folla passerà dalla Chiesa della speranza a quella dell’amore, dal suo Avvento alla sua Pasqua. L’anno prossimo essi faranno parte di quelli che festeggeremo non il 2, ma il 1° novembre. Di anno in anno, la Festa di Tutti i Santi riguarda più amici di Dio. Corteo dai ranghi sempre più serrati. Folla che, come un fiume, non cessa di allargarsi alle dimensioni della storia. E un giorno saremo noi a farne parte. E quelli ancora sulla terra ci festeggeranno!”.

Ed è questa sicura speranza che stasera celebriamo.

Una speranza che non è riposta soltanto nella nostra povera preghiera ma soprattutto nella grande ed infinita Misericordia di Dio che è morto e risorto per noi per rendere partecipi tutti i fedeli defunti della sua Pasqua.

Nel Vangelo che è stato proclamato abbiamo ascoltato Gesù che dice: “Questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno”.

È una luce di grande speranza nel giorno in cui commemoriamo i nostri fratelli defunti e commemorandoli si rinnova in noi il dolore per la loro perdita. Un dolore, però, pieno di speranza che quanto Gesù ha promesso riguarda già molti di loro, riguarderà tanti altri e un giorno riguarderà anche noi.

Ciò che Gesù stasera nel Vangelo ha rivelato è la volontà del Padre, la volontà di Colui che ha mandato Gesù nel mondo.

Tante volte abbiamo l’idea che la volontà di Dio sia solo un calice amaro da bere così come è amara la morte. La morte che sappiamo che spetta a tutti ma alla quale non siamo mai abbastanza preparati, alla quale spesso ci si arriva con dolore, sofferenza, malattie e che comunque sia taglia legami, a volte prende i più giovani e lascia gli anziani in un gioco amarissimo da accettare umanamente perché contro natura …

Ma la volontà di Dio è la vita. Dio non vuole la morte del peccatore ma che si converta e viva. Dio è il vivente, è il Dio dei vivi e non dei morti – è Gesù che lo dice nel Vangelo di Marco (12,27) –.

E allora cosa è la morte?

Sembrerebbe il contrario della vita, ma poiché siamo battezzati, grazie al Battesimo Dio si rivela per noi come Dio dei vivi e non dei morti! Dio non vuole la morte ma la vita.

E se chiama alla morte non è perché tutto finisca tragicamente, perché tutto ciò che siamo stati non sia più, perché l’amore donato finisca, perché gli affetti, le amicizie, la vita siano troncati …

No, la morte deve essere intesa come una porta, un passaggio, un ingresso in un altro luogo che è ancora più bello e che noi cristiani chiamiamo Paradiso!

Certamente, qualcuno potrebbe obiettarmi che queste sono invenzioni per rassegnarci, per consolarci dopo la tragica esperienza della morte.

La vita finisce, qualcuno potrebbe dirmi, tutti lo sappiamo e dobbiamo accettarlo.

E invece no! Noi dobbiamo avere una speranza forte. Una speranza che si basa sull’esperienza. Pensiamoci un attimo: nella vita tante volte abbiamo sperimentato il “passare oltre” e non perdere la vita ma entrare nella vita nonostante sembri l’opposto.

Mi spiego.

Nel momento del parto, dove sembra di morire, che tutto si distrugga, e invece stiamo nascendo, arriviamo in un mondo che prima non immaginavamo nemmeno.

Ancora: quando dall’infanzia si passa all’adolescenza. O quando ci si apre al bene o quando si perde l’autonomia per abbracciare un servizio. Sembra di morire e invece stiamo nascendo.

La nostra speranza è solida perché si fonda su tutte quelle volte che ci siamo fidati di Dio Padre, consegnandogli la nostra esistenza, obbedendogli. Sembrava di morire mentre invece stavamo diventano liberi, stavamo diventando noi stessi e non ce lo aspettavamo nemmeno.

Ogni volta che abbiamo obbedito a Dio abbiamo fatto l’esperienza di Abramo quando salì sul monte per sacrificare il figlio Isacco e arrivato in cima al monte, quando aveva la mano alzata per colpirlo a morte scoprì che Dio non voleva suo figlio ma desiderava essere conosciuto. Perché il Dio vero, vedete, non ci chiede nulla – se ci chiedesse qualcosa non sarebbe Dio – ma dona soltanto. Dio non chiede il figlio ad Abramo ma dà il Suo Figlio. Lo dà per noi!

Dio non prende ma dà solamente.

Ma a volte, per riempirci le mani dei suoi doni, ci chiede di lasciare quel che teniamo in mano, ciò che tratteniamo e pensiamo sia il tutto perché è la sola cosa che conosciamo. Dio, se chiede è solo per dare, per dare molto di più di quanto domandi.

In questa celebrazione, allora, preghiamo per i nostri defunti ed affidiamoli a quel Dio generoso che non li ha chiamati alla vita per poi riprendersela. Ma ha una volontà che è quella di non perdere nulla di quanto Lui stesso ha creato ma di perfezionarlo, di portarlo a compimento, di farlo passare da una vita all’altra, di cambiare il nostro modo di vivere e non di toglierci la vita. Ossia di passare da questa vita all’eternità, quell’eternità che grazie a Cristo, morto e risorto per noi, è la nostra meta, la nostra speranza, la meta e la speranza dei nostri fratelli defunti per le cui anime continuiamo a pregare affinché, purificati da ogni macchia di umana fragilità, entrino nella pienezza eterna della vita, nella gioia del Paradiso in compagnia dei Santi. Entrino nella Santa Gerusalemme del Cielo dove un giorno vivremo in perfetta comunione con loro. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina