Omelia alla Santa Messa nella Commemorazione di Tutti i Fedeli Defunti – Tivoli

Tivoli, Cattedrale di San Lorenzo Martire, Sabato 2 novembre 2019

Carissimi fratelli e sorelle,

la commemorazione di tutti i fedeli defunti che oggi celebriamo è collegata con la festa di Tutti i Santi che abbiamo celebrato ieri.

Ieri abbiamo celebrato il mistero della comunione dei santi, ossia della stretta unione che esiste tra loro e noi, tra coloro che sono già passati per la strettoia della morte e vivono per sempre almeno con l’anima insieme al Signore nella gloria in attesa della risurrezione dei corpi nell’ultimo giorno e noi, noi che qui, pellegrini sulla terra possiamo godere dell’aiuto e della vicinanza, della protezione di coloro che sono già santi e nello stesso tempo, proprio per la comunione che ci unisce, con la nostra preghiera e le nostre opere buone possiamo intercedere affinché il velo che ancora impedisce ai nostri fratelli e sorelle defunti di contemplare in pienezza la luce del Volto di Dio, possa cadere.

Nello stesso tempo, stasera, mentre preghiamo per i nostri cari defunti, per i Vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i consacrati e le consacrate e tutti i morti delle nostre comunità e famiglie, siamo invitati a riflettere anche per noi sul “caso serio” della morte.

Mentre lo facciamo, da una parte siamo consolati, ma, dall’altra, ci sentiamo stimolati dal Vangelo a muoverci, a convertirci all’amore in questa vita per poter essere accolti nell’abbraccio eterno di amore del Signore.

Nella prima lettura il Profeta Isaia ci ha parlato di un banchetto di grasse vivande che il Signore preparerà sul monte della Sua gloria. Di una festa che Lui offrirà a tutti eliminando la morte per sempre, asciugando le lacrime su ogni volto così che Lui apparirà come il Salvatore di tutti!

Ed è quanto Gesù ha realizzato con la sua Pasqua grazie alla quale ci ha donato e continuamente ci dona il suo Spirito Santo per aiutarci a gridare “Abbà, Padre!” per relazionarci a Lui come figli che non vuole certo abbandonare nell’ombra e nell’oblio della morte, ma redimere.

Se in fondo non avessimo la certezza della vita eterna dopo la morte faremmo veramente fatica a vivere. E forse l’uomo di oggi fatica a vivere proprio perché ha perduto la capacità di considerare la morte come il luogo della comunione con un Dio che è amore, vita donata per sempre, vita eterna!

Ma c’è una difficoltà.

Abbiamo detto che Dio ci prepara la vita eterna, ce la offre come una festa ma nel Vangelo di oggi ci viene parlato anche di un giudizio …

Sembra quasi che Dio amore, Dio che in Cristo non ci vuole abbandonare ma desidera accoglierci tutti nel suo abbraccio misericordioso, cambi improvvisamente tono.

Il Vangelo ce lo presenta come un Re in trono che separa i buoni dai cattivi, i giusti dagli ingiusti, che pone alla sua destra i primi e caccia i secondi nel fuoco eterno.

E quale è, ci domandiamo, il criterio per questa divisione post mortem?

È l’amore! È “l’avete fatto” o “non lo avete fatto a me” …

Cari amici mentre commemoriamo i nostri fratelli defunti e preghiamo per loro compiendo già un atto di amore per loro dobbiamo domandarci come saremo giudicati da Dio quando un giorno appariremo noi davanti a Lui.

Certamente il suo criterio di giudizio sarà pieno di amore e misericordia per noi. Chi ci giudicherà sarà sempre lo stesso Signore che ha dato la sua vita per noi sulla croce e non desidera certo né per noi né per i nostri defunti che la sua Pasqua sia stata celebrata e donata a noi con il Battesimo invano. Ma ci chiederà anche se avremo creduto, se avremo camminato nella fede, in altre parole se avremo amato?

Noi stasera, allora, desideriamo pregare per i nostri defunti e per tutti i defunti per i quali nessuno mai prega ma anche ravvivare la nostra fede nella vita eterna, in quella Patria celeste dove regna soltanto l’amore.

Occorre dunque che la nostra fede sia seria, forte anche se poi continueremo a cadere … occorre che il cammino verso la Gerusalemme del Cielo dove Dio ci prepara una festa eterna di comunione, gioia e amore non si interrompa anche se durante il pellegrinaggio terreno cammineremo con qualche passo in avanti e qualche altro passo indietro.

Occorre cioè che manteniamo viva la nostra fede e la speranza nella Risurrezione e nella Vita eterna.

Ma come si fa?

In una bellissima opera di Dostoevskij, uno scrittore russo del XIX secolo, i “Fratelli Karamazov”, una donna lancia un grido di angoscia e lo consegna ad un uomo di Dio per avere una risposta illuminante.

Dice la donna: “C’è una vita futura? Questo pensiero mi turba fino all’angoscia. Talvolta mi assale questo dubbio: muoio e non c’è nulla; mi crescerà un po’ d’erba sulla tomba e basta. Questo è un pensiero terribile. Come posso far rifiorire in me la fede? Se mi guardo attorno, vedo che nessuno si preoccupa di queste cose, quasi nessuno oggi. È una situazione spaventosa”.

L’uomo di Dio (cioè la fede!) risponde e dice: “Certo, è spaventoso! Queste cose non si dimostrano; però è possibile convincersene”.

“E come” chiede la donna. Risponde l’uomo di Dio: “Con l’esperienza d’un amore attivo. Sforzatevi di amare il vostro prossimo attivamente e ininterrottamente. Nella misura in cui avanzerete nell’amore, acquisterete anche la convinzione dell’esistenza di Dio e quella dell’immortalità dell’anima. E se poi giungerete al completo rinnegamento di voi stessi nell’amore del prossimo, allora la vostra fede diverrà incrollabile e nessun dubbio potrà insinuarsi nell’anima vostra. È una cosa sperimentata, inoppugnabile”.

Ecco, stasera, allora, più che rimanere turbati dal problema del giudizio alla fine della vita, ben sapendo che chi ci giudicherà sarà Colui che è il Pastore Buono di noi Suo Gregge, è lo stesso Re che muore per noi sulla croce per darci la vita eterna, vorrei che accogliessimo l’invito dell’uomo di Dio di Dostoevskij ricordandoci che le cose di Dio, fede nella vita eterna compresa, si capiscono soltanto quando l’intelligenza si fa umile e si lascia illuminare dal fuoco della carità, che ha il potere di bruciare le scorie dell’orgoglio e di sciogliere tutte le nebbie del dubbio. Gesù stesso ha detto chiaramente: “Ti ringrazio, Padre, perché hai tenuto nascoste queste cose ai cosiddetti sapienti e intelligenti, mentre le hai rivelate ai piccoli”.

Chiediamo al Padre di essere tra costoro, di imparare a conoscerlo attraverso quella carità semplice e concreta fatta ai fratelli e in realtà fatta a Lui affinché Lui, nel giorno del giudizio, ci riconosca come suoi amici, amici che mentre progredivano nella vita hanno cercato anche di progredire nella conoscenza e nella fede in Lui vivendo di amore e allora, dopo la morte, saranno giudicati degni di ricevere la pienezza dell’amore: l’amore di Dio!

E compiamo opere di amore e preghiamo – la prima grande opera di amore che possiamo compiere per i nostri cari defunti! – affinché anche per le nostre preghiere essi possano essere accolti dalla Misericordia di Dio tra quei servi che, invitati al banchetto celeste, forse si erano un po’ persi per strada ma ora lo intravedono, lo desiderano e anche grazie a noi, per la comunione dei santi che ci unisce, gli è permesso di accedere al banchetto eterno preparato per chi crederà nell’amore del Signore, sul monte. Quel monte che mi piace leggere come sia il Calvario, il monte sul quale Cristo, sulla croce ha amato tutti noi di un amore immenso, un amore per il quale dobbiamo vivere, nel quale dobbiamo camminare e un giorno – lo chiediamo a Dio come grazia – morire. Amen.    

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina