Tivoli, Basilica Cattedrale di San Lorenzo Martire, Martedì 2 novembre 2021
Celebriamo la Santa Messa commemorando tutti i fedeli defunti.
Lo facciamo quando ormai è iniziato l’autunno e da alcuni giorni è tornata l’ora solare per cui la luce delle nostre giornate si accorcia come si accorcerebbe anche naturalmente se rimanesse l’ora legale – si tratterebbe di un’ora in più – ma, almeno per noi inizia ad accorciarsi la giornata. Anche la luce perde di intensità, gli alberi iniziano a spogliarsi delle loro foglie, tutto si intristisce.
Contrastano soltanto i nostri cimiteri: pieni di fiori e di luci, quasi dei giardini artificiali dove ogni tomba ci dice di chi vi riposa, di chi ci è stato parente, amico o conoscente. Di chi ci ha dato amore, vita, affetto ed ora non è più con noi ma per cui preghiamo affinché la misericordia di Colui che il Padre ha mandato perché nessuno vada perduto lo accolga nella pienezza eterna del suo amore.
L’origine di questa commemorazione viene dai nostri antichi che quando ormai avevano terminato i vari raccolti dedicavano un tempo per ricordare i defunti. Precisamente sono stati i Celti: popoli provenienti dall’Asia Minore che giunsero in Europa tra l’VIII e il IV secolo A.C. e che occuparono con i loro culti agli dei le regioni del nord Europa, fino a giungere anche nella Pianura Padana, che introdussero questa memoria dei morti.
Memoria che la Chiesa ha cristianizzato rendendola una delle ricorrenze più sentite dal popolo cristiano e non solo da esso; anche se la cultura dominante tende a rimuovere il pensiero della morte, a non tenerla in casa ma a far sì che essa avvenga in strutture sanitarie e caso mai, anche a causa del Covid, senza alcun parente, amico, sacerdote, intorno al capezzale di chi sta per morire. Morte che si tende a nascondere ai ragazzi e ai giovani pensando che faccia loro paura quando poi celebrano Halloween, questa festa che si basa sull’esaltare il gusto del macabro quasi per esorcizzare la realtà della vita dove la morte è realtà per tutti, realtà alla quale prepararci, alla quale pensare seriamente anche se ci sembra sempre lontana, anche se pensiamo che riguardi sempre gli altri e non noi … anche se con il prolungamento della vita media difficilmente la si incrocia in giovane età, anzi ci illudiamo di rimanere giovani per sempre …
In realtà l’uomo non può scappare davanti a questa domanda sulla morte e anche se cerca di anestetizzarla prima o poi si ripresenta ai suoi occhi e al suo cuore. Il “perché la morte?” è una domanda ineludibile per l’uomo. Una domanda davanti alla quale prima o poi tutti ci imbattiamo e in questo giorno – commemorazione di tutti i fedeli defunti – essa si ripropone a noi e la Chiesa risponde ad essa leggendo la morte, questa esperienza che apparentemente chiude i legami in maniera definitiva, lasciandola illuminare dalla luce della fede pasquale che canta la risurrezione di Cristo. Per questo ieri la Chiesa ci ha fatto celebrare la Festa dei Santi quasi a dirci che loro trascinano con sé i morti, li prendono per mano, ci ricordano che nessuno si salva da solo ma tutti ci salviamo se come i Santi e con il loro aiuto ci affidiamo all’amore e alla misericordia di Dio che se accolta già ci trasforma in questa vita.
E così già ieri pomeriggio, al tramonto della festa dei Santi, e poi oggi e nei prossimi giorni tutti andiamo ai cimiteri per portare un fiore ai nostri defunti quasi a dimostrare verso di loro affetto. Un affetto che comprende anche il male che a volte sappiamo che i nostri cari hanno compiuto per avvolgerlo in una grande compassione: la compassione di Dio che abbraccia le nostre ombre e le loro.
E così oggi tutti pensiamo ai nostri defunti e ci piace pensarli all’ombra dei beati sperando che “tutti siano salvati” (1Tm 2,4).
La commemorazione di tutti i fedeli defunti è dunque per noi cristiani celebrazione della fede nella risurrezione: la morte non è più l’ultima parola, l’ultima realtà per gli uomini. E quanti sono già morti, andando verso Cristo, non sono da Lui respinti ma risuscitati per la vita eterna ossia la vita per sempre con Lui, con il Risorto e Vivente.
In questa prospettiva accogliamo la promessa di Gesù nel Vangelo, quella promessa che dobbiamo ripetere nel cuore per vincere ogni tristezza e timore: “Colui che viene a me non lo respingerò!”.
Il cristiano non è uno che non sbaglia mai, che non pecca … no, è come gli altri o forse a volte anche peggio di chi, ad esempio, non conoscendo il Vangelo si comporta male. E per questo, però, pur conoscendo la sua infedeltà e il suo peccato si fida ogni giorno dell’Amore di Dio, del Figlio Gesù, e dopo essere caduto si rialza e riprende il cammino di sequela del Signore.
E Gesù non lo respinge, anzi lo abbraccia, gli chiede di accogliere la remissione dei peccati e lo conduce alla vita eterna, rivelandogli: “Chi crede in me ha la vita eterna: io lo risusciterò nell’ultimo giorno!”.
E così per noi la morte è un passaggio, una “pasqua”, un esodo da questo mondo al Padre. Per chi crede la morte non è più un mistero, un enigma … perché iscritta una volta per sempre nella morte di Gesù che l’ha trasformata facendo di essa in modo autentico e totale un atto di offerta al Padre.
Gesù, andando verso la morte liberamente e per amore, ci ha liberati così dalla “paura madre”, quella della morte, radice di tutte le altre paure.
Nella lettera agli Ebrei si legge: “Gesù è divenuto partecipe del nostro sangue e della nostra carne per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che per paura della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita” (Eb 2,14-15).
Il cristiano, che per vocazione con-muore con Cristo ed è con-sepolto con Lui nella Sua morte, proprio quando muore porta a compimento la sua obbedienza di creatura e in Cristo è trasfigurato, risuscitato dalle energie di vita eterna dello Spirito Santo.
Sì, cari amici, oggi non è giorno di buio, di tristezza ma dovremmo cantare sfacciatamente davanti alla morte, quasi prendendola in giro: “Dov’è o morte la tua vittoria? Dov’è o morte il tuo pungiglione?”. Noi, come i primi cristiani dovremmo poterci definire “coloro che non hanno paura della morte”.
Che Dio ci aiuti a non avere questa paura. Certamente sentire l’umano distacco dai nostri cari è più che legittimo ma non dobbiamo avere paura perché sappiamo che i nostri cari, dopo la sofferenza che caso mai li ha accompagnati alla morte come accompagnerà probabilmente noi, ora però, anche grazie alle nostre preghiere, a quelle dei Santi e per la Misericordia di Dio, ora sono nella pace, sono con Lui e godono per sempre della visione che riempie in pienezza il desiderio di amore pieno che ciascuno di loro e di noi ha portato e porta nel suo cammino di vita. Amen.
+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina