Omelia alla Santa Messa nella festa di Santa Agostina Pietrantoni e per la presentazione ufficiale del nuovo amministratore parrocchiale di Pozzaglia Sabina e Montorio in Valle di Don Daniele Magini

Pozzaglia Sabina, Domenica 11 settembre 2022

Signor Sindaco, illustri autorità, cari sacerdoti, caro Don Daniele, che oggi desidero presentare ufficialmente ai fedeli di Pozzaglia Sabina e Montorio in Valle quale nuovo Amministratore parrocchiale e legale rappresentante delle due comunità, carissime Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret, infermieri, medici, ospedalieri, personale paramedico, fedeli tutti che siete qui convenuti in questo giorno per rendere grazie a Dio nel cinquantesimo di beatificazione di Santa Agostina da parte di San Paolo VI, il 12 novembre 1972, beatificazione alla quale sarebbe succeduta la canonizzazione da parte di San Giovanni Paolo II il 19 aprile 1999!

I motivi di gioia e riconoscenza a Dio oggi sono tanti e da essi e dalla vita di Santa Agostina desidero proporre per tutti spunti di impegno per una rinnovata e sempre giovane e motivata vita cristiana pur vivendo in un mondo – lo diceva già San Paolo VI cinquanta anni or sono – che non è più quello di Agostina dove “l’ambiente esteriore, arcaico ed agreste, nel quale il costume cristiano aveva espressione tanto spoglia di agi moderni, – e – la grazia; la grazia specifica della vocazione, un carisma, una voce ‘che non tutti sanno cogliere’” avevano probabilmente influito e favorito positivamente sulla vocazione di Livia, poi Suor Agostina, alla vita cristiana e consacrata mettendosi a servizio dei più poveri e degli infermi bensì, oggi, sono “due coefficienti – sono sempre parole di San Paolo VI pronunciate 50 anni or sono – che difficilmente si accordano; ambiente esteriore e voce interiore; ed è il loro disaccordo una delle cause che fanno registrare la diminuzione delle anime valorose, che offrono a Dio e al servizio del prossimo la loro vita”.

Ebbene, colmi di speranza anche se la crisi che viviamo è percettibile e ci mette un po’ di umana paura, noi guardiamo oggi a Santa Agostina la cui vita ed il cui esempio ci donano coraggio e ci rafforzano nella speranza delle cose eterne, quelle che non mutano! Un coraggio ed una speranza che tanti cristiani e cristiane, in vari modi, ancora possiedono e perciò vivono per Cristo fino all’eroismo, come fu per Santa Agostina. E qui mi piace ricordare Suor Maria De Coppi, delle Suore Missionarie Comboniane, della Diocesi di Vittorio Veneto, barbaramente uccisa qualche giorno fa in Mozambico mentre serviva i poveri dei più poveri.

Chi fa fare certe cose? Chi fa amare fino alla fine? Se non la speranza cristiana, se non la fede forte nel Risorto! Se non il desiderio di vivere la paradossale chiamata che però Gesù ci propone pur sapendo che non ci giungeremo mai, ossia quella di essere perfetti come è perfetto il Padre nostro che è nei Cieli, misericordiosi come è misericordioso il Padre nostro. E, sappiamo bene, come Agostina, nata qui a Pozzaglia il 27 marzo 1964, vi riuscì. Non per doti intellettuali particolari ma per uno spiccato amore per Dio e per il prossimo e soprattutto perché aveva una forte consapevolezza di essere amata da Dio che per primo l’ha cercata, amata, chiamata!

Dopo aver lavorato, a 22 anni riuscì finalmente ad essere accolta tra le Suore di San Vincenzo de Paoli e Santa Giovanna Antida. Inviata come infermiera all’Ospedale romano di Santo Spirito curando i tubercolotici anch’ella contrasse tale malattia. Ristabilita continuò il suo servizio pur in un ambiente anticlericale, avverso ai sacerdoti, ai religiosi, che tollerava soltanto le suore purché non facessero troppa evangelizzazione – diremmo oggi – e Agostina evangelizzò con i gesti, con l’affetto, con la carità più che con le parole. Una carità che non risparmiò nei confronti di nessuno, nemmeno di Giuseppe Romanelli – uno squilibrato – al quale non solo Agostina curò la madre ma che continuò a servire nonostante lui la provocasse e la minacciasse di morte. E così il 13 novembre 1894 Agostina morì uccisa pregando e perdonando. Ma quella morte scosse Roma e convertì tanti, tra i quali il Direttore del Santo Spirito, un massone anticlericale del tempo e lo stesso Romanelli.

Possiamo così, stamane, rileggere la vita di Santa Agostina alla luce del Vangelo scoprendo, ancora una volta, come i Santi sono coloro che ci sbriciolano il Vangelo e ce lo fanno comprendere con la vita e l’esempio.

Il lungo brano evangelico che ci è stato proclamato si apre con i farisei e gli scribi che mormorano perché Gesù sta con i peccatori e si chiude con il fratello maggiore della parabola conosciuta come “del figliol prodigo” che si indigna con il padre che fa festa per il figlio minore tornato a casa dopo un periodo della sua vita vissuta da dissoluto. Tutti personaggi che hanno avuto bisogno di convertire il cuore al modo di sentire di Dio. Un modo di sentire proprio dei santi e della nostra Santa Agostina. Un modo di sentire che vorrei che tutti noi cristiani progressivamente, leggendo la Parola di Dio con assiduità, pregando insieme, celebrando insieme l’Eucaristia, avvicinandoci alla confessione, progressivamente giungessimo a far nostro. Un modo di sentire che auguro a Don Daniele che inizia ufficialmente il suo ministero tra voi stamane. Un modo di sentire  che è quello di Dio!

Dio, infatti, è il padre che esce verso entrambi i suoi figli: verso chi ritorna a casa per corrergli incontro, e verso il maggiore perché indignato per l’amore che il Padre riserva al figlio minore, non vuole entrare in casa a condividere la gioia comune. Dio che è la donna, che è il pastore che non si dà pace, se uno solo dei suoi figli si perde, se non fiorisce, se è triste. Che ha un cuore capace soltanto di amare e dove non ha posto il giudizio, la condanna e nemmeno la rassegnazione. Un Dio che ha come interlocutore noi. Noi che a volte siamo il figlio maggiore: che vivendo una religiosità legalista e perbenista, perché forse non abbiamo mai colto che la fede è sentirsi amati, accolti, abbracciati dal Padre o stimati viviamo pensando di essere cristiani ma in realtà non lo siamo. O che siamo come la moneta perduta. Una moneta che per quanto ci diamo da fare siamo così concentrati su di noi che siamo incapaci di far fruttare i talenti ricevuti dal Signore, non ci doniamo e perciò siamo sterili, manchiamo dell’unica cosa necessaria: la capacità di generare vita! O, infine, siamo la pecora smarrita; o anzi, no, le 99 pecore nel deserto: inconsapevoli di aver bisogno di essere cercati e trovati, perdonati e baciati, che restano nel deserto ossia nel luogo dove non c’è vita e si muore. Nella loro autosufficienza e incapacità di ammettere di aver bisogno della misericordia di Dio tutti costoro non entrano al banchetto dei cieli: non sperimentano la gioia!

In fondo, l’incontro con Dio, con il Vangelo, la santità …, è semplicemente questo: la percezione di essere amati. Per questo Dio ha mandato il suo Figlio nel mondo: egli è la pecora smarrita, che ha abbandonato il Cielo per farsi agnello immolato, quale pane spezzato; egli è la moneta perduta: non ha conservato per sé la propria divinità, come tesoro geloso, ma vi ha rinunciato per offrirla a noi, si è abbassato per sollevarci, si è svuotato per riempirci; egli infine è il vitello grasso: si è lasciato uccidere, appendere a una croce, perché con il suo sangue fossimo riscattati dalla nostra schiavitù e fatti entrare nella festa della terra promessa.

Agostina ha guardato a questo Dio, ha creduto a questo Dio che è amore e misericordia e così ha speso la sua vita per Dio e per i fratelli, anche per i più odiosi, anche per gli ostili, anche per chi l’ha uccisa! Sentendosi amata da Dio ha amato! E ha amato con un amore esemplare.

Cari amici, è quello che auguro stamane a tutti noi.

A chi è sacerdote e si accinge a essere il vostro pastore. Sentiti amato da Dio e per questo in ogni situazione non ti venga meno la speranza: amato, ama! Misericordiato usa misericordia!

A chi è religiosa: sentitevi amate come lo sentiva la vostra consorella Agostina e per questo in ogni situazione non vi venga meno la speranza: amate da Dio, amate! Misericordiate dal Dio del Vangelo, usate misericordia!

A chi indossa un camice bianco come indossava Agostina lavorando nelle corsie di un ospedale o a servizio dei malati: non vi venga mai meno la speranza perché Dio vi ama e amati, amate; serviti di Dio, servite i fratelli e le sorelle più fragili anche se tra mille difficoltà pratiche.

A tutti voi fedeli qui presenti: che il Signore, per intercessione di Santa Agostina, ci faccia comprendere sempre più che Dio ci ama, che come ha fatto con Abramo, Isacco, Israele … non è venuto meno alle sue promesse di bene nonostante il cuore del popolo liberato dalla schiavitù d’Egitto si fosse volto agli idoli. Che ci faccia comprendere che come a Paolo Apostolo anche a noi è usata misericordia da Gesù che è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io … e ci doni la forza di amare, perdonare, salvare i peccatori come ha fatto Agostina consapevole di essere stata amata da sempre da Dio e perciò fedele a Lui e a dare amore al prossimo – anche a quello meno simpatico e amico – fino all’estremo dono di sé. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina