Omelia alla Santa Messa nella memoria della Beata Vergine Di Lourdes XXIX Giornata Mondiale del Malato

Palestrina, Cattedrale di Sant’Agapito Martire, Giovedì 11 febbraio 2021

Carissimi fratelli e sorelle,

permettete che innanzitutto rivolga il mio saluto ai malati che dalle loro case, tramite la televisione web diocesana partecipano a questa Santa Messa.

È la loro giornata. Oggi tutta la Chiesa ha pregato per voi e desidera impegnarsi a pregare per voi ogni giorno. Voi, che quest’anno non potete essere qui a causa della pandemia. Voi, malati nel corpo, segnati dall’età che man mano che passa impedisce movimenti, relazioni. Voi che a causa della pandemia o per altri motivi siete depressi … Fin da subito sappiate che il Vescovo vi è vicino, i sacerdoti vi sono vicini, i vostri amici, familiari, i volontari che ogni anno accompagnano molti di voi a Lourdes o in altri santuari mariani, il personale medico, infermieristico che vi accudisce nelle case di cura o negli ospedali o nelle vostre abitazioni vi è vicino e stasera vuole dimostrarvelo in maniera tangibile pregando, sollecitati da Papa Francesco, con voi e per voi in questa Giornata che, Memoria della Beata Vergine di Lourdes, è anche Giornata Mondiale del Malato.

Giornata per la quale il Papa ha scritto un Messaggio dal titolo: “Uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli (sono le parole di Gesù che troviamo al versetto 8 del capitolo 23 del Vangelo di Matteo). La relazione di fiducia alla base della cura dei malati”.

Ed è questo che stasera desideriamo assumerci come impegno verso di voi, cari ammalati. Un impegno che Gesù stesso ci ha dato e che è totalmente estraneo dall’ipocrisia che spesso abbiamo di fronte alla situazione di bisogno del fratello ma che ci chiede non di amare a parole ma con i fatti, fatti semplici, che tutti possiamo compiere: fermarci, ascoltare, cercare di stabilire una relazione diretta e personale con l’altro, sentire empatia e commozione per lui o per lei, lasciarsi coinvolgere dalla sua sofferenza fino a farsene carico nel servizio.

Sono parole che valgono per tutti. Non soltanto per chi almeno all’apparenza sta bene ma anche per gli ammalati. Cari ammalati, se mi sentite – altrimenti affido questo messaggio a chi è presente qui stasera – non abbiate paura di esternare ciò che portate dentro. E voi, cari volontari e famigliari dei malati, non abbiate paura ad ascoltare, a stare vicini anche in silenzio o a entrare in dialogo con chiunque poiché tutti siamo fratelli e tutti abbiamo bisogno degli altri. Abbiamo necessità degli altri per sopportare e portare il nostro dolore che spesso grida senza ricevere risposta come fu per il giusto Giobbe ma che si placò solo quando comprese che siamo tutti nelle mani di Dio, che spiegazioni al mistero del dolore, come della morte dei giovani, dei giusti, spesso non c’è. Ma c’è soltanto la risposta dell’esperienza di Dio che fanno coloro che come Giobbe nell’esperienza del dolore e della malattia, della morte dei figli, degli amici, dei propri cari riescono soltanto a trovare la risposta: “Prima ti conoscevo per sentito dire, ora i miei occhi ti contemplano non da straniero”.

E ancora gli apparentemente sani hanno bisogno dei malati che, come in questi tempi di pandemia, ci fanno scoprire come la vita sia fragile e quindi sia preziosa da vivere, servire, da vivere come fratelli e sorelle in umanità.

È quanto noi cristiani siamo chiamati a fare.

Ed è quanto Maria che oggi celebriamo come colei che apparì a Bernardetta a Lourdes per ben diciotto volte a partire dall’11 febbraio 1858 chiese di fare invitando alla preghiera, a ricordarci il nostro battesimo, a fare penitenza per la salvezza delle anime, ad andare – in particolare i sacerdoti – processionalmente al luogo delle apparizioni, a costruire una cappella. E a radunare là in quel luogo dove spesso si va cercando il miracolo della guarigione fisica ma si torna tutti miracolati di guarigione interiore, gli ammalati affinché tutti – ammalati e apparentemente sani – impariamo a fare quello che Gesù ci dirà.

Nel Vangelo abbiamo ascoltato proprio queste parole di Maria. Sono tra le poche parole che il Vangelo ci riporta della Madre di Gesù.

Siamo agli inizi della vita pubblica di Gesù. Gesù va a una festa di nozze che sta per fallire perché agli sposi viene a mancare il vino. Un po’ come fallisce la nostra vita quando sta per finire la gioia, l’amore, la fraternità … Maria chiede al Figlio di intervenire. Gesù, come ogni figlio che risponde alla madre quando non ritiene sia giunto ancora il momento di soddisfare la sua richiesta, risponde alla Madre: “Non è ancora giunta la mia Ora”, l’Ora della croce, l’Ora della risurrezione quando si mostrerà vicinissimo a ciascuno di noi dando senso alla malattia, al dolore, alla morte. Ma Maria fiduciosa, ben sapendo chi è il suo Figlio, invita i servi a fare ciò che egli avrebbe detto loro.

E così portarono contenitori colmi di acqua, colmi cioè della nostra vita senza di lui che non è vino gustoso ma acqua insapore e inodore … acqua che è malattia, peccato, morte, festa distrutta dalla mancanza di relazione, di fiducia reciproca che è anche un elemento umano importantissimo per curare i malati.

E Gesù sa cambiare in vino buono quell’acqua. Sa trasformare la nostra vita anche se malata e apparentemente inodore e insapore in vino buono. Sì, con Lui anche se la nostra vita è come la barca in mezzo alla tempesta non dobbiamo temere perché Lui è con noi e se noi accoglieremo il suo invito all’amore, alla fraternità e sul suo esempio cercheremo di metterlo in pratica allora la gioia dilagherà, illuminerà la notte più buia come la notte di questa umanità che a causa della pandemia sembra nel buio, vittima di politiche sanitarie sbagliate, di egoismi di nazioni ricche contro quelle povere …

Chiediamo dunque stasera al Signore, per intercessione di Maria, di continuare a indicarci la via. Di proteggere gli operatori sanitari che in questo tempo tanto hanno fatto e fanno per i malati. Di guidarli sempre con maggiore generosità verso coloro che accudiscono. Di colmare di amore, attraverso anche la nostra discreta ma fattiva vicinanza, i cuori di quanti soffrono nel corpo e nello spirito. E chiediamo anche che la luce della Pasqua possa risplendere per i tanti ammalati nel corpo e nello spirito che in questo tempo ma anche nel passato – stasera ricordiamo in particolare il giovane Manuele – hanno terminato il pellegrinaggio terreno e ora chiediamo che siano con Maria e con il suo Figlio, Gesù, in quel luogo dove tutti sono fratelli intorno all’unico Maestro: Gesù. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina