Omelia alla Santa Messa nella memoria liturgica di Santa Teresa di Gesù e del volto santo

San Vittorino Romano, Santuario di Nostra Signora di Fatima, Sabato 1° ottobre 2022

Signor Sindaco, illustri autorità, carissima Madre Generale delle Salesiane Oblate del Sacro Cuore e voi tutte sue care consorelle!

Sacerdoti, diaconi, fratelli e sorelle qui convenuti questa mattina per partecipare alla Santa Messa prima di concludere ufficialmente la fase diocesana della Causa di beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio Giuseppe Cognata!

È molto bella la coincidenza – dettata più dalla mia agenda che dall’intenzione – di vivere, al termine della Santa Messa, il momento che conclude l’inchiesta diocesana sulla vita, le virtù eroiche, la fama di santità e di segni di Mons. Cognata nel giorno in cui la Chiesa fa memoria di Santa Tersa di Gesù del Volto Santo, più comunemente nota come Santa Teresina che fu beatificata e successivamente canonizzata da Papa Pio XI, il Papa che volle Vescovo, nell’Anno Santo della Redenzione del 1933, il Salesiano Giuseppe Cognata, assai devoto a questa Santa, che ne respirò sicuramente il fascino e che poi condivise con lei, in un certo senso, la sorte. La sorte dell’oblazione, dell’offerta di sé all’amore di Dio, quell’abbandono a Lui e alla sua infinita misericordia che nella vita di ciascuno anche se ammalato – come la giovane Teresa che morì di tubercolosi a soli ventiquattro anni di età –, calunniato, osteggiato, incompreso – come fu per Teresina nel monastero di clausura di Lisieux nel quale tanto desiderò entrare fin da tenera età, è la sola a dare pace. Una pace che non è rimozione dei problemi, dimenticanza di ciò che accade, ma affidamento totale all’unico Amore che salva, che abbraccia, che comprende e sostiene e che infonde pace nel cuore. Una pace costruttiva, che dà frutto, che poiché proviene da Dio a tutti coloro che non confidano in se stessi ma unicamente nel Suo Amore e nella Sua Misericordia, è per l’anima di chi si lascia bruciare dall’Amore e dalla generosità apostolica – Teresina desiderava essere missionaria e vivere ogni altra vocazione nella Chiesa e così scelse di essere l’Amore nella Chiesa – come l’acqua di un fiume, come la prosperità che sa dare un torrente in piena, che si riversa come grande ricchezza dei popoli. Che è consolazione di Dio che consola chi si affida a Lui come la madre consola un figlio, un Dio che porta in braccio ciascuno di noi quando ci facciamo bambini proprio come Lui desidera. Bambini che non riuscirebbero a sopravvivere se non avessero un padre ed una madre che li consola, li difende, li guida e li protegge, li porta in braccio.

È, quella che visse Santa Teresa, quella dell’abbandono confidente in Dio, la cosiddetta “piccola via” per la quale anche se non certo istruita, dotta, ella comprese ed insegnò e insegna anche oggi a tutti noi e che per questo San Giovanni Paolo II volle dichiarare nel 1997 Dottore della Chiesa. Dottore della Chiesa perché ebbe una così profonda intelligenza delle cose spirituali per via di esperienza che permise allo Spirito, tramite se stessa, di far parlare Dio al suo popolo, di far comprendere ad esso nel caso particolare la grandezza dell’Amore di Dio che incontrò e al quale si consacrò totalmente riuscendo ad amare anche quando questo Amore che l’aveva toccata profondamente le chiese di accogliere aridità interiore, invidie e calunnie dalle consorelle, incomprensioni … ma proprio lì ella comprese che l’unica Parola che avrebbe salvato sarebbe stata quella di Dio che, vissuta e accolta nel silenzio sarebbe divenuta fonte di pace interiore, sorgente di vita rinnovata.

Teresina visse tutto questo nel silenzio della clausura carmelitana ma è bello leggere l’ammirazione che aveva di questa via Mons. Cognata quando, tenendo una conferenza alle sue Suore in data non ben conosciuta, paragonava la loro oblazione, la loro offerta interiore, l’offerta della propria anima, del proprio corpo, di tutte se stesse a Dio e ai fratelli, alla clausura entro la quale ciascuna era chiamata ed anche oggi è chiamata, come è chiamato ogni cristiano a vivere l’intimità con l’Amore bruciante di Dio, un Amore che affascina ma che poi chiede di essere assunto e praticato, vissuto, chiede anche nel silenzio e quando nessuno lo riconosce, di essere accolto e di affidarsi ad esso. Sappiamo bene, se siamo qui credo che tutti lo sappiamo, come Mons. Cognata dopo un brillante inizio di vita religiosa e sacerdotale, dopo aver conseguito importanti titoli accademici, essere stato elevato all’episcopato, aver fondato una Congregazione religiosa che ancora opera tanto bene nei luoghi più poveri e che necessitano di evangelizzazione con la logica del “raccogliere le briciole”, fu calunniato ingiustamente da alcune delle sue stesse figlie spirituali, sospeso dal servizio episcopale, rientrato tra i suoi confratelli come l’ultimo dei Salesiani, impossibilitato a incontrare le “sue” suore, costretto al silenzio … e come Teresina e certamente seguendone la spiritualità tacque e si abbandonò a Dio tanto da riuscire a scrivere in una sua memoria del 1949: “Non cesso di ringraziare il Signore della concessione di una pace interiore, mai gustata sì larga e profonda, e della tranquillità di una vita esente da speciali responsabilità, in cui posso attendere ai miei bisogni spirituali ed al grande affare della mia eterna salvezza. E quante consolazioni mi ha elargito il Signore misericordioso in questi anni di salutare penitenza! Misericordias Domini in aeternum cantabo!”. Una pace interiore che fu piena di preghiera per la Chiesa verso la quale rimase sempre devoto figlio, per il Papa, per i suoi accusatori e accusatrici, per le sue Suore, per la sua Diocesi di Bova, per il mondo intero. Una pace che, alla fine, fu ripagata con la riabilitazione, l’invito a partecipare ai lavori del Concilio Vaticano II, il ritorno tra le Salesiane Oblate del Sacro Cuore di Gesù, la morte nella casa di Pellaro, là dove tutto era cominciato. E … da ultimo, nella Domenica della Divina Misericordia, in pieno lockdown, la possibilità concessa da Papa Francesco di aprire il processo verso la proclamazione della santità, processo la cui prima fase – quella diocesana, come dicevo, concluderemo al termine di questa Messa –.

Tornando a Teresina per la quale oggi ringraziamo Dio di avercela donata, mi piace ricordare come visse evangelicamente la sua vocazione tanto provata. Una vocazione che progressivamente si incontrò dapprima con l’esperienza dell’Amore bruciante di Dio e poi con tanta miseria fino a comprendere che ciò che conta non è ciò che diamo noi a Dio ma innanzitutto l’Amore che Lui, fedele per sempre, dà a noi.

Un Amore al quale affidarci come un bambino si affida alla mano forte del padre.

Lo abbiamo sentito nel Vangelo di questa Santa Messa: nella Chiesa è grande non tanto chi primeggia nella sapienza e nemmeno nel servizio ma chi si pone nella comunità come un bambino che, non a caso, Gesù mette al centro affinché sia per tutti un costante punto di riferimento. Un centro che al di là dei servizi e ruoli che si ricoprono all’interno della comunità cristiana deve rimanere per tutti paradigmatico, un perno per tutta la comunità dove se uno vuol essere veramente a servizio deve divenire bambino e farsi, come definì se stesso il Papa San Gregorio Magno, “servo dei servi di Dio”. In altre parole chi sta a capo deve farsi tutto a tutti ma non perdendo mai di vista l’essere bambino. “Bambino” il cui termine greco può essere accostato all’equivalente ebraico “servo di Dio” dei quali si parla nei cosiddetti “canti del servo” del Secondo libro di Isaia. Anzi, pare che Gesù, secondo gli esegeti, quando parla del bambino che pone in mezzo, si riferisca a se stesso. E che l’abbraccio di cui parla sia quasi un fondersi con lui, una immedesimazione tra Gesù e il bambino al quale per entrare nel Regno dei cieli occorre convertirsi, occorre conformarsi in quella spogliazione, in quell’abbandono alla volontà del Padre, in quello svuotamento continuo di sé per dar posto alla volontà del Padre che ha vissuto in maniera esemplare Santa Teresa di Gesù Bambino e tanti altri uomini e donne prima e dopo di lei nella Chiesa.

Oggi viviamo in un tempo di crisi: crisi della società ed anche nella Chiesa. La pandemia, la guerra, il problema dell’immigrazione, della compromissione della casa comune in cui viviamo, i problemi dei cambiamenti climatici, della povertà che si diffonde … e nella Chiesa la mancanza di vocazioni almeno in Italia e in Europa, degli abusi, delle chiacchiere e delle calunnie, paiono interrogarci per comprendere cosa fare? E vorremmo sapere come fare, come difenderci, cosa creare di nuovo per uscire dalle difficoltà. È una domanda legittima e che è giusto porsi. Ma Santa Teresa di Lisieux ci insegna di guardare a Gesù, di guardare all’Amore di Dio che è fedele per sempre, e di affidarci a questo Amore che a volte pare non farsi sentire ma che dobbiamo lasciare sia Lui ad agire abbandonandoci come un bambino, come fece Mons. Cognata, tra le sue braccia affinché sia Lui e solo Lui a guidare la nostra vita e – come abbiamo invocato nel ritornello del Salmo responsoriale – a custodirci nella pace nell’attesa del Signore da ora e per sempre! Del Signore che è sempre fedele alle sue promesse di bene, di gioia, di consolazione e di vita eterna pur attraversando la vita che a volte appare come un Calvario, come una Via Crucis ma alla cui sommità la croce lascia il posto alla gloria, alla risurrezione, alla vita sopra la morte. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina