Omelia alla Santa Messa nella solennità del 352° anniversario della Dedicazione della Cattedrale di San Lorenzo Martire in Tivoli e chiusura dell’Anno Giubilare

Tivoli, Basilica Cattedrale di San Lorenzo Martire, Mercoledì 27 ottobre 2021

Carissimi fratelli e sorelle,

il 27 ottobre 2019 davamo inizio all’Anno Giubilare della Cattedrale di Tivoli che stasera chiudiamo. Avevamo iniziato con grande solennità. Era il giorno del 350° anniversario della dedicazione di questa antica Cattedrale, ne avevamo terminato una parte consistente dei più che necessari restauri, avevamo consacrato il nuovo altare. Dopo pochi mesi dall’unione in persona Episcopi della Diocesi di Tivoli con quella di Palestrina anche molti sacerdoti e fedeli della Chiesa sorella che Papa Francesco ha chiamato a camminare insieme con questa di Tivoli, avevano partecipato a quella apertura. I primi giorni hanno visto vari pellegrini, anche gruppi di turisti stranieri che giunti in pellegrinaggio a Roma, venendo a Tivoli per visitare Villa D’Este e sapendo della nostra Cattedrale restaurata e nella quale è stato possibile fino ad oggi ricevere l’Indulgenza Plenaria, si erano qui avvicendati. Poi, però, è giunto quanto non ci attendevamo. È arrivato quell’8 marzo 2020 – difficile da dimenticare – in cui, a causa del Covid che andava diffondendosi rapidamente ovunque nel mondo, ho dovuto compiere – sicuramente come molti altri Vescovi – l’atto che mai avrei voluto né avrei mai pensato di fare in vita mia: comunicare che per ragioni di sicurezza e salute pubblica dovevamo chiudere le chiese! E così il nostro Anno Giubilare della Cattedrale è stato segnato da un vuoto di fedeli. Forse, per la prima volta nella sua storia, le mura di questo Tempio hanno visto la celebrazione della Settimana Santa e della Pasqua senza concorso di fedeli – se non una sparuta minoranza –. Come non ricordare la Domenica delle Palme del 2020 o la liturgia solenne del giorno di Pasqua senza popolo …?

Abbiamo così prolungato, per concessione di Papa Francesco, l’Anno Giubilare fino ad oggi quando – forse … lo diciamo sottovoce … – la pandemia grazie ai vaccini pare un po’ domata. E mentre come vostro Vescovo sento il dovere di mettere la responsabilità davanti a tutti coloro che sono in grado di vaccinarsi – in primo luogo i presbiteri, le persone consacrate e i vari operatori pastorali, impegnati nella vita e nella missione della nostra Chiesa diocesana – di farsi vaccinare per il bene comune e quale dettato di coscienza poiché l’emergenza sanitaria non è ancora cessata, terminiamo questo Anno speciale.

Un periodo – questo – che ci ha certamente cambiato la vita.

E se il Giubileo non so quanto avrebbe prodotto in cambiamento, sicuramente la singolare coincidenza di esso con il tempo aspro del Covid ci ha tutti segnati in profondità e ancora probabilmente ci segnerà – se non in termini di morti e di salute, sicuramente in termini di povertà diffusa, di aumento del costo medio della vita, ecc. – ed anche la nostra fede è cambiata e messa a dura prova. Abbiamo riaperto le chiese ma poi le grandi masse non si sono più riversate in esse. Avevamo programmato più Messe alla domenica ma non sono pressoché servite, se non in pochissime realtà parrocchiali.

Tuttavia abbiamo vissuto. E mi spiace quando sento dire che dobbiamo “riprendere a vivere” perché anche la vita al tempo del Covid è stata vita. E anche la vita cristiana è stata ugualmente vita cristiana.

Considererei questo Anno Giubilare, dunque, proprio perché segnato non da grandi eventi ma dalla vita, una grande scuola di spiritualità e di ecclesialità.

Isolati tra noi, spero che nel silenzio impostoci in varie forme in questo tempo, abbiamo compreso come Dio desideri non tanto e non solo farsi incontrare in un Tempio, in un luogo che sicuramente è segno visibile di qualcosa di invisibile che tenterò di tratteggiare brevemente, ma innanzitutto nei nostri cuori per stringere con ciascuno di noi un patto di amore, quel patto che ha stretto con ciascuno di noi tramite il Battesimo, quando siamo diventati Tempio dello Spirito Santo!

Probabilmente come Zaccheo, in questo tempo, anche noi abbiamo cercato di vedere Gesù, di capire dove la sua strada lo portasse. Zaccheo incontra Gesù lungo la via che lo sta conducendo a Gerusalemme dove si consumerà “l’amore più grande!”: Lui che è Dio soffrirà come un uomo tradimento, passione, morte e scendendo fino sull’orlo del peccato condividerà con noi la nostra sorte: morirà. E morirà di morte infamante, sulla croce. Ma poi risorgerà! E l’uomo che aveva perso la possibilità della comunione eterna con Dio verrà per sempre riconciliato con Lui. Con Lui che donandoci il suo Spirito si farà per sempre nostro compagno di strada fino a quando la nostra via si incrocerà con la Sua e dopo aver com-patito ed essere passati con Lui nella morte risorgeremo per sempre a Vita nuova!

Ebbene, come Zaccheo, anche noi penso che in questo tempo ci saremo posti domande su Dio, il senso dell’esistenza, il perché del dolore e della morte, come Zaccheo, anche noi, peccatori come lui che era pubblicano e ricco, ossia ebreo a servizio dei romani per riscuotere per loro le tasse … e ricco: poiché aveva frodato il prossimo e forse anche lo Stato … e come Zaccheo saremo saliti sul sicomoro questa pianta che fu per la sua piccolezza di statura morale e spirituale lo sgabello per far incrociare il suo sguardo di ricerca con quello di Gesù che lo cercava come cerca noi, sì proprio noi, anche adesso.

“Scendi subito da quel sicomoro … perché oggi devo fermarmi a casa tua?”.

In questo Anno così strano spero che Gesù sia entrato in casa nostra. Che molti di noi e dei nostri amici cristiani o in ricerca abbiano permesso a Gesù di entrare nelle loro case, le case dei loro cuori. Per farsi amare da Gesù di quell’amore che converte che, unico, cambia il cuore: Zaccheo, accolto in casa Gesù, alzatosi, disse al Signore: “Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto”. E così si realizzò per Zaccheo quel: “Oggi la salvezza è entrata in questa casa” che Gesù assicurò a lui come assicura a tutti noi.

E in tal modo ci rende tutti pietre vive.

Pietre vive perché unite, strette, coese, disposte a cementarsi con Cristo, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio. Pronte per essere impiegate per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo”.

In altre parole: Dio, in Gesù morto e risorto per noi, vuole realizzare un patto di amore ma non solo singolarmente ma insieme, come “Chiesa”, come “Ecclesia” ossia popolo convocato per essere il luogo della sua manifestazione e presenza sulla terra.

E la chiesa-tempio, e tanto più una Cattedrale vuole essere segno di questa presenza di popolo che qui si raduna per lodare, ringraziare, celebrare e pregare Dio. Un popolo così vivo e in rapporto con Dio che addirittura dà il nome al luogo dove si incontra, al luogo dove si ritrova: Chiesa!

Al termine dell’Anno Giubilare della Cattedrale, mi domando: ne siamo divenuti tutti più consapevoli? Siamo divenuti più consapevoli che la Chiesa siamo noi? Che probabilmente tra mille anni non saremo più organizzati come oggi, che forse ci saranno meno chiese e forse anche questa Cattedrale non ci sarà più o sarà profondamente trasformata … ma che la Chiesa fatta dalle pietre vive che siamo noi, che saranno i battezzati dopo di noi e quelli che rimarranno fino alla fine dei tempi saranno – anche se minoranza, anche se pochi, anche se posti in un contesto socio-culturale che se già in pochi decenni si è staccato da una cultura plurisecolare che grandi cambiamenti non aveva avuto nei secoli scorsi chissà cosa sarà tra alcuni secoli – saranno la Chiesa?

Penso che tra i frutti di questo anno Giubilare possiamo aggiungerne un altro. Anch’esso impensato e non previsto. Il Cammino Sinodale sul quale Papa Francesco ha voluto porre tutta la Chiesa, la Chiesa Italiana e tutte le Diocesi che sono in Italia. Cammino che abbiamo iniziato anche noi domenica 17 ottobre e che ha l’intenzione di avviare un processo: ossia rendere sempre più la Chiesa “sinodale” – sinodo vuol dire camminare insieme –, ossia renderla Chiesa che cammina sapendo che in essa tutti i cristiani sono tempio dello Spirito Santo ed insieme sono chiamati a partecipare ai suoi dinamismi, a vivere in comunione per la missione.

Quanto insiste il Papa, sulle orme del Concilio Ecumenico Vaticano II e la tradizione dei Padri, sul farci recuperare il senso dell’essere Chiesa-popolo di Dio il quale tutto è unto di Spirito Santo, ha il senso della fede nel credere e che quindi va ascoltato, incontrato, accolto, integrato … quanto insiste perché nessuno si senta escluso dal portare il suo contributo negli organi di partecipazione ecclesiali: i Consigli Pastorali parrocchiali e diocesani, i Consigli presbiterali, le Consulte delle Aggregazioni Laicali, le Assemblee parrocchiali e poi, allargando il giro, quanto insiste nel chiedere di ascoltare tutti affinché chi ha l’autorità per discernere e decidere possa poi individuare le piste su cui camminare proprio come si fa – o si dovrebbe fare – in una famiglia dove tutti parlano, propongono e poi chi ne ha la responsabilità, indica la linea. E in una famiglia non si decide – almeno lo spero … – a maggioranza, non si decide con il numero di consensi ottenuti ma secondo il buon senso del padre di famiglia, quel buon senso che per noi è quello dello Spirito Santo che dobbiamo ascoltare nella preghiera continua, nella lettura della Parola di Dio, nella celebrazione dell’Eucaristia che fa la Chiesa, aprendoci nella carità a tutti coloro che ci interpellano, facendo in modo che tutti nella Chiesa – rappresentata a livello diocesano dalla Cattedrale nella quale il padre di famiglia, il Vescovo, membro del Collegio dei successori degli Apostoli in comunione con il Successore dell’Apostolo Pietro, esercita il suo ministero dalla Cattedra dalla quale insegna, ossia serve il suo popolo – si sentano ascoltati e la Chiesa si rinnovi non perché cambia la Verità, il Catechismo, quanto fa parte del buon deposito della fede che essa e i suoi Pastori sono chiamati a custodire e trasmettere, ma si rinnovi perché capace di portare Cristo e di farlo incontrare nell’intimo del cuore dell’uomo, dell’uomo di oggi. Proprio come Gesù aveva incontrato, ascoltato e parlato al cuore di Zaccheo che dopo l’incontro con Lui si è convertito ed è diventato sicuramente una pietra bella, significativa, così significativa che parla a noi ancora oggi, della Chiesa. Il popolo bello amato da Dio per sempre nei secoli. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina