Palestrina, Basilica Cattedrale di Sant’Agapito Martire, Giovedì 18 agosto 2022
Carissimi fratelli e sorelle,
celebriamo la Solennità di Sant’Agapito la cui storia conosciamo e anche ieri sera abbiamo ricordato. Giovane di Palestrina, aderì al cristianesimo conosciuto a Roma. Appartenendo alla comunità cristiana fu perseguitato come erano allora tutti coloro che aderivano a religioni che minacciavano perdite economiche per la religione di Stato che prevedeva il culto agli dei pagani. Fu minacciato, lusingato dalla bellezza e grandezza del Tempio della Dea Fortuna, fu torturato in vari modi ma non ripudiò Colui che aveva conosciuto, al quale aveva aderito nella fede e, piuttosto di abbandonarLo per le lusinghe e i favori del mondo, accettò di morire martire, testimone dell’amore di cui Cristo incontrato aveva riempito il suo giovane cuore.
Aderendo a Cristo, Agapito, come ogni altro cristiano di ieri e di oggi, sapeva come dobbiamo sapere anche noi che non doveva farsi illudere né dobbiamo illuderci noi – che ci diciamo cristiani oggi – da miraggi di facile successo. Bensì, come avverte lo stesso Gesù nel Vangelo che Agapito sicuramente aveva ascoltato come abbiamo ascoltato tante volte anche noi e abbiamo tornato ad ascoltare stamane, sapeva e dobbiamo sapere che “Sarete odiati – odiati! – da tutti a causa del mio nome” (v.22).
I cristiani, infatti, amano, ma non sempre sono amati. E questa realtà è una realtà che Gesù non tiene nascosta ai suoi. Se volessimo essere cristiani che vanno bene a tutti, che ricevono l’applauso da tutti … probabilmente dovremmo pensare che c’è qualcosa che non va … che forse il nostro cristianesimo non funziona del tutto ma è fatto di quei compromessi ai quali non dobbiamo mai sottostare come ci insegna il giovane Martire Agapito.
I cristiani, infatti, sono sempre uomini e donne controcorrente. Ed è normale che sia così in un mondo segnato dal peccato che si manifesta in varie forme di egoismo ed ingiustizia. Chi segue Cristo, invece, va in direzione contraria! E lo fa non per polemizzare, non per fare l’eccentrico, ma perché è fedele alla logica del regno di Dio, che è una logica di speranza che va oltre la morte, una logica di speranza che si basa sulle indicazioni di Gesù che ci chiede di essere poveri ossia distaccati dai beni, dalla sete di potere, di avere, di essere qualcuno …; ci chiede di spogliarci di tutto ciò che ci impedisce di seguirlo con genuinità. Gesù ci chiede di seguirlo solo con una cosa necessaria: il nostro cuore pieno del Suo amore. Di confidare in una unica forza che è quella del Suo Vangelo che dobbiamo conoscere se desideriamo che Lui stia davanti a noi e con noi per continuare a condurci. San Girolamo dice che “l’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo”. Ebbene il primo proposito che dovremmo fare oggi tutti quanti è quello di fermarci ogni giorno di più nella lettura del Vangelo e più ampiamente dell’intera Parola di Dio, per conoscere meglio Colui in cui crediamo. Fare silenzio in noi e intorno a noi perché Lui parli al nostro cuore e ci renda capaci, singolarmente ed insieme di rendere ragione al mondo della speranza che c’è in noi: Gesù Cristo! E se la testimonianza cristiana che sa perdonare, che persevera nell’onestà anche quando ci vengono proposte facili ricchezze e successi al prezzo dell’abbandono della fede e della morale che ne consegue, se la testimonianza che sa amare come Cristo è autentica; allora sappiate che nessuno sarà esente da lotte e persecuzioni. Proprio come fu per il nostro Sant’Agapito e per tutti gli altri martiri di ieri e di oggi, martiri che hanno dato il sangue per Cristo o anche martiri di matirii incruenti ma che non li hanno dispensati dall’essere ridicolizzati, calunniati, messi da parte da sistemi corrotti, discriminati per la loro fedeltà a Cristo e al suo Vangelo e quindi per la loro fedeltà e amore all’uomo secondo il progetto che Dio da sempre ha avuto per lui: che l’uomo sia Sua immagine!
Vivere da cristiani, allora, e ritengo che almeno noi più adulti lo dovremmo sapere tutti per esperienza, significa avere la consapevolezza che la persecuzione fa parte di quanto incontreremo sul nostro cammino. Tuttavia il cristiano come è stato per Agapito e per tanti martiri prima e dopo di lui non deve mai perdere la speranza! E con la speranza camminare!
Ritengo che oggi più che mai, in un mondo come il nostro, dove assistiamo alla crisi e alla fine della civiltà occidentale, della modernità, della cristianità e della cultura tradizionale. In un’epoca che avvertiamo precaria ed il futuro è imprevedibile, non è facile essere cristiani. È bastato il Covid, la guerra nella vicina Ucraina, le catastrofi naturali alle quali assistiamo che ci siamo riempiti di paure. Alla paura di morire – dice il filosofo Marc Augé – in occidente abbiamo ormai sostituito la paura del vivere. Siamo immersi in una cultura che privilegia l’effimero, l’attimo fuggente. Non c’è più ricerca di senso. Si vive con poche speranze e prospettive, nutrendoci solo di progetti a brevissima scadenza. Sembra sempre più vincere tra noi il mito di Narciso. Anche le ideologie politiche e le utopie sociali paiono essere venute meno. Le barbarie sono all’ordine del giorno e anche la giustizia pare funzionare poco, c’è come una glorificazione del più forte, la competizione, l’idolo del libero mercato … Ebbene noi cristiani, noi!, dobbiamo in questo contesto “fare la differenza”, perseverare nel credere e praticare l’amore che Gesù ci ha donato e testimoniare la speranza in un mondo che si chiede legittimamente: “Cosa posso sperare?”.
Cari amici, noi non dobbiamo mai perdere la speranza! Senza sperare si diventa disumani. Ed innanzitutto dobbiamo sapere che la speranza non è mai centrata sull’io ma sul noi. È comunionale e appartiene al mondo della fede. La speranza si fonda sulla fiducia in un altro ed accompagna lo sviluppo anche psicologico dell’esistenza. Quando ci si fidanza si mette un anello – che si chiamava “fede” – che vuol dire che io metto fiducia in un’altra o in un altro.
La speranza è umanizzante. È lotta contro la disperazione e l’accidia che è un misto di indifferenza e rassegnazione. E la disperazione è il contrario dell’eternità.
Ebbene la speranza si situa nello spazio della faticosa decisione. Agapito ci insegna che occorre rischiare di sperare e poi dobbiamo continuamente esercitarci alla speranza (esercizio compiuto perfettamente dal nostro padre Abramo). Dobbiamo dunque scegliere di sperare, ossia deciderci per l’impegno della responsabilità, ed educare anche i nostri giovani a questo impegno.
E che cosa sperare?
I primi cristiani, Sant’Agapito … dicevano che era Cristo la loro speranza e vivevano in questo mondo, amando questo mondo e questa umanità ma senza lasciarsi intaccare dalla mondanità.
Noi tutti, cari amici, se siamo stati creati a immagine di Dio portiamo in noi un frammento di eternità e per questo tutti possiamo sperare, abbiamo un anelito a vivere una vita oltre questa vita. Ebbene la nostra speranza deve consistere nel credere che la morte non sia l’ultima parola della nostra vita ma che l’ultima sia la risurrezione, la vita eterna! E questo è il proprium della fede cristiana ed è questo che dobbiamo confessare davanti a tutti gli uomini.
Senza evadere dalla storia e dalla solidarietà con gli uomini, speriamo contro ogni speranza, continuiamo a sperare nel Signore anche nella disperazione, perché la speranza non è utopia ma ricerca nell’oggi di ciò che domani sarà nella realtà. Se le situazioni di morte e barbarie che incontriamo e delle quali a volte ci rendiamo anche complici, ci rattristano, si stagli sempre in noi, però, la luce della speranza che Cristo ha inaugurato con la sua Pasqua. Chiediamo di perseverare nella speranza e chiediamo di comprendere come la speranza sia per tutti e rendiamoci seminatori di speranza per ogni uomo e donna che vive in questo mondo.
Se siamo qui è perché Agapito ha sperato in Cristo, nella vita eterna, nella risurrezione! Chiediamo anche noi di avere questa speranza e di saperla condividere con tutti.
Lo scrittore francese Charles Peguy scriveva che la fede senza di lei prenderebbe l’abitudine del mondo, e senza di lei la carità prenderebbe l’abitudine del povero. La fede senza di lei e la carità senza di lei prenderebbero, ognuna da parte sua, l’abitudine stessa di Dio! L’abitudine a Dio che è impossibile perché Dio non è abitudine, Dio è sempre novità!
Mentre la speranza – continua Peguy – che ha l’aria da nulla, stupisce Dio perché non ci abitua a Lui e ai fratelli, ma li vede sempre con lo stupore del bambino. E questa giovane speranza – che auguro a tutti noi –, questa giovane speranza che ha vissuto e sperimentato il nostro Sant’Agapito è immortale! Ed ha un nome: Gesù Cristo! Che il nostro amore a Lui e la nostra perseveranza nel seguirlo con fede non vengano mai meno. Amen.
+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina