Tivoli, Basilica Cattedrale di San Lorenzo Martire, Giovedì 27 ottobre 2022
Carissimi sacerdoti, diaconi, fratelli e sorelle nel Signore!
Ci troviamo insieme nella nostra Cattedrale – chiesa madre di tutte le chiese della Diocesi – per ricordarci chi siamo e chi sono tutti i cristiani della nostra Chiesa Tiburtina: pietre vive e scelte, chiamate grazie al Battesimo a vivere la vita cristiana nella verità e sulle quali stasera chiediamo a Dio di effondere nuovamente ed abbondantemente il suo Santo Spirito perché nonostante i nostri peccati, con il Suo aiuto, diveniamo sempre più popolo di credenti.
Credenti che insieme, quale popolo di Dio con i propri pastori che lo guidano stando davanti, in mezzo e dietro ad esso, mescolandosi con esso fino ad assumere l’odore delle pecore, sappiano porsi in ascolto della Parola di Dio, dei fratelli che incontrano e rendersi accoglienti verso tutti, disponibili al servizio che parte da una spiritualità vera, da un incontro autentico con il Risorto che ci manda fino ai confini della terra per testimoniare a tutti la salvezza che viene da Lui e dalla sua Pasqua di Risurrezione, la vicinanza che Lui assicura a coloro che si aprono al Suo amore donato per noi.
Siamo dunque qui non per celebrare un evento, la consacrazione a Dio delle mura della nostra Cattedrale, ma per celebrare il nostro battesimo, la nostra consacrazione a Dio affinché si realizzi quanto l’Apostolo Paolo ha scritto ai Corinti nella lettura che abbiamo ascoltato: “Fratelli, voi siete l’edificio di Dio!”. Voi siete, usando una antica metafora già utilizzata dai Padri della Chiesa e poi dal Concilio Vaticano II, coloro che nel mondo devono riflettere la luce di Cristo che è luce delle genti, “Lumen gentium” perché da noi accolto risplenda sul nostro volto a tutti coloro che ci incontrano così come una chiesa, una Cattedrale deve richiamare a tutti la presenza di Dio tra le nostre case, tra la ferialità della nostra vita.
La Solennità odierna abbiamo detto dunque che ci richiama a ciò che siamo grazie al Battesimo e ciò che siamo chiamati ad essere ogni giorno di più: “Pietre vive” di un tempio che si mostra sempre più puro, dove ciò che conta non è il culto che in esso si compie, non sono le liturgie solenni che vi si celebrano – anche se nella misura in cui favoriscono un vero e forte rapporto con Dio vanno benissimo anche queste – ma è soprattutto il rapporto pulito, onesto, senza secondi fini con l’Unico che salva e i fratelli già appartenenti alla comunità di coloro che ascoltano la Parola di Dio, celebrano l’Eucaristia e vivono la carità. Quanto male fa vedere che anche oggi nella Chiesa vi sono immoralità, cristiani che non assolvono ai loro doveri, che caso mai vengono anche a Messa tutte le domeniche ma poi non pagano le tasse, tradiscono gli affetti più cari, usano a volte la Chiesa per se stessi e per i propri interessi, e non si dispongono nemmeno un po’ ad aprirsi al Mistero della Pasqua, a convertire i loro cuori a Gesù che dopo aver distrutto il suo corpo sulla croce per amore, dopo tre giorni è risuscitato per darci la vita e darcela in abbondanza, darcela in eterno!
Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci ha presentato Gesù che in una delle sue prime Pasque si reca al Tempio di Gerusalemme. Entra nelle aree che circondavano il Santo e il Santo dei Santi, ossia il luogo dove una volta all’anno accedeva soltanto il Sommo Sacerdote per offrire il sacrificio che ricordava la liberazione degli Ebrei dall’Egitto.
In questi cortili trova chi vendeva gli animali per i sacrifici e i cambiamonete che cambiavano le monete dei romani – ritenute impure per fare le offerte al Tempio – in monete adatte per l’offerta. Entra in questo spazio e con una sferza di cordicelle butta fuori i mercanti dal Tempio. E così ricorda che il Tempio è la dimora di Dio e manifesta che Lui, il Figlio di Dio, può chiedere con forza il rispetto della volontà di Dio sul luogo che egli definisce “casa del Padre mio”.
Un gesto che suscita subito una domanda da parte dei Giudei: “Quale segno ci mostri per compiere queste cose?”. Come sempre gli uomini religiosi si affrettano a chiedere segni che comprovino l’autorità di Gesù. E Gesù come spesso avviene nel Vangelo di Giovanni si ri-vela, alza il velo sulla sua identità, e lo fa rivolgendosi ai suoi interlocutori con un ironico imperativo: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”. Non dice dunque ciò di cui poi sarà accusato: “Hai detto che avresti voluto distruggere il Tempio” ma ha detto “distruggete” ossia distruggete me, il Tempio sono io! Anzi nella traduzione esatta dal greco non si legge “tempio” ma “santuario” ossia la parte più santa del tempio, dove Dio si fa presente.
Ecco allora la grande rivelazione: distruggete questo santuario che sono Io ma dopo tre giorni mi rialzerò. Ormai la dimora di Dio non si trova più nel tempio di Gerusalemme, ma il corpo di Gesù è la vera dimora di Dio. Il luogo dove tutti gli uomini possono d’ora in poi incontrare Dio è Gesù, un uomo, una carne umana che è anche la Parola di Dio, il Figlio stesso di Dio. Dio è presente ovunque, ma c’è un sito, un luogo in cui egli abita in modo unico e speciale: se nell’antica economia tale luogo era il Tempio di Gerusalemme, ora è Gesù, sito del Dio invisibile.
Nel brano del Vangelo che abbiamo letto stasera si cominciava dicendo che era vicina la Pasqua dei Giudei, ora si giunge all’annuncio che Gesù stesso fa dicendoci che è Lui la vera Pasqua. Dove non saranno più necessari gli animali come vittime sacrificali – per questo sono scacciati dal tempio – ma Gesù sarà la vittima pasquale a causa del suo zelo, del suo amore ardente per Dio: sarà proprio questo amore a divorarlo, a essere cioè la causa della sua morte violenta sulla croce.
Ci viene così annunciata la Pasqua e ci viene così anche rivelata l’esistenza di un tempio nuovo, già annunciato dai profeti, un tempio non più fatto di pietre ma costituito dal corpo di Gesù: corpo di Gesù di Nazaret, Figlio di Dio; corpo che siamo noi battezzati innestati in Lui, tempio che la Cattedrale come ogni altra chiesa cristiana vuole rimandarci tramite un insieme di mura, decorazioni, luoghi sacri ma per ricordarci che noi, popolo di Battezzati, popolo del Nuovo Testamento, popolo della Pasqua, siamo chiamati ad offrire a Dio il vero sacrificio, quello della nostra vita quotidiana.
Tempio che tanto più sarà bello e splendente quanto più lasceremo che la Pasqua di Cristo ci possegga, che Dio ci ami e che ne comprendiamo appieno il suo amore misericordioso per essere ovunque templi che camminano, luoghi della presenza di Dio nel nostro mondo che ha tanto bisogno di Lui e che lo può ancora incontrare nella preghiera, nell’ascolto della Parola, nei sacramenti, nella carità e nella nostra testimonianza umile e coraggiosa. Amen.
+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina