Palestrina, Cattedrale di Sant’Agapito Martire, Sabato 16 dicembre 2023
“La felicità dell’uomo non sta nel possedere qualcosa, ma nel cedere se stesso a chi è più grande di lui”.
È una frase di Rabindranath Tagore, filoso, poeta, premio Nobel indiano, morto a Calcutta nel 1941 e dalla quale desidero farmi aiutare per l’Omelia di questa III Domenica di Avvento, domenica detta “Gaudete” ossia dove tutti i cristiani sono invitati a gioire perché il Signore viene a salvarci e nella quale, quest’anno, per una coincidenza di calendario, celebriamo anche l’anniversario della Dedicazione della nostra Cattedrale.
Anniversario che ci ricorda che tutti noi siamo pietre vive in quell’edificio spirituale e non materiale che è la Chiesa fatta dai battezzati, cresimati e comunicati di cui la Cattedrale fatta di pietre è simbolo. Fatta da coloro che sono nella gioia perché si aprono – come sono chiamati in modo particolare a fare i cresimandi di stasera – al dono dello Spirito Santo, dell’amore che sussiste tra il Padre e il Figlio e che Gesù morto, risorto e asceso al Cielo ci dona affinché viviamo nella gioia e vivendo nella felicità vera possiamo farlo diventare attraente per tanti, i tanti che cercano la gioia e la felicità ma senza trovarla.
“La felicità dell’uomo non sta nel possedere qualcosa, ma nel cedere se stesso a chi è più grande di lui”.
Il Battista – di cui ci ha parlato il Vangelo – è questo uomo, modello del cristiano, uomo felice perché dopo aver preparato la strada al Signore, dopo aver invitato chi lo ascoltava a preparare il cuore alla sua venuta, si è ritirato, ha fatto un passo indietro, con tanta umiltà affinché anche i suoi discepoli seguissero il vero Dio, il Figlio di Dio: Gesù.
Una umiltà non facile da trovare anche in tanti annunciatori del Signore, fondatori di comunità che faticano a lasciare andare dietro Cristo – senza la loro continua mediazione – i loro discepoli.
Nel Vangelo di stasera si narra che i Giudei davanti alla predicazione autorevole del Battista mandarono a chiedergli chi Lui fosse? E lui rispose: “Io non sono il Cristo”, non sono Elia, ma sono “voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia”. E sì, battezzo – pare dire –, ma io battezzo nell’acqua mentre in mezzo a voi sta Uno che non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo. Quel sandalo tipico che portava il riscattatore, il redentore.
Giovanni, dunque, prepara, annuncia, invita a conversione, svolge la sua missione ma poi si ritira, è umile ed è felice perché “La felicità dell’uomo non sta nel possedere qualcosa, ma nel cedere se stesso a chi è più grande di lui”.
Ebbene, cari amici, la Chiesa fatta di pietre vive, quelle pietre vive che siamo noi è chiamata a essere una comunità che sa riconoscere in Gesù colui che ci viene a salvare e riscattare dal peccato e dalla morte e che è capace di non oscurare Colui che le dona il suo Spirito, ma proprio perché piena di Spirito Santo è felice, nella gioia, poiché riconosce di essere oggetto di attenzione, destinataria dell’amore di Dio e lo annuncia proprio come fa la voce con il Verbo. Giovanni si definisce “voce” e la voce si sente ma se ne va, indica il Verbo, il Verbo che era presso Dio e prende carne, il Verbo che era volto verso il Padre e che nel suo Natale contempleremo rivolto verso noi per essere il Dio con noi e per noi per sempre. Fedele all’uomo di ogni tempo. Amante dell’uomo di ogni tempo e luogo. Il Verbo che si fa carne per non abbandonarci mai anche quando ascenderà al Cielo e ci invierà lo Spirito Santo per non lasciarci orfani, soli, per essere il nostro dolce ospite dell’anima nel cammino della vita.
Cari fratelli e sorelle, in particolare voi amici e amiche che ricevete la Cresima – completamento dei sacramenti dell’Iniziazione Cristiana – tutti noi possiamo dire con il Profeta Isaia che gioiamo pienamente nel Signore, che la nostra anima esulta nel nostro Dio, perché ci ha avvolto con il mantello della sua giustizia, perché lo Spirito di Dio si è posato su Cristo e grazie a Lui ci è stato donato!
Come Maria possiamo cantare il Magnificat perché il Signore ha guardato anche a noi se siamo umili, ossia capaci come Maria di rinunciare a noi stessi per accogliere la volontà di Dio che ci vuole donare il suo Spirito.
Sì, il Risorto ci vuole inondare del suo amore, del suo spirito di consiglio, con il suo esserci vicino per difenderci nei momenti dove occorre dare testimonianza.
Ma noi dobbiamo accoglierlo. L’Avvento, la festa della Dedicazione ci invitano a questo. Ad accogliere in noi lo Spirito Santo che ci è donato grazie alla Pasqua di Cristo, compimento del suo Mistero di incarnazione, passione, morte, risurrezione. Dono che Gesù, asceso al Cielo, fa alla prima Chiesa nel giorno di Pentecoste affinché essa, gioiosa, felice, santificata in ciascuno delle sue membra, mentre attende la venuta finale del Signore sappia evangelizzare, contagiare della gioia del Vangelo il mondo.
Contagiarlo non con una testimonianza che copra Colui che annunciamo ma con una testimonianza che, come un cartello stradale, indica l’Unico che salva e che ama alla follia la sua Chiesa e ogni suo figlio.
Cari Cresimandi, cari fratelli e sorelle, in questa solennità della Dedicazione e III Domenica di Avvento, chiediamo al Signore di accoglierlo e con gioia, senza tristezza, senza paure, annunciarlo e testimoniarlo a tutti.
Un ultimo pensiero. La festa della Dedicazione, questa III domenica di Avvento, la vostra Cresima, cadono nell’anno in cui celebriamo il 1750° anniversario del martire Agapito, il giovane martire di Palestrina a cui è intitolata questa Cattedrale.
Agapito era un giovane. Ma che si era aperto ad accogliere la gioia del Vangelo e vi aveva aderito così profondamente che nessun’altra gioia fu capace di fargli rinnegare il suo Signore. Aveva aderito al cristianesimo che dall’Imperatore era visto come un pericolo economico: se i cristiani prendono piede, pensava, caleranno gli affari che si fanno intorno ai templi dove si rende culto agli dei imperiali. Agapito fu portato a Palestrina, la sua città, con la speranza che venisse attratto dallo splendore del Tempio della dea Fortuna ma Agapito aveva conosciuto tramite l’ascolto della Parola di Dio, la preghiera, la partecipazione all’Eucaristia, quanto è buono il Signore e preferì morire per la fede che rinnegare il Signore Gesù.
Cari cresimandi, cari fedeli che insieme ricordate con me il giorno della Dedicazione della nostra Chiesa Madre, che il Signore ci doni la grazia di dire sempre sì a Lui, al Suo Spirito che ci dona e che ci aiuti a essere testimoni della gioia del Vangelo rimanendo sempre uniti al martire per eccellenza: Gesù e con Lui diveniamo anche noi “martiri”.
Tra il XX e il XXI secolo ancora tanti sono i martiri, pare oltre 45 milioni …, ma non dobbiamo pensare che siano martiri soltanto quelli che muoiono spargendo il sangue per Cristo. Papa Francesco durante un Angelus in Piazza San Pietro, il 23 giugno 2013, ebbe a dire: “Pensiamo: quanti papà e mamme ogni giorno mettono in pratica la loro fede offrendo concretamente la propria vita per il bene della famiglia! Pensiamo a questi! Quanti sacerdoti, frati, suore svolgono con generosità il loro servizio per il regno di Dio! Quanti giovani rinunciano ai propri interessi per dedicarsi ai bambini, ai disabili, agli anziani … Anche questi sono martiri! Martiri quotidiani, martiri della quotidianità!” e ancora: “Quante persone pagano a caro prezzo l’impegno per la verità! Quanti uomini retti preferiscono andare controcorrente, pur di non rinnegare la voce della coscienza, la voce della verità! Persone rette, che non hanno paura di andare controcorrente! E noi, non dobbiamo avere paura!”.
Cari amici non abbiate paura di testimoniare il Signore!
A voi cresimandi vorrei rivolgere le parole che sempre Papa Francesco rivolse ai giovani: “Non abbiate paura di andare controcorrente, quando ci vogliono rubare la speranza, quando ci propongono questi valori che sono avariati, valori come il pasto andato a male e quando un pasto è andato a male, ci fa male; questi valori ci fanno male. Dobbiamo andare controcorrente! E coi giovani, siate i primi: andate controcorrente e abbiate questa fierezza di andare proprio controcorrente. Avanti, siate coraggiosi e andate controcorrente! E siate fieri di farlo!”.
Non abbandonatevi al così fan tutti, citando un altro grande Papa, un Santo, San Giovanni Paolo II vorrei concludere dicendo a voi e a tutti noi qui presenti: “Prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro!”. Amen.
+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina