Subiaco, Basilica di Sant’Andrea Apostolo, Martedì 21 marzo 2023
Carissimi fratelli e sorelle,
in questa celebrazione rendiamo grazie a Dio per averci dato San Benedetto da Norcia, fondatore del monachesimo occidentale e che con la sua vita e la sua opera iniziata qui, sul monte Taleo, nella nostra Subiaco, ha esercitato un influsso fondamentale nello sviluppo della civiltà e della cultura europea.
In un mondo – il suo – tra il V e il VI secolo, sconvolto da una tremenda crisi di valori e di istituzioni, causata dal crollo dell’Impero Romano, dall’invasione dei nuovi popoli e dalla decadenza dei costumi, San Benedetto fu, secondo la descrizione che ne diede San Gregorio Magno, “astro luminoso” che indicò la via per uscire da una “notte oscura”. L’opera di San Benedetto, la fondazione in tutta Europa di monasteri – fari di cultura, civiltà e soprattutto di preghiera autentica, di ritorno a Dio, di promozione umana, di ospitalità –; la fondazione di monasteri guidati dalla sua Regola portarono un profondo risanamento dell’Europa che anche se oggi non se ne vogliono accettare ufficialmente le radici cristiane nacque proprio dalla condivisione della fede cristiana tra i popoli del Continente tanto che nel 1964 Papa Paolo VI proclamò San Benedetto Patrono d’Europa.
In altre parole, nel suo tempo, Benedetto, con la fondazione dei Monasteri, insegnò ai suoi seguaci ma anche a quanti vivevano all’ombra dei Monasteri o vi si recavano per incontrare uomini che testimoniassero il primato di Dio su tutto, il “nulla anteporre all’amore di Cristo”, che insegnassero il “Querere Deum” ossia il cercare Dio per avere la vera felicità, il centuplo quaggiù e la vita eterna – così come promette anche oggi Gesù a chi non antepone nulla a Lui e lo segue con radicalità – che si poteva vivere una nuova civiltà dell’amore, del rispetto per l’uomo e della pacifica convivenza tra tutti, solo e unicamente rimettendo alle radici della convivenza delle nazioni europee il cristianesimo autentico.
Se pensiamo oggi alla nostra Europa vediamo come l’insegnamento di Benedetto sia stato dimenticato e come sia necessario riscoprire questo Santo.
Papa Benedetto XVI ha scritto in un suo saggio con introduzione del Professor Marcello Pera nel maggio 2005: «Abbiamo bisogno di uomini come Benedetto da Norcia il quale, in un tempo di dissipazione e di decadenza, si sprofondò nella solitudine più estrema, riuscendo, dopo tutte le purificazioni che dovette subire, a risalire alla luce, a ritornare e a fondare a Montecassino, la città sul monte che, con tante rovine, mise insieme le forze dalle quali si formò un mondo nuovo. Così Benedetto come Abramo, diventò padre di molti popoli. Le raccomandazioni ai suoi monaci poste alla fine della sua Regola, sono indicazioni che mostrano anche a noi la via che conduce in alto, fuori dalle crisi e dalle macerie. “Come c’è uno zelo amaro che allontana da Dio e conduce all’inferno, così c’è uno zelo buono che allontana dai vizi e conduce a Dio e alla vita eterna. È a questo zelo che i monaci devono esercitarsi con ardentissimo amore: si prevengano l’un l’altro nel rendersi onore, sopportino con somma pazienza a vicenda le loro infermità fisiche e morali … Si vogliano bene l’un l’altro con affetto fraterno … Temano Dio nell’amore … Nulla assolutamente antepongano a Cristo il quale ci potrà condurre tutti alla vita eterna” (San Benedetto, La Regola, capitolo 72).».
Sì, cari amici, celebriamo e preghiamo San Benedetto ma l’Europa di cui lui è Patrono “brucia!”.
Certamente anche l’Europa è vittima del dominio sempre più crescente dell’uomo sulla materia, cresciuto soprattutto tra il XX e XXI secolo con un potere di distruzione enorme ed i cui risultati oggi li vediamo con grande tristezza e preoccupazione. Sono i mali del mondo nel quale l’uomo esercita il suo potere di distruzione in maniera irresponsabile ed invasiva. Pensiamo al problema della fame nel mondo, al terrorismo, allo scontro tra le culture, alle sperequazioni nella distribuzione dei beni della terra, allo sfruttamento della terra che si ritorce ora più che mai contro l’uomo stesso. Pensiamo alla guerra che in forme e modi diversi è sempre stata presente in alcune parti del mondo ma ora tocca direttamente l’Europa con tutte le sue nefaste conseguenze. Pensiamo al problema delle grandi masse di popoli che lasciano le loro terre e giungendo presso le nostre rive non trovano accoglienza nello stesso modo in tutti i paesi d’Europa che se da una parte parlano di unione e impongono dall’alto scelte discutibili in materia economica e morale, dall’altra lasciano i paesi più esposti a gestire da soli questo nuovo fenomeno migratorio. Pensiamo ancora alla crisi ambientale e all’aumento del costo delle risorse energetiche. Potremmo continuare ad elencare fenomeni che mostrano come nonostante l’uomo sia oggi più colto, acuto, istruito rispetto ai tempi di San Benedetto, tuttavia avendo perso Dio ha perduto la fonte dalla quale attingere i fondamenti di una cultura che oserei definire “più intelligente”, di una cultura più “conveniente” all’uomo di oggi.
Pensiamo ancora come l’uomo, oggi capace di decifrare le componenti dell’essere umano, non sa più riconoscere che la creatura-uomo viene al mondo “come dono del Creatore” ma come “prodotto” selezionato dall’uomo stesso, grazie alle sue acquisite “capacità di automanipolazione”. Papa Benedetto XVI già nel 2005, qui a Subiaco, nel suo famoso discorso del 1° aprile 2005 osservava: “la forza morale non è cresciuta assieme allo sviluppo della scienza”, ed è in questo squilibrio “tra possibilità tecniche ed energia morale” che c’è “il vero, più grave pericolo” del mondo di oggi.
Papa Benedetto XVI sempre in quel discorso poi aggiungeva: “Nel segno di questo stesso squilibrio, si sono incrociate le due culture prevalenti europee: cristianesimo e illuminismo. Oggi, in Europa e in Occidente, si è affermato un generico “moralismo” – basato su parole chiave come giustizia, pace, conservazione del creato – che attiene più alla sfera politico sociale che non a quella religiosa e spirituale in senso pieno. Da questo travisamento – continuava Papa Benedetto XVI – dove a Dio si sostituiscono le “grandi parole” che si “prestano a qualsiasi abuso”, risalgono le conseguenze che hanno portato al misconoscimento del contributo del Vangelo alla crescita dell’Europa. Il razionalismo sviluppatosi tra i confini dell’Europa all’epoca dei Lumi ha prodotto, paradossalmente, che il continente dove il cristianesimo “ha trovato la sua forma più efficace”, abbia generato anche le più forti contraddizioni al suo messaggio.
Papa Benedetto XVI diceva anche che non basta che l’art. 52 della Costituzione europea garantisca pari diritti a tutte le Chiese: ciò attiene al compromesso politico ma non è un riconoscimento storico di quanto esse abbiano fatto per l’Europa. E lo stesso dicasi per non aver voluto riconoscere le radici cristiane dell’Europa pensando che avrebbero offeso qualcuno quando non si sarebbero offesi sicuramente né i musulmani né gli ebrei. In tal modo considerando morte le radici cristiane del Continente ciò ha determinato una nuova identità illuminista dell’Europa dove Dio non c’entra nulla con la vita pubblica e con le basi dello Stato. Ha determinato una “confusa ideologia della libertà – era la considerazione del Cardinale Ratzinger a Subiaco nel 2005 – che conduce ad un dogmatismo che si sta rivelando sempre più ostile verso la libertà”.
Dopo 18 anni da quel discorso, guardando all’Europa di oggi e alle sue scelte politiche spesso ostili alla vita, ad un’equa distribuzione delle risorse economiche, ad una solidale capacità di accoglienza di chi viene da lontano vittima di guerre, povertà, sfruttamento … un’Europa ancora divisa e in guerra, viene da dire – e spero che sia il desiderio di tutti voi qui presenti stasera – che abbiamo ancora bisogno di radici per sopravvivere e che non dobbiamo perdere di vista Dio se vogliamo che la dignità umana non sparisca.
Certamente non vogliamo negare l’illuminismo e la modernità con le loro legittime pretese, come ci insegna il Concilio Vaticano II, di cui nell’ottobre 2022 abbiamo celebrato il 60° anniversario dalla sua apertura, che ha invitato tutti i cristiani ad arrivare a una vera conciliazione tra Chiesa e modernità, tuttavia dobbiamo, guardando a San Benedetto, imparare a tornare a una fede vera, che sia incontro tra il nostro io e il Tu di Dio per ritrovarci nel “noi” della fraternità e della autentica carità vicendevole. E questo al di là delle diverse posizioni sociali, politiche, economiche: tornare a Dio e a vivere di Lui o provare a vivere “come se Lui ci fosse” anche da parte di chi si dice agnostico o non credente: deve essere il nostro sforzo comune per un futuro migliore e diverso da quello che si prospetta al nostro sguardo.
Per intercessione di San Benedetto chiediamo dunque ciò di cui abbiamo bisogno in questo momento della storia: di uomini che, come lui, sappiano attraverso una fede illuminata e vissuta, rendere Dio credibile in questo mondo. Di uomini che non parlino tanto di Dio ma poi vivano contro di Lui. Questi uomini hanno oscurato l’immagine di Dio e hanno aperto la porta all’incredulità.
Che per intercessione di San Benedetto la nostra epoca torni ad avere uomini che tengano lo sguardo dritto verso Dio, imparando da lì la vera umanità. Uomini che si lascino illuminare dalla luce di Dio e ai quali Dio apra il cuore, in modo che il loro intelletto possa parlare all’intelletto degli altri e il loro cuore possa aprire il cuore degli altri.
“Soltanto attraverso uomini che sono toccati da Dio – sono parole del Cardinale Ratzinger –, Dio può far ritorno presso gli uomini”.
Che per intercessione di San Benedetto ci sia concesso questo grande dono. Amen.
+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina