Omelia alla Santa Messa per la pace in Ucraina

Tivoli, Basilica Cattedrale di San Lorenzo Martire, Venerdì 10 marzo 2023

Cari fratelli e sorelle,

con la celebrazione di questa Santa Messa ci uniamo a tutte le Chiese che sono in Italia per pregare per tutte le vittime della guerra in Ucraina e per implorare il dono della pace in questo Paese.

Il 24 febbraio scorso è stato il primo anniversario di questa guerra inimmaginabile ai giorni nostri, di questa guerra che ha seminato tante morti, tanti profughi che hanno dovuto lasciare le loro case e che pare non abbia termine a causa di chi, dopo aver attaccato senza alcun fondamento, ha chiuso le orecchie davanti ad ogni appello per trovare con le vie della diplomazia la fine dell’assurdo conflitto. Un conflitto che ogni giorno di più rischia di divenire “mondiale” e che è a noi anche geograficamente molto vicino e politicamente rischia di vederci coinvolti se le armi non taceranno quanto prima.

Una guerra che desideriamo termini. Per la quale chiediamo che tutti mettano fine. E per questo anche noi, insieme alla Conferenza Episcopale Italiana, accogliendo la proposta del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa abbiamo aderito a una catena di preghiera che dal 24 febbraio scorso vede ogni nazione europea impegnarsi con la celebrazione di Sante Messe per la pace in Ucraina a invocare il dono della Pace da Colui che è l’unico e il vero realizzatore della Pace: il nostro Dio creatore e Padre che vuole che le sue creature si amino, che anche se in conflitto rimane Padre di tutti, ama tutti, fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi affinché guardando a Lui tutti gli uomini imparino ad amarsi, perdonarsi, riconciliarsi.

Nel Vangelo di stasera Gesù con una parabola ci ha ricordato come Dio è da sempre generatore di vita. È da sempre e per sempre Padre e Creatore. E anche tutte le cose del creato sono della medesima natura: generatrici di vita!

Tra poco sarà primavera e ancora una volta le piante fioriranno. Gli animali stessi partoriscono, generano vita. E l’uomo è anch’egli vigna bella! Creato a immagine e somiglianza di Dio, di Colui che è sorgente zampillante di vita, anche l’uomo è tale solo nella misura in cui porta frutto, genera, altrimenti isterilisce e secca. E il frutto della vigna, il frutto che l’uomo deve produrre per essere se stesso e vivere è l’uva. Dall’uva si produce il vino: il vino che serve a rallegrare il cuore dell’uomo. Ebbene i frutti che i servi del padrone della vigna vengono a raccogliere sono la gioia dell’uomo: ma non la trovano; al suo posto trovano rapina ed omicidio, tristezza e pianto. Potremmo continuare dicendo: guerra, divisioni, morti … È la storia di sempre dell’uomo che, chiamato a produrre gioia, a vivere nella gioia; invece utilizza male la sua libertà e produce soltanto guerra, invidia, morte …

Dio visita costantemente la sua vigna, noi, l’umanità, ma non vi trova il raccolto atteso: anziché gioia e pace, anziché riconciliazione e vita vi trova guerra, morte e lacrime.

I vignaioli della parabola evangelica bastonano e uccidono perché il desiderio del loro cuore è rapire e non accogliere; è possedere e non donare. E il possesso, la rapina … producono morte anche se gli uomini continuano a perseguirli illudendosi di trovarvi vita.

Così abbiamo sentito anche nella prima lettura che ci narra della storia di Giuseppe.

Quando i suoi fratelli lo vedono arrivare dicono “Ecco, il sognatore arriva! Uccidiamolo!”. È l’invidia verso questo loro fratello amato dal padre che li spinge a questo desiderio di eliminarlo per prendere un giorno la sua parte di eredità, di beni. E questo desiderio lo possiamo paragonare a quello dei vignaioli del Vangelo che vedendo venire nella vigna il figlio del padrone dicono: “Costui è l’erede: uccidiamolo!”. E questi propositi, queste dichiarazioni di guerra ci rimandano a quel grido: “Crocifiggilo!” che per invidia, per ostilità, urlarono e reclamarono anche coloro che condannarono Gesù. Gesù che era venuto per fare del bene a tutti, per fiorire, ma che per questo suscitò la paura dei capi della sinagoga che reclamarono per lui la morte. Così come Giuseppe il sognatore che aveva sogni belli, sogni che erano profezia di un futuro che avrebbe portato del bene a lui e al suo popolo. Ma i suoi fratelli non lo capirono e fecero di tutto per impedire che questi sogni si realizzassero.

Il cuore umano è così. È fatto per la gioia, per la primavera – come la vigna e come la natura – è fatto per la vita. Ma è anche meschino, povero, invidioso, desideroso di possesso a scapito dell’altro. E così scade nella violenza, nella guerra … come i vignaioli del Vangelo.

Vedete, anche quando Gesù domanda che fine dovranno fare i contadini omicidi della parabola? Che cosa dovrà fare il padrone della vigna ai contadini che hanno ucciso l’erede, il figlio del padrone della vigna? I capi dei Sacerdoti, i farisei, rispondono che dovranno morire miseramente: è la verità del loro cuore, chiuso nella condanna e nell’odio. Una risposta che se la facessero a noi oggi forse rischierebbe di ripetersi. Qualcuno ha scatenato la guerra ebbene deve morire miseramente.

Ma se stasera siamo qui a pregare per la pace dobbiamo tutti mettere il nostro cuore in sintonia con il cuore di Dio. Forse – non voglio espormi troppo – Dio non ci dona la pace perché in realtà, sotto sotto, ragioniamo ancora, se pur comprensibilmente, fuori dalla logica di Dio e così la pace non arriverà mai perché ci sarà sempre chi ha torto e chi ha ragione. Intendiamoci: la verità oggettiva deve farsi spazio ma poi occorre sintonizzarci sulla lunghezza d’onda di Dio. Dio che ha un modo di agire diverso dal nostro. Un modo di agire che il Vangelo definisce: “Una meraviglia ai nostro occhi!”.

Un modo di agire che ci dice che il vino si ottiene dalla spremitura dell’uva come l’olio dalla spremitura delle olive. Ebbene Gesù ci dice che dalla spremitura di sé si ottiene il vino, dallo spreco di sé si ottiene il profumo, dal dono di sé l’olio.

Il Figlio dell’uomo, Gesù, ci dona la gioia, la pace, ci salva dal peccato, dalle nostre invidie, dalle nostre guerre – piccole o grandi che siano – offrendo la sua vita per noi. Accettando di morire, di essere spremuto per noi come l’uva che solo se spremuta dona la vita. Gesù ci apre così con questo Vangelo gli occhi e ci libera dall’inganno di satana per farci passare da una mentalità diabolica (ossia divisiva, di guerra, di invidia, di morte) a una “simbolica” ossia di unità. Unità che solo Lui sa ricomporre spendendosi per noi per amore, donandosi per noi, una volta per tutte, sulla croce per amore. Là dove distrugge con la sua morte e risurrezione il muro di divisione che gli uomini sempre erigono tra loro.

Mentre chiediamo il dono della pace, domandiamo dunque stasera di entrare nella logica di amore crocifisso, spremuto, tramite la quale Gesù ha salvato e vuole salvare anche oggi la sua vita, noi, il suo popolo, dall’invidia, dall’odio, dalla guerra!

È triste pensare che chi si fa guerra siano tutti cristiani. Che in nome di Cristo si aderisca realmente alla Sua logica di amore e con Lui si riesca a tornare a gustare il prezioso dono della pace che tutti stasera invochiamo e imploriamo rendendoci tutti disponibili a lasciare spremere dalla vita qualcosa di noi stessi per andare incontro agli altri e insieme raggiungere il dono inestimabile della pace. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina