Omelia alla Santa Messa per l’Albania

Genazzano, Santuario Madre del Buon Consiglio, Domenica 1° dicembre 2019

Celebriamo oggi la prima Domenica di Avvento, tempo liturgico che ci vuole condurre alla festa del Natale, la festa del Dio “con noi e per noi” ma anche a tenerci costantemente pronti per la Pasqua eterna che Dio, per il mistero della sua Incarnazione, per essersi fatto uomo come noi affinché l’uomo diventasse come Dio, ha assicurato e assicura a quanti si aprono nella fede a Lui e lo cercano con cuore sincero.

Diamo inizio a questo cammino di Avvento presso l’immagine della Madre del Buon Consiglio. Iniziamo questo cammino con Colei che con il suo “Eccomi” ha permesso a Dio di entrare nel mondo e farsi compagno di viaggio per tutti coloro che sono affaticati e oppressi dalla vita.

Ma siamo qui anche perché dopo il devastante evento sismico che ha sconvolto l’Albania da martedì 26 novembre scorso, sentiamo la necessità di pregare davanti all’Immagine della Patrona dell’Albania – la Madre del Buon Consiglio – che questo antico Santuario affidato alle cure del cari Padri Agostiniani custodisce dal 1467. Da quando, cioè, secondo una pia tradizione, essa trasmigrò dalla chiesa che la ospitava a Scutari scampando miracolosamente all’invasione ottomana divenendo così anche la patrona non soltanto di Genazzano ma dell’intera nostra Diocesi Prenestina.

Davanti alle parole pronunciate in questi giorni da S.E. Mons. Gorge Frendo, Arcivescovo di Tirana e Presidente della Conferenza Episcopale Albanese che descriveva questo momento dell’Albania come quello di un paese “completamente demoralizzato, un paese sprofondato in una crisi politica senza precedenti, non accettato come candidato per far parte, in un futuro ignoto, dell’Unione Europea” e adesso colpito duramente da questi terremoti … ma che nonostante ciò vedeva una nota positiva nella solidarietà mostrata dagli stessi albanesi e da tanti Paesi, inclusa l’Italia … ma che concludeva le sue parole come quelle di chi sente tutta la sua impotenza davanti ad eventi che ci superano: “non so, non sappiamo più cosa fare per alleviare le pene della nostra gente” … mi è venuto il desiderio di venire qui, ai piedi della Madre che ci unisce per pregare per il provato popolo albanese, per le vittime del terremoto, per chi è ferito, per chi ha perso la casa, per chi ha perso tutto e indire una colletta diocesana nelle nostre Diocesi di Tivoli e di Palestrina, unite tra loro, affinché anche il nostro obolo, come quello della vedova del Vangelo, possa andarsi ad aggiungere a quello di tanti altri uomini e donne di buona volontà che in questi momenti non vogliono lasciar solo il popolo albanese.

Ma lasciamo che sia la Parola di Dio di questa prima Domenica di Avvento a illuminare i nostri pensieri e la nostra preghiera.

Nel Vangelo abbiamo sentito descrivere da Gesù i giorni di Noè.

E come erano? Erano come i nostri. Come quelli degli uomini in ogni tempo e in ogni luogo. In ogni tempo si mangia e si beve, si cresce e ci si sposa; si lavora nei campi e alla mola, si vive fuori casa e in casa. I nostri giorni sono fatti di feste e ferialità, di lavoro e di riposo. I nostri giorni sono così. Come quelli dei nostri fratelli e sorelle di Albania ma anche come quelli di tutti. Giorni che, come ai tempi di Noè, si svolgono e finché saremo su questa terra si svolgeranno tra opere e giorni, riposo e lavoro. Nulla di male ma per Noè quei giorni non furono così.

Egli sapeva che stava per giungere il diluvio.

E così dovrebbe in fondo essere anche per noi. Mentre camminiamo nella vita occorre sapere che giungerà la morte. La nostra morte e – ci affliggerà forse ancora di più – quella delle persone a noi care.

Ebbene, Noè – ci dice il Vangelo – non fu preso alla sprovvista perché impiegò le sue opere e i suoi giorni per costruirsi un’arca: un luogo di salvezza.

L’invito che ci viene dal Vangelo oggi è dunque quello – tipico dell’Avvento ma che deve essere anche di ogni nostra giornata – di vegliare e stare pronti. Proprio come fece Noè. Ossia costruendoci un’arca. Ossia facendo del nostro corpo un’arca dello Spirito Santo, bevendo continuamente il latte della Parola di Dio lasciandoci plasmare e trasformare da essa così come ha fatto Maria, l’Arca dell’alleanza, che ha accolto lo Spirito in Lei, lo ha lasciato lavorare generando così Gesù, il nostro Salvatore dal male e dalla morte, al mondo intero.

E ancora: possiamo prepararci come Noè quell’arca di salvezza tra i giorni che scorrono celebrando l’Eucaristia, nutrendoci del Corpo di Gesù che si dona per amore a noi affinché anche noi, accogliendolo, rendiamo grazie al Padre, con Cristo, nello Spirito donandoci per amore a Dio e ai fratelli, pensando e sentendo sempre più come Lui e come Lui e con Lui ci prodighiamo per il prossimo.

L’arca la prepariamo ancora coltivando quei sentimenti che furono di Cristo Gesù e che ci sono elencati nella lettera ai Galati: “amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Gal 5,22).

E se vivremo la vita così. Pur tra gli sconvolgimenti del mondo che pare voler vivere come se Dio non esistesse, che pare aver perso ogni punto di riferimento cristiano e valoriale, che pare sempre più egoista e perduto, allora noi ci prepareremo giorno dopo giorno, momento dopo momento un’arca. Anzi, la nostra vita, diverrà un’arca che nel momento in cui giungeranno impetuose le acque della morte non sarà travolta. Il Signore verrà improvvisamente, come un ladro di notte, come è giunto improvvisamente per le tante vittime del terremoto di Albania. Ma non si presenterà a noi come ladro che ci ruba la vita ma come Sposo (Mt 25,6); come sole che sorge (Lc 1,78), inizio di un giorno che non finirà. Come festa senza fine e intramontabile.

Qualcuno mi potrebbe dire: facile dirsi ma difficile da farsi!

E la mia risposta è: sicuramente sì.

Davanti alla morte di tanti fratelli e sorelle, davanti alla perdita di case, affetti, luoghi di lavoro viene da domandarci – è legittimo – Signore dove sei?

Noi oggi davanti alla ferita ancora grande e troppo aperta condividiamo il dolore, lo smarrimento, il senso di impotenza dei nostri fratelli di Albania. Ma desideriamo anche credere che tra loro in tanti erano pronti per il grande incontro con la morte che da sempre e per sempre, per tutti arriverà o è arrivata senza tanti preavvisi.

Noi stamane, per intercessione dell’Arca della Salvezza, di Maria Madre del Buon Consiglio, desideriamo pregare. Pregare per chi caso mai non era pronto per il grande incontro, pregare per quanti sono rimasti, pregare perché la Regina di Albania tocchi i cuori di tutti – cristiani e fratelli mussulmani – affinché insieme ci si rialzi e si riprenda a costruire ognuno e insieme l’Arca della salvezza nello trascorrere dei giorni.

E così facciamo anche noi, ciascuno di noi. Che da questi eventi calamitosi e improvvisi come il terremoto di Albania ma anche tanti altri eventi simili accaduti anche in molte parti della nostra Italia, impariamo a essere vigilanti per prepararci per l’incontro con il Figlio dell’uomo. Quell’incontro che si è attuato per la prima volta nella storia grazie al mistero della sua Incarnazione, che può realizzarsi ogni giorno se ci apriamo alla Sua Misericordia e si realizzerà pienamente quando verrà a chiamarci per sempre con sé.

Mentre attendiamo questo incontro non rimaniamo inerti, fiacchi, con le mani in mano. In questo giorno ho chiesto e chiedo a tutta la comunità diocesana di Palestrina e di Tivoli a me affidata di unire alla preghiera anche le opere di carità. Oggi le domando per i nostri fratelli terremotati di Albania, per i superstiti, per chi già povero ora è ancora più povero. La nostra vicinanza e solidarietà con i poveri sia sempre un modo concreto per prepararci l’arca della salvezza. Saranno i poveri ad accoglierci un giorno in Cielo e presentarci al nostro Re e Signore. E la vicinanza e la solidarietà siano anche preghiera: preghiera per chi è morto improvvisamente senza essere pronto e ora necessita, per il mistero della comunione dei santi, della nostra preghiera di suffragio.

Per alleviare le pene dei nostri fratelli albanesi preghiamo dunque e operiamo. Impegniamoci in questo verso di loro e verso tutti affinché un giorno Maria, dolce Madre del Buon Consiglio, ci presenti al suo Figlio Gesù e sia gioia per tutti, quella gioia che i credenti in Lui già pregustano in questa vita che mentre si svolge nel tempo con i suoi ritmi ordinari ci deve vedere impegnati a vigilare, a prepararci l’arca di salvezza … proprio come Noè. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina