Omelia alla Santa Messa per l’Ammissione tra i candidati all’ordine del Diaconato Diaconato a l’Istituzione nel Ministero del Lettorato

Marcellina, Parrocchia di Cristo Re, Sabato 20 marzo 2021

Carissimi fratelli e sorelle,

in questa V Domenica di Quaresima ci siamo riuniti per celebrare alcuni passi importanti verso il diaconato permanente di alcuni amici: Antonio, Fernando, Maurizio e Salvatore che verranno tra poco istituiti nel ministero del Lettorato – ossia saranno chiamati a proclamare la Parola di Dio nella liturgia, a insegnarla attraverso la catechesi al popolo di Dio ma soprattutto, anche in vista del diaconato, a metterla in pratica e a invitare tutti con il loro esempio di vita e di servizio, con i fatti più che con le parole, a mettere in pratica la Parola che viene stasera loro affidata con il ministero del lettorato –.

E poi Gabriele che rende pubblico davanti alla Chiesa, questa sera, il suo desiderio di consacrarsi nel servizio a Dio e al prossimo ed essere ammesso ufficialmente, con la benedizione di Dio e del Vescovo, tra i candidati al ministero del diaconato.

A tutti – istituendi lettori, ammittendo, sacerdoti, diaconi e fedeli qui presenti – lasciamo ora che parli la Parola di Dio di questa quinta domenica di Quaresima che ci conduce verso la Pasqua.

Nel Vangelo alcuni Greci, cioè non appartenenti al popolo di Israele, quindi degli “stranieri”, chiedono agli apostoli: “Vogliamo vedere Gesù”.

È la domanda che dovrebbero porsi tutti coloro che non hanno ancora incontrato il Signore, che non hanno preso consapevolezza della Sua presenza nella loro vita. Domanda anche di chi è stato già battezzato ma se non ha incontrato il Signore è nei suoi confronti come uno straniero. E siccome stranieri nei confronti di Gesù lo siamo un po’ tutti, anche per noi questa domanda dovrebbe diventare cogente: “Vogliamo vedere Gesù”!

E nel Vangelo Gesù risponde in maniera sconcertante.

Non dice come ha fatto altre volte: “Venite e vedrete!” ma offre a chi lo desidera vedere, a chi lo desidera incontrare, due immagini: quella del chicco di grano e quella della croce.

Il chicco di grano.

Gesù dice per auto-presentarsi: “Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto”.

Attenzione: non poniamo subito l’attenzione sul morire, sul marcire nella terra … certamente c’è anche questo.

Ma nella risposta di Gesù dobbiamo mettere l’accento sul “produrre molto frutto”. L’accento è dunque sulla “vita”.

Nel Vangelo si parla di gloria. L’ora in cui Gesù deve essere glorificato. Una glorificazione – la sua – che certamente passa per la croce. Che non è un farfalleggiare, un mostrarsi più bravo degli altri, un aver raggiunto una posizione … caso mai anche ecclesiale, per mostrare una gloria superficiale. La parola “gloria” in ebraico kavod vuol dire il peso, la consistenza di una persona e non come – in greco o in latino – il come ci vedono gli altri o la fama, l’essere illustri agli occhi altrui.

La gloria di Dio, per Gesù, consiste nel portare molto frutto passando per la croce. Portare la vita attraverso la croce.

E per comprendere questo possiamo farci aiutare dall’immagine del chicco di grano. Se lo teniamo in mano sembra qualcosa di morto, di spento … e invece è nodo di vita. Ha in sé il germe, il nucleo della vita. E quando viene seminato questo germe di vita inizia a muoversi. Certamente il chicco a contatto con la terra bagnata marcisce, muore, ma proprio mentre muore, il germe di vita che c’è in lui, inizia a nutrirsi del resto del chicco e quando il chicco si è completamente svuotato, il germe lancia verso il basso le sue radici e verso l’alto il piccolo germoglio che spunta dalla terra, e poi cresce, fino a divenire spiga matura.

Seme e germoglio non sono cose diverse, sono la stessa cosa. E non è che uno si sacrifica a favore dell’altro ma insieme fioriscono in vista di una vita più piena, la spiga – appunto – …

Ebbene, cari amici anche noi siamo dei chicchi di grano che nel terreno dove siamo o saremo seminati, come Gesù siamo e saremo chiamati a morire per dare frutto. In ciascuno di noi c’è tanto bene. Dobbiamo innanzitutto irrigarlo con quell’acqua che per noi è l’acqua del Battesimo e della Fede, l’ascolto assiduo e la pratica della Parola e dei sacramenti della vita cristiana. E così, vivendo la fede non a parole ma con i fatti, divenendo sempre più generosi, capaci di perdere la nostra vita per gli altri: la famiglia, la Chiesa, la comunità parrocchiale, chiunque incontreremo nella vita, i colleghi di lavoro … ciascuno di noi non perderà la vita ma la ritroverà perché ciascuno di noi è ricco soltanto di ciò che è capace di dare agli altri.

C’è poi un’altra immagine che Gesù ci offre affinché lo si sappia vedere: la croce.

“Io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me”.

E ancora: “Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna”.

Attenzione: Gesù non ci dice di odiare la vita, anzi occorre amarla la vita perché è un dono prezioso che abbiamo ricevuto. Ma Gesù ci chiede di usare la vita in questo mondo dove pare sempre che vincano i furbi, gli arroganti, i più ricchi, i più aggressivi … dicendo con i fatti un no netto a questa logica abbracciando la logica del cuore che ha al suo centro non tanto un modo di credere e vivere la fede fatto di leggi e precetti ma l’amore, l’amore che mi porta a dare tutto me stesso per Dio e per gli altri, l’amore che guarda e tende ad essere come quello di Gesù che per amore ha accettato di morire sulla croce e come il chicco di grano ha prodotto frutto, quel frutto che è la sua gloria riconosciutagli dal Padre che lo ha risuscitato e che è la vita eterna assicurata, promessa, donata per sempre a chi cerca di seguire le sue orme.

Nel Vangelo Gesù dice: “Se uno mi vuole servire, mi segua”.

Cari amici che camminate verso il diaconato – che vuol proprio dire mettersi a servizio non solo dell’altare ma soprattutto dei tanti poveri e bisognosi del nostro mondo sempre più povero, che vuol dire mettersi a servizio di quei poveri che oggi sono anche i nostri giovani ai quali sono impedite relazioni di prossimità, belle, pulite … che sono spesso come intaccati e assaliti dai media digitali in sé buoni ma cattivi se non usati bene … – per servire Gesù occorre seguirLo. Se lo seguiremo, come ci ha detto nel Vangelo, dove è Lui saremo anche noi. Saremo anche noi sulla croce. Infatti, amati di amore generoso e fedele, di amore che si dona totalmente per noi sulla croce, anche noi dovremo amare così. E non soltanto quando è comodo, gratificante, quando lo decideremo noi … ma sempre e quando decideranno gli altri che incontreremo di chiederci l’amore cristiano noi saremo chiamati a darglielo lì e in quel momento lì …

E lì incontreremo Gesù, potremo dire di conoscerLo, parteciperemo della Sua gloria, ora e nell’eternità.

E guardando a noi, flebile riflesso della gloria di Dio che è servizio, che è amore che passa per la perdita di sé, per la croce, per la morte per amore … tanti potranno innamorarsi di Dio perché amore chiede amore. Potranno trovarlo, incontrarlo, vederlo ma non in modo invisibile, bensì visibile, anzi: visibilissimo! Come è stata ed è ancora visibile la croce di Gesù che ci fa credere e affidarci all’Amore, quell’amore che per Gesù è stato dare la vita per noi e quindi anche noi dobbiamo darla per i fratelli!

E vorrei concludere con una ultima considerazione.

Dare la vita è ciò che ci fa vivere, che rende belle e intense le giornate, che ci fa felici perché comunichiamo il sapore di Dio. È triste chi non ama, è triste chi pur volendolo non riesce più a dare amore, a dare vita! Io auguro a tutti voi di saper sempre amare, di saper sempre dare la vita poiché come ricorda San Giovanni della Croce “alla sera della vita, ciò che conta è avere amato!”.

Spesso, il dramma del cristianesimo oggi è che non abbiamo vita da dare …

Mi spiego: diamo insegnamenti, ordini, rimproveri … ma non diamo amore. Ossia non diamo libertà, non diamo coraggio e non abbiamo coraggio di darci per gli altri, non diamo speranza e quindi non diamo amore!

Che il Signore che tutti desideriamo – chi in un modo, chi in un altro – seguire sinceramente, ci dia il coraggio di servirlo seguendolo sulla strada della croce, dell’amore totale che anche se ci fa soffrire però sazia il cuore, rende significativa la vita e fa crescere gli altri in quella passione per Colui che in fondo in fondo tutti desiderano vedere e che si mostra a noi sulla croce che contemporaneamente è obbrobrio ai nostri occhi ma rimando alla gloria, la gloria di Cristo. Quella gloria vera che è anche per tutti noi, ora e nell’eternità. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina