Omelia alla Santa Messa per l’arrivo in città dell’icona della Madonna di Quintiliolo

Tivoli, Basilica Cattedrale di San Lorenzo Martire, Domenica 1° maggio 2022 III Domenica di Pasqua

Signor Sindaco, cari fratelli e amici!

In occasione della processione per l’arrivo della Madonna di Quintiliolo, così come accaduto lo scorso Venerdì Santo, ho sentito molti che dicevano: andiamo a “vedere” la Madonna che arriva …, andiamo a “vedere” il Cristo morto che passa …

Ma il “vedere” non è ancora l’atteggiamento della fede. È l’atteggiamento di chi va a uno spettacolo, di chi va a vedere qualcosa che sta fuori da me e non mi coinvolge più di tanto …

Oggi vorrei allora fermarmi a riflettere con voi per passare da una fede del “vedere” ad una fede “dell’adesione del cuore” affinché poi la nostra fede possa divenire contagiosa piuttosto che, terminata la Messa e l’arrivo dell’immagine della Madonna a noi tanto cara, tutto termini e la vita riprenda come prima.

Mi faccio dunque aiutare dal Vangelo di questa domenica.

Ci narra l’ultima apparizione del Risorto, quella definitiva, diversa da tutte le altre, che avvenuta sul lago di Tiberiade è giunta fino a noi, per insegnarci non a “vedere” il Signore ma come “incontrarlo”, ossia stabilire una relazione con Lui che con il suo amore e la sua misericordia vuole cambiarci la vita.

I discepoli sono tornati alle loro case. Non però come erano tornati i due di Emmaus: sconfitti, delusi, con l’amarezza di chi ha rinunciato a un grande sogno. Pietro e gli altri infatti, innanzitutto, continuano a vivere insieme: fanno comunità così come avevano imparato dal loro Maestro. In secondo luogo Gesù aveva già soffiato su di loro lo Spirito Santo. Vanno dunque a pescare. Tornano al tran tran della loro vita. Vanno a pescare: non si sa se pesci o uomini? E la loro condizione è molto simile alla nostra. Siamo tutti battezzati e cresimati, anche noi apparteniamo a una comunità, se siamo qui anche noi ci sentiamo membri della Chiesa e se non sentiamo di appartenere a quella universale o diocesana almeno ci sentiamo parte della comunità parrocchiale poiché viviamo nella nostra terra; una terra di profonde radici culturali religiose, con tante tradizioni religiose. E anche noi almeno nel desiderio vorremmo pescare altri fratelli e sorelle, vorremmo crescere nei rapporti di comunione, cibo che solo può sfamare la fame e sete di amore che siamo. Eppure, noi come loro, non prendiamo nulla: rimaniamo a digiuno.

Perché? Perché innanzitutto manca Gesù: non è con noi; anzi, neppure lo riconosciamo quando si fa presente. Come è possibile? Se siamo qui siamo credenti, ascoltiamo la sua Parola – almeno lo spero –, partecipiamo alla liturgia – almeno lo spero – e partecipiamo anche alle manifestazioni pubbliche della fede – almeno così dovrebbe essere … – ma tutto questo non basta!

Non voglio assolutamente giudicare la vostra fede ma mi pare che ci fermiamo al “vedere” anziché “all’interiorizzare” all’incontrarci con l’Amore grande del Risorto che cambia la vita e dà ad essa la sua direzione decisiva.

Cosa manca, allora?

Gesù ai discepoli che avevano pescato tutta la notte e non avevano preso nulla, al mattino presto dice: “Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete”. È chiara l’allusione al fianco trafitto di Gesù crocifisso. In altre parole ci dice che occorre immergere la nostra vita, come ha fatto Tommaso con il suo dito e la sua mano, nelle piaghe e nel fianco del Signore Risorto durante l’apparizione appena precedente quella che ci ha narrato il Vangelo di oggi, quella che ci è stata narrata nel Vangelo di domenica scorsa.

Occorre cioè passare dal “vedere” esteriore all’“incontrare”. È diverso vedere una persona che passa per la strada e incontrarla perché incontrarla significa entrare con lei in relazione, guardarsi negli occhi gli uni gli altri.

E dove incontrare il Vivente? Proprio là dove meno vorremmo: nelle nostre ferite, nelle nostre ombre e cadute, nelle nostre fragilità e in quelle dei nostri fratelli.

Perché? Perché là dove siamo malati il Signore può venire e guarirci; là dove riconosciamo di essere peccatori Lui viene e ci perdona; nella nostra miseria Lui ci viene incontro per mostrarci la Misericordia del Padre.

Davanti alla rete buttata dalla parte destra della barca e tirata su con una gran quantità di pesci, il discepolo amato, Giovanni, grida: è il Signore! Lo incontra, lo riconosce, riconosce il suo amore e la sua misericordia. Pietro si butta in acqua per raggiungerlo sulla riva dove Lui ha preparato del pesce, ha preparato un pranzo, un segno di amore per i suoi. Chiede loro di portare un po’ del loro pescato perché per incontrare il Signore occorre metterci anche un po’ della nostra volontà, un po’ del nostro impegno. Ma poi dà loro da mangiare il pesce e il pane: i segni eucaristici in cui c’è tutto il suo amore, l’amore di Cristo morto e risorto per noi.

Un amore non da “vedere” ma da incontrare, di cui nutrirci per lasciare che ogni nostra sofferenza sia lenita dalla misericordia del Padre, ogni trafittura sia una via di accesso per toccare ed essere toccati dalla misericordia e sia stabilita quella comunione che ci permette di incontrare il Risorto e non soltanto “vederlo” esteriormente.

Non a caso, Gesù, subito dopo il pasto consumato insieme, chiede a Pietro di confessargli per tre volte il suo amore, come guarigione del triplice rinnegamento consumato nella notte tra il Giovedì e il Venerdì Santo. Il dispiacere, il dolore per il proprio peccato, è come una trafittura del suo cuore attraverso la quale Gesù può entrare e prendere dimora in lui, come può entrare e prendere dimora in noi. Per questo, a partire dall’Ultima Cena, quando Gesù si è offerto come pane, il massimo male diventa paradossalmente occasione di massimo bene, la morte si fa passaggio alla vita, la tristezza e l’abbandono fioriscono in gioia e in comunione.

Dal “vedere” all’“incontrare”, dunque. Dal “vedere” al lasciare trasformare i nostri cuori perché sazi dell’amore di Cristo morto e risorto per noi, che si dona a noi come cibo dopo la pesca difficile che tante volte sperimentiamo nella vita, dopo i tanti buchi che possiamo elencare nelle nostre reti vuote, ci lasciamo toccare, amare, cibare, sostenere dal suo Amore fedele e capace di renderci suoi testimoni, renderci in questo mondo più capaci di obbedire a Lui, a Dio, al Dio misericordioso, piuttosto che agli uomini! Al loro pensiero che vorrebbe escludere Dio dalla vita o farcelo solo vedere da lontano ma impedendoci di incontrarlo.

Maria Santissima, che oggi accogliamo e onoriamo come Madonna delle Grazie di Quintiliolo, interceda per noi.

La Madonna, pur preservata fin dalle origini dal peccato, si è aperta all’amore di Dio, ha accolto in Lei lo Spirito Santo, ha ascoltato ossia messo in pratica la Parola di Dio e colma del suo amore lo ha generato al mondo.

Lei continui ad intercedere per noi perché dall’accontentarci di un semplice “vedere” passiamo a vivere di fede, di quell’“Eccomi” che Lei ha pronunciato e insegna anche a noi a pronunciare perché accogliendo Gesù nella nostra vita troviamo pace, gioia e sicurezza. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina