Omelia alla Veglia di Pentecoste 2024

San Vittorino Romano, Santuario Nostra Signora di Fatima, Sabato 18 maggio 2024

Carissimi fratelli e sorelle,

in questo anno che Papa Francesco ha voluto dedicato alla preghiera, in preparazione al Giubileo del 2025, ho desiderato che questa veglia di Pentecoste fosse un invito per tutti a comprendere che possiamo pregare soltanto permettendo che lo Spirito Santo scenda su di noi.

È Lui, infatti, che ci ricorda tutto quello che Gesù ha detto. È Lui la memoria vivente della Chiesa. E mentre ci fa ricordare, ci fa capire le parole del Signore.

Il “ricordare” grazie allo Spirito Santo e nello Spirito Santo non è un fatto di memoria, ma è relazione. È la presenza di Cristo in noi e nella sua Chiesa.

Lo Spirito Santo, in altre parole, lo Spirito che stasera insieme invochiamo e che continueremo a celebrare domani, giorno di Pentecoste, è lo Spirito di verità e di carità che ci ricorda tutto ciò che Cristo ha detto e ci fa entrare sempre più nel senso delle sue parole, in relazione con Lui.

Ciò richiede una risposta da parte nostra.

Una risposta generosa affinché le parole che Gesù ci rivolge attraverso lo Spirito Santo trovino la nostra risposta. Una risposta fatta con la vita, gli atteggiamenti, le scelte, le azioni, la testimonianza.

In fondo lo Spirito Santo è l’amore che unisce il Padre al Figlio e ci ricorda il comandamento dell’amore e ci chiama a viverlo.

Lo Spirito Santo, dunque, ci insegna, ci ricorda e ci fa parlare con Dio e con gli uomini.

Ci fa vivere, cioè, una dimensione relazionale con Dio che dobbiamo riscoprire sempre più nella nostra preghiera personale e nelle nostre comunità. Una dimensione che possiamo chiamare “spiritualità”. E nello stesso tempo ci spinge a una dimensione relazionale con gli uomini, con i fratelli e le sorelle, con “tutti, tutti, tutti” e che possiamo chiamare “comunione”.

Spiritualità e comunione che nascono da un cuore che arde perché pieno di Spirito Santo, lo Spirito del Risorto!

Spiritualità e comunione: proprio gli elementi della vita cristiana di cui dobbiamo appropriarci sempre più e circa i quali ho chiamato a riflettere la nostra Chiesa diocesana in occasione del prossimo Convegno ecclesiale che si terrà qui, in questo Santuario, a partire dalle ore 15,30 di domenica 16 giugno e al quale fin d’ora vi invito calorosamente a partecipare iscrivendovi tramite le vostre parrocchie o aggregazioni laicali.

Lo Spirito Santo: è Lui l’artefice della spiritualità e della comunione e stasera lo invochiamo nuovamente dopo averlo ricevuto con abbondanza attraverso i sacramenti dell’Iniziazione Cristiana e che desidera venire a noi continuamente, essere nostro Paraclito, nostra guida nella vita fino a quando saremo tutti in Dio per sempre.

È lo Spirito Santo, cari amici, che ci fa parlare con Dio nella preghiera innanzitutto.

La preghiera che è un dono che riceviamo gratuitamente; che è dialogo con Dio nello Spirito Santo che prega in noi e ci permette di rivolgerci a Dio chiamandolo Padre, “Babbino mio”, “Abbà”, con confidenza. E questo non è solo un modo di dire ma è realtà, noi siamo realmente figli di Dio. “Infatti, – leggiamo nella lettera ai Romani – tutti coloro che sono guidati dallo Spirito Santo di Dio, costoro sono figli di Dio” (Rm 8,14).

 

E poi, è sempre lo stesso Spirito che ci aiuta a parlare con gli altri riconoscendo in loro dei fratelli e delle sorelle con cui parlare con empatia, con amicizia, con tenerezza e mitezza, comprendendo le angosce e le speranze, le tristezze e le gioie altrui. Se infatti chiamiamo Dio “Abbà” allora noi siamo tutti fratelli e siamo chiamati a vivere la comunione.

 

Ancora: lo Spirito Santo ci insegna a vivere la profezia, ossia, penetrati di amore, l’amore che c’è in Lui, l’amore che è Lui, possiamo essere segni e strumenti di Dio che ama, che serve, che dona la vita per gli uomini e le donne del nostro tempo.

Lo Spirito Santo ci insegna la via; ci ricorda e ci spiega le parole di Gesù; ci fa pregare e dire Padre a Dio, ci fa parlare agli uomini nel dialogo fraterno e ci fa parlare nella profezia.

Stasera, però, come dicevo, vorrei fermarmi con voi sulla preghiera che lo Spirito ci dà la forza di rivolgere a Dio chiamandolo Padre! Una preghiera che ci apre alla comunione con Lui e con i fratelli.

Il modello di ogni preghiera che possiamo rivolgere a Dio soltanto con la forza dello Spirito è quella che Gesù stesso ci ha insegnato: il Padre Nostro. Modello di ogni preghiera, canovaccio per ogni preghiera. Una preghiera esemplare che in poche frasi racchiude ed esprime le richieste essenziali dell’uomo al suo Creatore e Padre. Una preghiera che tante volte ripetiamo – nelle celebrazioni ufficiali come nella preghiera personale – senza fermarci a sufficienza su quanto diciamo, su quanto lo Spirito ci invita a dire.

Essa, con un linguaggio semplicissimo, ci rimanda e ci annuncia verità superiori.

Nel Padre nostro, ad esempio, si afferma che Dio è da noi lontanissimo eppure vicinissimo. “È Padre … che è nei cieli” ma è “nostro”. Si afferma così che Lui è l’unica sorgente vitale di tutti, perché in Lui tutta l’umanità, per così dire, si imparenta, diventa una sola famiglia. E se è “Padre nostro” non è ammessa nessuna lite, nessuna guerra, nessun odio, nessuna lacerazione.

Lui è sorgente in noi di una quasi incredibile nobiltà – una nobiltà addirittura “regale” – dato che questo Padre ha un suo “regno” che è anche “nostro”, dato che siamo suoi figli.

A questo Padre noi chiediamo il “pane quotidiano” ossia tutto ciò di cui necessitiamo ogni giorno per vivere sulla terra: il cibo, l’aria, la luce, una ragione di esistere che abbia senso, qualche bella amicizia … Tutte cose che l’uomo, nonostante i suoi progressi tecnologici e scientifici, non può darsi da solo ma che nella preghiera implora dal Padre nel simbolo del pane. Il pane che oggi è sconsigliato nelle diete ma di cui l’uomo ha estrema necessità e ne ha necessità ogni giorno. L’aria, il cibo, la ragione di esistere, le amicizie, dobbiamo chiederle ogni giorno perché ogni giorno, se non domandiamo incessantemente tali doni, rischiano di eclissarsi.

Ed ancora chiediamo che ci siano rimessi i debiti.

È una preghiera che ci fa stare umili, nell’atteggiamento giusto davanti a Dio. Davanti a Dio anche se non abbiamo debiti economici e finanziari siamo tutti poveri, anzi poverissimi! Poveri peccatori che con Dio vivono sempre in uno stato debitorio, intrinsecamente fallimentare e che se non potessimo ricorrere a Lui, a chi ci sistema tale stato, potremmo cadere anche nella disperazione. Lo Spirito Santo che ci viene donato ci fa osare di chiedere, sapendo di essere ascoltati ed esauditi, che il Padre rimetta a noi i nostri debiti. Ma a quel punto anche noi veniamo messi paradossalmente in una situazione dove possiamo regalare qualcosa. Noi abbiamo il potere e l’opportunità – ci insegna la preghiera che Gesù ci ha insegnato – di donare agli altri il perdono. C’è sempre qualcuno che pecca o peccherà contro di noi così come noi pecchiamo contro gli altri e contro Dio. Ma Dio perdona i nostri debiti “Come noi – affinché anche noi – perdoniamo ai nostri debitori”.

Il padre, il pane e i debiti: con questi termini semplicissimi Gesù nella preghiera del Padre Nostro ci insegna i contenuti essenziali di ogni nostra preghiera, tre valori essenziali: la certezza di avere un Padre che non ci lasci mai soli con i guai della vita (come purtroppo a volte accade con i padri nella carne); la concreta possibilità di una sopravvivenza degna di uomini; il sollievo e la gioia di sentirci perdonati, assolti, misericordiati dopo ogni nostra caduta e di poterci così rialzare per percorrere le vie della giustizia.

Che lo Spirito Santo, dunque, ci illumini, ci insegni a pregare e noi, pieni di Lui, che sappiamo sempre domandare al Padre ciò che corrisponde alla volontà di Dio e quindi al nostro autentico bene; che sappiamo sentire Dio vicino nella tentazione e, liberati dal male, possiamo un giorno essere uno con Lui, con il Padre, che ha mandato il suo Figlio nel mondo per distruggere ogni male con la potenza della Sua Risurrezione e sempre ed anche oggi ci dona lo Spirito Santo, vivo fuoco, che brucia ogni male nel mondo e ci rende possibile vivere la comunione ed aprirci alla speranza, la speranza di un Dio fedele, padre ed amico dell’uomo; che mai ci abbandona e mai ci abbandonerà. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina