Omelia alla Veglia di Pentecoste

Tivoli, Basilica Cattedrale di San Lorenzo Martire, Sabato 30 maggio 2020

Carissimi,

questa sera ci ritroviamo in preghiera per implorare – ancora una volta – lo Spirito Santo sulla Chiesa!

Una Chiesa che ha vissuto e vive in stato di pandemia … Pandemia non soltanto esteriore – a causa del Coronavirus – ma perché forse, lungo i secoli, da quella prima Pentecoste che stasera celebriamo, si è lasciata contagiare da troppi virus che la hanno resa meno feconda, che hanno paralizzato la forza dirompente dello Spirito Santo, della “fantasia di Dio” – così amava definire lo Spirito Santo il Card. Suneens, un grande innamorato dello Spirito – che vuole comunicare l’amore di Dio a noi affinché come comunità lo portiamo con creatività a tutti gli uomini e le donne della terra.

Stasera noi celebriamo Dio che dona il suo Spirito. Invochiamo lo Spirito che Dio ha donato e dona anche a noi, sì a noi stasera, per divinizzarci!

Nel mistero del Natale abbiamo celebrato la venuta di Dio in mezzo all’umanità nella forma di un piccolo bambino che si è donato a noi, nella Pasqua abbiamo celebrato Dio che si offre sulla croce per noi e che risorge per noi e si dona a noi in un pezzo di pane – l’Eucaristia –. Questa sera a compimento del cosiddetto Mistero Pasquale, ossia di tutta l’opera di Gesù per riportare l’uomo allo stato delle sue prime origini quando fu fatto da Dio a sua immagine e somiglianza, a immagine e somiglianza del suo Creatore e Padre, noi invochiamo, celebriamo qualcosa che è già avvenuto grazie al battesimo, alla cresima, all’Eucaristia … e continua a realizzarsi veramente … il dono del Suo Spirito.

Sì stasera ogni cristiano dovrebbe esultare perché, cari amici, abbiamo ricevuto e possiamo ricevere sempre continuamente lo Spirito Santo che ci dona la somiglianza divina!

Nelle settimane passate abbiamo assistito al reclamare di molti fedeli l’Eucaristia, il poter tornare in chiesa … ed è giusto e bello … ma a una condizione: quella cioè non di tornare ad avere un diritto acquisito, non perché abbiamo bisogno di ricevere qualcosa che ci fa stare in pace con noi stessi, l’Eucaristia alla quale siamo così abituati che una volta ricevuta poi non ha conseguenze sulla vita personale e comunitaria … ma per ricevere tramite l’Eucaristia e gli altri sacramenti – compresa la confessione – lo Spirito Santo che ci rende somiglianti a Dio nostro Padre e Creatore!

E in cosa consiste questa somiglianza?

Ce lo dice il Vangelo di stasera: nell’essere sorgenti di fiumi di acqua viva.

Dio è Dio, infatti, perché è energia di amore effusiva. Dio è Dio perché diffonde amore e misericordia come la luce che illumina il buio, come il profumo che invade i luoghi dove è sparso, come la parola perché ogni dirsi è un darsi. Ogni parola rivela qualcosa di noi stessi. Parola che può essere detta o parola che può e – ancor meglio – deve essere fatta. Non per caso Dio crea attraverso la sua Parola. Dio è Dio perché è Padre e Creatore e attraverso il suo darsi con la Parola crea il mondo, il cielo, la terra, le piante, gli animali, l’uomo e la donna! Dio dice e fa. Dio disse e fu … e fu la vita!

Ebbene l’uomo divinizzato, che riceve lo Spirito Santo, che ha ricevuto lo Spirito Santo e ricorda come facciamo noi stasera questo immenso dono della vita di Dio comunicata a noi, è e diventa sempre più immagine di Dio quando a sua volta diventa sorgente d’acqua viva: quando è effusivo come la luce, il profumo, la parola … In altre parole: noi abbiamo ricevuto lo Spirito Santo per essere missionari. Non annunciatori di Dio e della fede con parole preconfezionate, con formule imparate a memoria, con riti che pensiamo bastino per dirci cristiani … No, noi abbiamo ricevuto lo Spirito Santo per ricevere quella vita di Dio che è effusiva di amore affinché anche noi diveniamo effusori di amore!

Vivere non è possedere la vita, conservarla accumulandola, tenendola solo per noi … sarebbe come vivere in un sepolcro. Vivi, ma dentro una tomba … e quindi soli, inutili a noi e agli altri … Vivere vuol dire avere la vita per generare vita in modo permanente. E questo si chiama amore.

Dio è amore e donando il suo Spirito ci rende anche noi amanti, capaci di amare gli altri.

Ma per avere questo amore occorre desiderarlo. Occorre desiderare veramente di essere amati da Dio. Non perché perfetti ma come siamo … Occorre il desiderio per possedere. E noi questa sera con questa Veglia vogliamo esprimere il nostro desiderio dell’amore di Dio! E lo può desiderare soltanto colui o colei che non lo ha o meglio, non lo avverte ed è in sincera ricerca dell’amore!

Gesù stesso ci ha insegnato che per ricevere lo Spirito occorre avere sete. Alla Samaritana incontrata al pozzo di Giacobbe fu Lui a chiederle: “Dammi da bere” come a dire: Io che sono Dio ho sete di amore, dell’amore dell’uomo. Per questo si era seduto dopo un lungo e faticoso viaggio – quello che dal Cielo lo ha condotto sulla terra per incontrare la sua creatura amata – per cercare amore. E così è Lui che si fa donatore, sorgente zampillante di amore per chi cerca a sua volta amore, l’amore di Dio. La festa di Pentecoste è la festa dell’unità, dell’incontro tra l’uomo che non deve pensare di farsi un nome da solo, con le sue opere che lo allontanano dagli altri e gli fanno dimenticare il Dio che è l’unica fonte dell’amore; e Dio che viene a cercare l’uomo, che è venuto e continua per sempre a venire incontro all’uomo con il suo Spirito per riempirlo di amore affinché anche lui – l’uomo – diventi sorgente zampillante di amore per tutti!

L’amore di Dio è sgorgato dal costato aperto di Gesù sulla croce. Per cercare l’uomo da amare Gesù è arrivato al dono totale di se stesso per noi. Sulla croce quelle sue ultime parole: “ho sete” non si riferivano tanto alla sete fisica di un moribondo ma alla sete di amore, di amore dell’uomo. E dopo quelle parole dal suo costato è uscito sangue e acqua segni dello Spirito donato a noi nei sacramenti del Battesimo e dell’Eucaristia.

Ebbene per ricevere lo Spirito è necessario che anche noi desideriamo essere amati da Dio, essere assetati del Suo amore. Domandiamoci: siamo assetati di questo amore?

E se sì, allora saremo veramente sorgenti di fiumi di acqua viva!

Cari amici occorre essere feriti di amore! E così l’amore potrà entrare nel nostro cuore ed uscire da esso verso gli altri, verso il mondo intero ma cominciando dalla nostra comunità.

Guardate che potremmo anche dirci cristiani ma se siamo come anestetizzati dal pensiero di noi stessi, del salvare le nostre facce, di vivere nel compromesso, senza pensare agli altri concretamente, siamo come gente senza sete!

Un piccolo trucchetto per vedere come siamo messi a sete di amore.

In questi giorni di isolamento che abbiamo vissuto, abbiamo sentito sete di Dio o soltanto dei riti religiosi? E se ora abbiamo la gioia di partecipare anche alle celebrazioni dove l’amore di Dio si comunica, come traduciamo l’amore ricevuto in sorgenti zampillanti di amore per gli altri? Abbiamo compiuto atti di amore? Nella nostra comunità cristiana pensiamo ai fratelli e alle sorelle di fede? A porre atti di amore verso le persone che hanno necessità di amore?

Assetati di amor di Dio occorre lasciarci dissetare per poi dissetare altri a nostra volta. Così nasce la missione della Chiesa.

Domandiamoci se abbiamo lasciato agire in questo modo lo Spirito Santo?

Una chiesa sorda a questo appello: ossia all’appello che Gesù “grida” è una chiesa infeconda, incapace di amare, di generare, di diffondersi …

Gesù grida: “Chi ha sete venga a me e beva!”, venga a me e beva del mio amore donato con la vita e le parole – non soltanto a parole – e allora anche lui diventerà sorgente viva di amore per gli altri.

Lasciamoci ferire anche questa sera dal Suo amore per essere capaci di rispondergli divenendo anche noi sorgenti di amore per gli altri. Una Chiesa di gente che si ama veramente e per questo parla al mondo con la propria testimonianza. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina