Omelia alla Veglia diocesana di Pentecoste e Documento di Sintesi del Cammino Sinodale

San Vittorino Romano, Santuario di Nostra Signora di Fatima, Sabato 4 giugno 2022

Carissimi fratelli e sorelle,

al termine del primo anno del cammino sinodale delle Chiese che sono in Italia e della Chiesa universale, al quale anche noi abbiamo partecipato, ci ritroviamo insieme questa sera per invocare su ciascuno di noi, sulla nostra Chiesa di Tivoli e di Palestrina e sulla Chiesa intera il dono dello Spirito Santo.

Il dono dell’amore che sussiste tra il Padre e il Figlio, che è la “fantasia di Dio” e che il venerabile Don Tonino Bello, Vescovo di Molfetta, invocava con queste parole: “Spirito di Dio, che agli inizi della creazione ti libravi sugli abissi dell’universo e trasformavi in sorriso di bellezza il grande sbadiglio delle cose, scendi ancora sulla terra e donale il brivido dei cominciamenti”!

Sì, dopo aver ascoltato attraverso il metodo della conversazione spirituale in tutte le parrocchie e in molte altre realtà quanto lo Spirito desidera dire alla nostra Chiesa e dopo aver inviato la sintesi diocesana che stasera vi viene consegnata – ne avete sentito leggere alcuni tratti … – e che è stata presa in considerazione insieme a quella di tutte le altre Chiese che sono in Italia desideriamo che lo Spirito Santo venga ancora su di noi, ci aiuti a rimanere in un clima di ascolto di Dio e del mondo e gli chiediamo che attraverso di noi e di tutti coloro che si apriranno al suo dono Egli illumini e rinnovi la Chiesa e la faccia della terra.

È stato bello scoprire in questo primo anno di ascolto ciò che lo Spirito ci ha voluto dire. Sono emerse certamente fragilità, incapacità ad ascoltare l’Altro e gli altri, ma ogni fragilità come ogni fessura in un vaso che ha delle crepe lascia entrare la luce e noi questa sera chiediamo allo Spirito che è luce che illumina, fuoco che scalda i cuori, vento che muove, che entri in noi e ci aiuti a proseguire in spirito sinodale il cammino delle nostre Chiese affinché ciò che il Concilio Vaticano II ha detto della Chiesa, del suo rapporto con il mondo, della Liturgia, della necessità dell’ascolto della Parola di Dio non rimanga soltanto patrimonio da udire con le orecchie o studiare con l’intelligenza ma soprattutto divenga vita, realtà vissuta in ogni cristiano che in virtù del Battesimo e degli altri sacramenti è chiamato a partecipare attivamente e corresponsabilmente alla vita e alla missione della Chiesa.

Nell’ascolto sinodale – che non per tutti è stato facile a partire da noi presbiteri così come a volte ha assunto anche il tono di lamentela da parte di ancora troppi fedeli laici che si attendono dal prete molteplici servizi religiosi quando e come desiderano, con la giustificazione del “si è sempre fatto così” ma senza una vera e propria assunzione di corresponsabilità – è emersa però la gioia di esserci ascoltati – forse per la prima volta – senza replicarci addosso, senza dare subito delle colpe a uno o all’altro perché poi tutto rimanga come prima se non peggio di prima ma abbiamo compreso che dobbiamo continuare, e continueremo, a mantenere lo stile dell’ascolto di quanto lo Spirito vuol dire a noi sua Chiesa.

Una Chiesa non avulsa dal mondo, e che ha sete. Sete di gioia, sete di entusiasmo, sete di ritorno alle origini, sete di amore. Ed una sete che solo lo Spirito Santo può saziare.

Il Vangelo appena ascoltato ci invita a dissetarci dello Spirito e, questa occasione del cammino sinodale che continueremo, credo che sia propizia.

Gesù si trova a Gerusalemme in occasione della Festa delle Capanne. Una festa che ricordava la permanenza degli Ebrei nel deserto dopo la liberazione dall’Egitto: quarant’anni in cui abitarono in dimore precarie. E per questo gli Ebrei in uno dei tre pellegrinaggi che compivano al Tempio di Gerusalemme per la Festa delle Capanne dovevano andare presso di esso e rimanere per sette giorni in capanne per ricordare come Dio li aveva assistiti lungo il difficile cammino per passare dalla schiavitù degli egiziani al servizio di Dio nella Terra Promessa. Queste capanne dovevano avere dimensioni particolari e sorgere all’aperto. Essere ricoperte di foglie per far sentire la freschezza che dà l’ombra di Dio ma nello stesso tempo le foglie non dovevano essere troppo fitte tra di esse perché dovevano permettere durante la notte di guardare al Cielo, di puntare lo sguardo sulle stelle del Cielo affinché gli uomini tenessero sempre mente e spirito rivolti verso l’alto. La festa si svolgeva nel settimo mese, gli uomini avevano appena terminato di raccogliere i frutti della terra ma dovevano abbandonare tutto per alcuni giorni per puntare gli occhi a Dio. Nella stessa festa era poi usanza che nell’ultimo giorno, quello più solenne, si prendesse un vaso d’oro, lo si riempisse con l’acqua della piscina di Siloe e lo si portasse nel Tempio e dopo essere saliti presso l’altare la si versasse “di fronte al Signore” con grandi espressioni di gioia.

In questo contesto Gesù invita ad andare a Lui per bere salvezza, la salvezza che a noi giunge attraverso il dono dello Spirito Santo che sgorga dal mistero della Pasqua e ci viene donato attraverso i sacramenti della Chiesa di cui faremo tra poco memoria ma anche attraverso l’ascolto della Sua Parola e dei fratelli, del santo popolo fedele di Dio in cui si fa presente l’azione dello Spirito, la voce dello Spirito attraverso il senso comune della fede. Invita ad andare a Lui chi crede, ma nello stesso tempo promette anche che chi andrà a Lui e berrà di Lui anch’egli diverrà fonte di acqua viva. Sì dobbiamo credere e abbeverarci dello Spirito che sgorga dal costato di Cristo morto e risorto per noi ma anche noi dobbiamo tutti essere maggiormente consapevoli che, se pur in modi diversi, siamo chiamati a far sgorgare dai nostri cuori, dalle nostre vite, lo Spirito Santo. Tutti lo dobbiamo fare, nessuno escluso!

A questo punto vorrei dunque comunicarvi come procederemo – così come concordato con i Vescovi italiani – a lasciare, nel prossimo anno ma non solo (deve infatti diventare stile quello dell’ascolto) che lo Spirito parli alla Chiesa.

In questo primo anno di ascolto abbiamo intercettato i più vicini ma non tutti coloro che sono lontani e forse abbiamo sentito che spesso ci sentiamo affaticati dalle tante cose da fare – un po’ come Marta nel Vangelo di Marta e Maria –. Penso, ad esempio, ai nostri bravi sacerdoti e come presi dalle tante cose da fare abbiano poco tempo per l’ascolto. Penso ai nostri bravi fedeli laici che a volte hanno poca formazione e capacità di mettersi in ascolto – come Maria – affinché il nostro “tanto da fare” sia veramente utile, un vero servizio a Gesù e ai fratelli.

Continueremo pertanto l’ascolto avendo come icona che ci guiderà quella di Marta e Maria sulla quale non mancheremo di tornare.

E con la Chiesa Italiana ci fermeremo ad ascoltarci per poi lasciare che le fragilità vengano guarite dall’azione dello Spirito su tre cantieri/priorità:

  1. La corresponsabilità e la formazione dei laici per passare da una Chiesa dove i laici sono considerati – quando sono considerati … – “collaboratori” a “corresponsabili”. Risuonerà in noi l’invito di Marta a Gesù: “dì a Maria che mi aiuti” … Ma sappiamo che per questo sarà necessaria la formazione: “Maria si è scelta la parte migliore che non le sarà tolta …” ossia quella dell’ascolto.
    Formazione di tutti per una maggiore corresponsabilità, dunque!
  2. Un secondo aspetto riguarderà un maggiore ascolto dei “mondi”. Dall’ascolto sinodale di questo anno abbiamo scoperto come non abbiamo più contatto e ascolto di molti mondi. Come Gesù fu ospite di passaggio a casa di Marta e Maria così anche noi dovremo passare ad ascoltare per servire più mondi dove siamo meno presenti ed efficaci, meno capaci di relazioni, di accompagnamento, di accoglienza … penso in particolare al mondo dei giovani, della cultura, delle varie categorie di professionisti, amministratori della cosa pubblica, come dei poveri, dei fragili, dei mondi lontani che pur senza legittimare tutto dobbiamo però ascoltare e portare loro quel servizio che è donare lo Spirito Santo che noi tentiamo di accogliere.
  3. Dovremo poi lavorare ad un terzo cantiere: quello delle strutture.
    Dovremo snellirle maggiormente. Penso alle strutture materiali come a quelle pastorali per snellire l’affanno e valorizzare la dimensione della “casa”, ossia della Chiesa domestica e la parrocchia che deve sempre più divenire comunità-casa aperta a tutti coloro che vivono su un territorio non per venire a ricevere servizi religiosi o continuare a fare ciò che si è sempre fatto ma per venire a trovare fratelli e sorelle capaci di accoglienza, ascolto, di guardare al Cielo, di lasciarsi irrorare dall’acqua che sgorga salvifica dal costato di Cristo per camminare insieme.
    In questa fase di ascolto ci impegneremo anche a pensare come snellire le strutture, gli uffici diocesani che spesso sono solo sulla carta, così come dovremo pensare insieme a tutta la Chiesa italiana a disegnare e mettere in funzione le cosiddette unità pastorali: più parrocchie riunite insieme che lavorano insieme per ascoltare e corrispondere al bisogno vero di Dio che ha la gente.
  4. Ogni Chiesa diocesana poi, come ci verrà detto in un testo che giungerà ai Vescovi nei primi giorni di luglio, frutto dell’opera di discernimento che abbiamo compiuto insieme nell’Assemblea dei Vescovi tenutasi verso la fine del mese di maggio appena trascorso, individuerà un quarto cantiere sul quale lavoreremo insieme affinché lo Spirito Santo possa dissetare i credenti e quanti desiderano giungere alla fede grazie alla testimonianza di chi si aprirà all’azione rigeneratrice dello Spirito che stasera invochiamo abbondante sulla nostra Chiesa.

Vorrei concludere andando con la mente ed il cuore al Libro dell’Apocalisse e alle lettere che lo Spirito dice a Giovanni di scrivere alle Chiese di cui sa riconoscere pregi e difetti, alle quali arrivano elogi e rimproveri. L’Apocalisse che è un libro che richiama una drammaticità della storia nella quale il diavolo è sempre all’opera e che assomiglia tanto alla nostra realtà, termina con una attestazione del Signore Gesù che ci deve consolare: “Sì, vengo presto!”. Con le parole finali dell’Apocalisse anche noi ripetiamo questa sera: Amen! Vieni, Signore Gesù!

Vieni e ridona alla tua Chiesa la gioia dei ricominciamenti, la gioia degli inizi, la freschezza che solo l’acqua dello Spirito sa donare. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina