Omelia alla veglia missionaria interdiocesana “Di me sarete testimoni” (at 1,8) – Vite che parlano

Palestrina, Cattedrale di Sant’Agapito Martire, Sabato 22 ottobre 2022

Cari amici,

ci troviamo a pregare stasera, entrati ormai nei primi Vespri della Giornata Missionaria Mondiale, per i missionari ma anche per ciascuno di noi che grazie al battesimo è chiamato a partecipare al sacerdozio comune dei fedeli e perciò, con tutti i componenti del popolo di Dio, senza mai sentirsi staccato dalla Chiesa e guidato dai suoi Pastori, è chiamato a essere missionario, testimone del Risorto nel mondo con la propria vita, la nostra vita, che parla!

I brani biblici che ci sono stati proposti si collocano dopo la Pasqua. I discepoli sono stati al seguito di Gesù, hanno assistito al suo apparente fallimento sulla croce, ma poi hanno compreso che da quella croce è giunta la vita per tutti. Hanno incontrato il Risorto e hanno creduto. Ora il Risorto sale al Cielo, torna nel mondo di Dio, nel mondo da cui da ora in poi può mandare per sempre la pienezza della benedizione di Dio su di loro e sul mondo intero. E mentre li lascia apparentemente, dice loro: “Di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra” (At 1,8). Di quello che è accaduto, della mia passione, morte e risurrezione, così come era predetto nelle Scritture, del fatto che nelle Scritture è detto che nel nome del Cristo morto e risorto saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati cominciando da Gerusalemme: “Di questo voi siete testimoni”.

Ossia con la vostra vita, così come con la propria vita ogni cristiano dopo di voi dovrà essere testimonianza del Vangelo della Pasqua fino ai confini della terra.

Ma tutto questo non da soli: ma rivestiti di potenza che viene dall’alto, con la forza dello Spirito Santo ossia dell’amore che c’è in Dio, dell’amore pasquale manifestatosi pienamente sulla croce e che si riverserà su ogni battezzato affinché ognuno divenga testimone di Cristo con la propria vita e nell’epoca nella quale sarà chiamato ad essere protagonista per impregnarla della gioia del Vangelo.

La Veglia di stasera ci invita dunque a sentirci tutti chiamati a testimoniare Cristo. Ma non come singoli, non come liberi professionisti ma sentendoci sempre figli, membri della Chiesa!

Lo Spirito Santo scende sui primi discepoli e Maria, riuniti in preghiera, e nasce la prima Chiesa che esce dal Cenacolo per portare a tutti il lieto annuncio: Gesù è risorto e anche chi lo accoglie, se cambia il cuore, se conforma alla Sua Parola la propria vita, risorgerà e vivrà nella fraternità, nella pace, lontano dal peccato. La morte non sarà l’ultima parola su di lui. Potrà anch’egli diventare un missionario, un testimone dell’amore grande che Dio ci ha donato e ci dona per attrarci alla sua sequela, per renderci discepoli/missionari.

Tuttavia dovrà sempre sentirsi figlio della Chiesa. Certamente la missione è più credibile se è condotta da una comunità, bastano due uniti nel nome di Gesù affinché Lui lì sia presente – ce lo ha assicurato Gesù – “dove due o più sono uniti nel mio nome io sarò in mezzo a loro”. Ma anche se fosse solo una persona che annuncia Cristo da solo in una situazione difficile, dove non possono esserci altri cristiani con lui, dovrà sempre sapere che lui non testimonia da solo ma che grazie al Battesimo, alla preghiera della Chiesa, lui è figlio della Chiesa, è suo membro attivo e a nome della Chiesa annuncia. Un annuncio certamente che non sarà inventato da lui – anche se la creatività dell’annuncio nascerà dalla situazione incontrata – l’annuncio sarà sempre quello della Chiesa. Tutti dunque devono farsi missionari e, o insieme o da soli, dovranno sempre annunciare Cristo in comunione con la comunità ecclesiale alla quale apparteniamo e che con i sacramenti dell’Iniziazione Cristiana ci manda ovunque possiamo trovarci a vivere, per testimoniare ciò che la Chiesa alla quale apparteniamo crede e vive. Paolo VI nell’Evangelii nuntiandi scriveva: “Evangelizzare non è mai per nessuno un atto individuale e isolato, ma profondamente ecclesiale. Allorché il più sconosciuto predicatore, catechista o pastore, nel luogo più remoto, predica il Vangelo, raduna la sua piccola comunità o amministra un Sacramento, anche se si trova solo compie un atto di Chiesa, e il suo gesto è certamente collegato mediante rapporti istituzionali, ma anche mediante vincoli invisibili e radici profonde dell’ordine della grazia, all’attività evangelizzatrice di tutta la Chiesa” (n.60). Non a caso i discepoli del Signore sono mandati a due a due. È importante la comunità cristiana, anche piccola, per testimoniare il Signore!

Anzi, ritengo che oggi più che mai le nostre comunità non debbano guardare tanto ai numeri dei partecipanti agli eventi liturgici o celebrativi ma alla qualità. Senza paura di divenire minoranze l’importante sarà che il nostro essere minoranza sia “qualificato” dalla preghiera, dall’ascolto della Parola, dall’apertura all’azione dello Spirito Santo, dalla celebrazione dei Sacramenti, dall’ascolto dei fratelli a partire dai più lontani o per cultura o per provenienza geografica affinché si sviluppi la creatività della medesima comunità per portare a tutti l’annuncio bello della gioia del Risorto, l’annuncio che tutti – siamone certi – attendono anche senza una consapevolezza piena.

Riempiti dall’amore del Signore che abbiamo ricevuto, portiamo a tutti questo amore che è per sua natura diffusivo. E testimoniamolo con lo stile non del maestro che insegna – serviranno anche questi – ma della testimonianza, con i fatti che parlano, con le vite che parlano! Il mondo di oggi di questo ha bisogno! Il mondo di oggi comprende bene il linguaggio della vita coerente con ciò che si crede! Viceversa comprende subito quando un cristiano bleffa, si dice cristiano ma si comporta come se non lo fosse …

La testimonianza che siamo chiamati ad offrire può essere tradotta anche con la parola “martirio”. Il testimone è il martire che con l’esempio della vita parla, annuncia. Per una Chiesa credibile l’annuncio cristiano e l’esempio di vita cristiana non possono essere disgiunti!

E questo annuncio dovrà giungere attraverso le nostre vite “fino ai confini della terra”.

Gli Apostoli, lo abbiamo sentito, sono stati inviati a testimoniare il Risorto a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra (At1,8).

Attenzione siamo mandati non a fare proselitismo ma ad annunciare il Risorto affinché tutti possano avere la possibilità di conoscerlo e se vogliono di aderire a Lui, bellezza e verità suprema. Ma “fino ai confini della terra”. E qui dobbiamo certamente pensare ai confini geografici ma anche a quei confini che sono i confini sconfinati dei cuori degli uomini e delle donne del nostro tempo, i confini che ci chiamano a portare Cristo Risorto con la nostra testimonianza oltre i luoghi consueti ove portiamo tale testimonianza cristiana: la parrocchia, l’associazione, il movimento, la comunità religiosa a cui appartengo … Certamente già lì dove viviamo non è semplice portare con l’esempio oltre che con le parole la testimonianza di Cristo ma dobbiamo sempre puntare più in là, dobbiamo chiedere la forza di essere testimoni del Risorto anche nei luoghi in cui viviamo, lavoriamo, studiamo, nella nostra cultura e in quella altrui, tra chi la pensa come noi e chi invece no, tra chi è pacifico e tra chi è violento … chiedendo al Signore anche la forza di accogliere il martirio – se fosse necessario – pur di vivere da cristiano in questo mondo dove i cristiani coerenti, che non scendono a compromesso con la logica del mondo, spesso danno fastidio e in vari modi possono incontrare il martirio: se non con la perdita della vita, quanto meno con l’esclusione da gruppi di pensiero, di colleghi di lavoro, dai gruppi di potere, di coloro che contano e per contare trasgrediscono quanto insegna il Vangelo di Gesù o lo osservano a pagine alterne a seconda che esso corrisponda o meno ai loro pensieri ecc.

La Chiesa dovrà sempre essere in uscita verso i nuovi orizzonti geografici, sociali, esistenziali, verso i luoghi e le situazioni umane di confine. Dovrà sempre essere missionaria “ad gentes” anche se per questo a volte alcuni suoi figli o figlie dovranno dare la vita. I martiri ci sono anche oggi come nei primi secoli della Chiesa e muoiono perché sono segno di contraddizione in mondi, luoghi, civiltà, culture dove non sono tollerati, dove non è tollerato l’amore di Cristo che perdona sempre e ridà fiducia all’uomo anche se disperato, profugo, per alcuni destinato soltanto ad essere scartato.

In questa impresa non siamo soli. Gesù, prima di ascendere al Cielo disse ai Suoi discepoli: “Riceverete la forza dello Spirito Santo e di me sarete testimoni”.

Occorre dunque che ricorriamo costantemente e abbondantemente allo Spirito Santo affinché esso ci sostenga nell’annuncio del kerigma – Gesù Cristo è morto e risorto – all’uomo e al mondo di oggi. Per far questo occorre tanta preghiera che, come ci ha ricordato Papa Francesco nel Messaggio che ha indirizzato alla Chiesa per questa Giornata Missionaria: “ha un ruolo fondamentale nella vita missionaria, per lasciarci ristorare e fortificare da Lui, sorgente divina inesauribile di nuove energie e della gioia di condividere con gli altri la vita di Cristo”. “Ricevere la gioia dello Spirito è una grazia – diceva il Papa in un Messaggio alla Pontificie Opere Missionarie del maggio 2020 –. Ed è l’unica forza che possiamo avere per predicare il Vangelo, per confessare la fede nel Signore”.

Che lo Spirito Santo, anche grazie alla preghiera che insieme proseguiamo, scenda su ciascuno di noi, su ciascun battezzato affinché sia sempre e solo Lui il vero protagonista della missione donando la parola giusta, al momento giusto e nel modo giusto. E che le nostre vite, animate dallo Spirito che ci spinge a testimoniare il Risorto, siano vite parlanti come è stata quella di Madre Teresa di Calcutta e di tanti Santi e Sante, riconosciuti dalla Chiesa o sconosciuti, che lasciandosi guidare dallo Spirito sono divenuti “matite di Dio” che hanno scritto nella storia pagine eroiche e bellissime di Vangelo vissuto. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina