Omelia alla Veglia Pasquale 2021

Tivoli, Cattedrale di San Lorenzo Martire, Sabato 3 aprile 2021

Carissimi catecumeni, fratelli e sorelle nel Signore!

Anche in questo tempo di pandemia, dove c’è ancora odore di morte e di paura intorno a noi, siamo giunti al culmine del Triduo pasquale.

Sì. È Pasqua!

E tra poco mentre rinnoveremo le nostre promesse battesimali, otto nostri fratelli e sorelle che si sono preparati in questi anni, dopo aver proclamato davanti al Vescovo e alla Chiesa di rinunciare al peccato e a Satana, origine e causa di ogni male e di ogni peccato, si volgeranno a Cristo e professeranno la fede con noi per poi ricevere i sacramenti della vita cristiana: il battesimo, la cresima e l’Eucaristia: doni pasquali del Risorto alla Chiesa che cammina nel tempo! Ed entreranno nella Chiesa, la compagnia dei fratelli amati per sempre da Colui che ci ha creati, e nonostante il nostro peccato e il nostro rifiuto del Suo amore, lungo l’intera storia della salvezza – come abbiamo ascoltato nelle letture che ci sono state proclamate – ci ha sempre proposto la via della libertà dalla schiavitù del peccato e della morte e per questo ha dato la vita per noi.

Stasera, nella Veglia Pasquale che stiamo celebrando, ci è stato proclamato il Vangelo della Pasqua secondo Marco.

Tre donne, spinte dall’amore per il loro Maestro, si recano al sepolcro per ungere con aromi il corpo del loro Signore.

Giunte al sepolcro trovano la pietra con cui esso era stato chiuso, rotolata via.

E dentro anziché trovare un corpo morto trovano “un vivente” e un cadavere assente.

Gesù non è lì: è vivo!

Là dove ci saremmo attesi che incontrassero la morte, le donne accorse al sepolcro trovano la vita.

Trovano il profumo intenso degli oli aromatici che servono per ungere il cadavere e che ha invaso il sepolcro vuoto che avrebbe potuto maleodorare di un corpo barbaramente ucciso e ormai in putrefazione e un giovane, seduto alla destra, vestito d’una veste bianca e che parla loro!

Ma Gesù non c’è: dove è?

È il problema, cari amici, di ogni cristiano. Il buon profumo di Cristo lo percepiamo. Anche in tempo di pandemia abbiamo visto e per grazia di Dio continuiamo a vedere tanti gesti della Sua presenza nel bene che molti – forse anche senza esserne ben consapevoli – hanno compiuto, nel condividere ciò che si ha e si è con chi non ha e ha necessità di ascolto, relazione, accoglienza, cura.

Anche pensando al nostro passato abbiamo tutti intuito la bellezza del Vangelo e del suo annuncio che è giunto a noi da testimoni credibili, dai genitori, da un bravo sacerdote o una brava consacrata, dalla comunità parrocchiale, ecc.

Vediamo quindi che il Vangelo ha in sé una forza vitale: quante opere meravigliose in nome di Cristo ha fatto, fa e farà la Chiesa, i cristiani, in ogni campo dell’esistenza e in ogni luogo della terra, altrimenti come faremmo a dirci cristiani?

E anche voi, cari catecumeni che state per ricevere il battesimo: se siete qui per diventare cristiani dopo un lungo cammino reso ancor più difficile dai distanziamenti causati dalla pandemia, è sicuramente perché avete fatto o incontrato esperienze belle di vita cristiana, avete sentito il buon profumo di Cristo …

Eppure soffriamo l’assenza di Cristo e come i discepoli nel mare in tempesta a volte rischiamo di affondare. Ebbene in questo contesto c’è un annuncio consolante e che deve rafforzarci. È l’annuncio che viene da questo messaggero giovane in bianche vesti presente nel sepolcro vuoto: “Egli vi precede in Galilea!”.

Cosa è la Galilea?

È la regione dove Gesù è vissuto per trent’anni prima della sua vita pubblica. In altre parole è l’ordinarietà della vita, l’esistenza feriale di tutti i giorni. E lì Lui promette di farsi incontrare, di farsi vedere: “Egli vi precede in Galilea! Là lo vedrete!”. Lo vedrete nelle relazioni amicali di tutti i giorni, nella fatica del lavoro quotidiano.

E ancora la Galilea è il luogo degli inizi della vita di Gesù. Dalla Galilea tutta la vita pubblica di Gesù è cominciata.

Nel Vangelo di Marco non ci sono i racconti delle apparizioni del Risorto come negli altri Vangeli. Il Vangelo di Marco terminerebbe qui, rimandando tutto all’inizio quasi a dirci: dopo questo evento di morte, di amore massimamente donato, ora ricominciate a leggere il Vangelo, la mia storia di amore con voi fin dall’inizio e lì troverete Colui che cercate, rileggendo il Vangelo alla luce dei fatti pasquali comprenderete nuovamente ogni parola, ogni fatto. E incontrerete il Risorto!

Ed è quello che in questa sera auguro a voi, cari catecumeni, a me e a tutti i cristiani qui presenti. Rileggiamo il Vangelo ripartendo daccapo affinché con la grazia di Dio infusa dai sacramenti pasquali, donataci grazie alla morte e risurrezione del Signore, noi possiamo incontrare, vedere il Risorto!

I Vangeli non sono un testo di dottrina, né testi di saggezza sul senso della vita o testi di morale che dicono cosa fare o non fare per essere cristiani. Sono piuttosto il luogo in cui il Vivente parla affinché lo si possa incontrare.

Dio si è fatto Parola, Parola che è ispirata dallo Spirito Santo affinché ascoltandola e vivendola noi possiamo camminare alla Sua presenza per le strade delle nostre tante Galilee.

Il mio augurio pasquale è dunque questo: che noi, sì proprio noi che viviamo in questo tempo e non in un altro, possiamo tramite l’ascolto assiduo della Sua Parola lasciarci plasmare da Lui, incontrarLo per farlo a nostra volta incontrare da chi ci incontra.

La gioia dell’annuncio pasquale è questa: che l’esistenza terrena può essere vissuta come possibilità di fare realmente esperienza dell’amore di Dio che morto e risorto per noi sempre ci viene incontro nella nostra quotidianità con la sua Parola e i sacramenti di salvezza affinché tale esperienza di amore divenga vita e profumi di Cristo per noi e i fratelli che incontriamo fino a quando, al termine della nostra Galilea terrena, entreremo con Lui nella Gerusalemme del Cielo. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina