Omelia alla Veglia Pasquale 2022

Tivoli, Cattedrale di San Lorenzo Martire, Sabato 16 aprile 2022

Carissimi fratelli e sorelle,

il Vangelo che quest’anno abbiamo ascoltato nell’abbondante Parola di Dio che ci propone la liturgia della Veglia Pasquale è quello di Luca.

Ci sono presentate le donne che accorrono verso il sepolcro all’alba del primo giorno dopo il sabato. Accorrono per profumare il corpo di Gesù. Le donne sono le ultime a rassegnarsi al fatto che tutto sia finito: vogliono ancora toccare e rimanere con la persona che amano.

Non è questo, in fondo, il nostro desiderio? Il desiderio profondo di tutti? Il covid pare averci come un po’ paralizzati, ma non è questo desiderio che abbiamo sempre mantenuto e manteniamo nel cuore? Quello cioè di tessere legami di amore, rapporti di comunione che nonostante tutto albergano sempre in noi? La tragedia più grande dell’uomo è la solitudine. Però è una sofferenza che – a chi più a chi meno – tocca tutti. È una sofferenza che non risparmia nessuno: una grande pietra ci tiene spesso separati tra noi, ci impedisce di toccarci, di entrare in contatto tra noi. E quando è così è come se fossimo già morti: perché noi “siamo” solamente nella misura in cui viviamo relazioni di amore. Sarebbe bene che stanotte ci chiedessimo: quale è la pietra che mi separa dagli altri e da Dio? Che nome do a questa pietra? A queste pietre che messe una sull’altra rischiano di divenire la tomba della speranza in noi.

La morte è poi la pietra definitiva, irremovibile. Chi muore non è più. La morte è il sigillo della solitudine, della impossibilità della comunione.

E le donne che vanno al sepolcro lo sanno. Temono che il loro tragitto sia inutile perché sanno che c’è una grossa pietra che sigilla l’ingresso del sepolcro.

Se ci pensiamo sembra il tragitto che abbiamo percorso anche noi stasera. Abbiamo ascoltato tanti brani scritturistici dalla creazione, alla liberazione del popolo eletto dalla schiavitù in Egitto, dalla infedeltà alla Alleanza; le promesse fatte dai profeti contro la triste indifferenza del popolo verso l’amore di Dio … e tutto pare però terminare davanti alla pietra del sepolcro in cui è riposto quel Messia in cui tutti speravano. Così è anche della nostra vita: camminiamo, camminiamo e poi cadiamo, sembra che i nostri passi non arrivino mai alla meta. Addirittura ci imbattiamo con la morte e così si insinua in noi la frustrazione, siamo tentati di smettere di sperare, sembra che la legge della vita sia un camminare verso un muro sbarrato, verso una pietra tombale.

Ma ecco l’annuncio che rompe il buio delle tenebre, che leva la pietra e rende possibile l’apparentemente impossibile: Gesù non è tra i morti ma tra i vivi!

Le donne arrivano al sepolcro e trovano la pietra ribaltata via. Pasqua è la festa dove le tante pietre che chiudono la speranza ai nostri cuori vengono ribaltate via e così la morte, il peccato, la paura, il vivere come se Dio non esistesse, fidandoci solo dell’uomo che finché non entra nel sepolcro è vivo ma poi, senza Dio, muore per sempre … vengono spazzate via.

L’annuncio dei due uomini in abito sfolgorante rassicura le donne con il capo chino e anche noi: Gesù non è tra i morti, è vivo! E così il pianto si trasforma in riso, il lutto in canto, la tragedia in festa. Tutto ciò vuol dire che la comunione con Gesù che nella sua vita ha rivelato e rivela anche a noi l’amore fedele del Padre passando per la passione, la solitudine, il tradimento, la morte in croce … non sarà infranta per sempre ma, al contrario, sarà per l’eternità. E lo sarà proprio per la speciale capacità di Gesù di trasformare le nostre morti in vita, i nostri lamenti in danza. Con Lui morto e risorto possiamo anche noi compiere la pasqua, cioè il passaggio dalla chiusura alla comunione, dalla desolazione alla consolazione, dalla paura alla fiducia, dalla morte alla vita!

Ma questo lieto annuncio non è solamente per la vita dell’al di là; è già per l’adesso. Già da ora possiamo intraprendere un cammino che ci conduca a ritrovare il corpo di Cristo, e con il suo quello dei nostri fratelli; anzi, a diventare Suo corpo, una cosa sola con Lui e tra noi (Gv 17,21)!

Come?

Gli uomini in vesti sfolgoranti dicono alle donne: “Ricordatevi di come vi parlò quando era ancora in Galilea” ricordare, ossia, ascoltate e conservate nel cuore le parole dei Vangeli e sperimenterete così che Gesù è vivo. Ancor più: che Egli è in noi e noi in Lui. La Parola che si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi, se la ascoltiamo con cuore aperto e con fedeltà, continuerà a farsi carne della nostra carne e a riempirci di speranza e fiducia.

Per cui devo smettere di guardare a ciò che non va, ai luoghi di sfiducia, di mancanza di speranza … Gesù risorto ci dice che sono, che siamo amati da sempre e per sempre e che il suo amore, il suo amore da Dio, non cambia! Domandiamoci allora dove guardiamo nella nostra vita? Se siamo più portati a guardare ambienti sepolcrali o se cerchiamo il Vivente?

Noi siamo dunque invitati stasera a non guardare più il sepolcro vuoto ma come le donne a riprendere in mano la speranza e a tornare in Galilea ossia lì dove è nato il primo amore con Gesù, a ricordare la sua chiamata, a ricordare quando abbiamo scoperto che essere cristiani era bello, era “conveniente”, era gioioso perché ci siamo sentiti amati dal Signore così come eravamo e questo amore ci ha fatti uscire da tanti momenti di buio e tristezza.

E Gesù, ricordiamocelo, proprio perché è risorto e vivo, non è un personaggio del passato ma è attuale, ci chiede ora di camminare con Lui. Lui ci fa trovare il sepolcro aperto, ci chiede di ravvivare l’amore del primo incontro con Lui tornando in Galilea, ci ridona speranza e fiducia, ci assicura la vita eterna e ci mette in viaggio nuovamente verso di essa ma ci chiede di prenderlo nelle nostre mani, di nutrirci di lui lungo il cammino della vita e di farci pane da mettere nelle mani del nostro prossimo. La Pasqua allora ci fa porre un’ultima domanda: io cristiano, che credo nel Risorto, che l’ho ricevuto tra le mie mani, che credo in un Dio vivo che cammina con me, dove sto camminando ora? Sto camminando verso gli altri o sempre e solo verso di me? Se cammino con Gesù andrò in Galilea dove l’ho sicuramente incontrato ma che rimane anche la Galilea delle genti, ossia il luogo dei pagani dove Gesù ha desiderato iniziare a farsi incontrare per divenire luce di quanti camminavano nel buio delle tenebre e così io dovrò impegnarmi con gli altri cristiani, con la mia comunità cristiana a testimoniare il Risorto divenendo io stesso, come è divenuto Gesù, pane della comunione, pane che si spezza, pane che si lascia mangiare perché tutti abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza! Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina