Omelia all’Azione Liturgica del Venerdì Santo

Tivoli, Cattedrale di San Lorenzo Martire, Venerdì 2 aprile 2021

Carissimi fratelli e sorelle,

tra poco verrà svelata davanti ai nostri occhi la Santa Croce di Cristo.

Questo strumento di morte che per noi è divenuto strumento di gloria.

“Quando sarò innalzato da terra – aveva detto Gesù riferendosi alla croce – attirerò tutti a me” (Gv 12,32). E lì, sulla croce, infatti, compie la missione per cui è venuto nel mondo: per portarci nella gloria eterna con il Padre.

Il Vangelo di Giovanni che abbiamo appena ascoltato si conclude con questa parola di Gesù prima della morte in croce: “È compiuto! … E chinato il capo, consegnò lo spirito”.

È compiuto!

È compiuto il progetto d’amore di Dio per il mondo.

Gesù come il chicco di grano che per produrre frutto deve cadere in terra e marcire, donare tutto se stesso perché scendano le radici nella terra e si sviluppi fuori dalla terra il germoglio che poi diverrà spiga matura, è venuto nel mondo, ha condiviso con noi tutto – tranne il peccato –. Ha condiviso anche le domande che l’uomo si pone davanti al mistero della sofferenza gridando a Dio “perché mi hai abbandonato?”, ha condiviso anche la morte, ma poi risorgerà!

Sulla croce ha compiuto non soltanto la sua missione terrena ma – abbiamo sentito – “consegna lo spirito”. Si consegna al Padre ma lo spirito di amore che unisce Lui al Padre lo consegna anche a noi che guardando al legno della croce, ossia lasciandoci irrorare di quell’amore donato in maniera perfetta sull’albero della croce da Colui che è re di gloria, possiamo essere salvati, convertirci, cambiare vita e ritrovare senso per la nostra stessa esistenza.

Sì tra poco guarderemo alla croce in atto di adorazione e invito tutti voi a guardarla pensando a Gesù che si è immerso nella morte per venire a cercare tutti noi moribondi nello spirito e destinati a morire nella carne per recuperarci a sé, alla vita, all’amore che sussiste tra Lui e il Padre donandoci questo stesso amore – lo Spirito Santo – che ci rende immortali per sempre.

Immortali ma non perché eternamente giovani ma perché, adulti, accettiamo la sua logica di dono che è logica di adultità e come Gesù facciamo anche della nostra vita un “dono per” affinché essa abbia un senso qui sulla terra e un destino in Cielo.

Vedete, guardando alla croce possiamo dare ad essa vari significati. Significati che via via si sono sviluppati nel tempo. Tutti validi ma mai da esasperare a scapito degli altri.

Nei secoli scorsi, specialmente intorno al XIV-XV secolo si sviluppò una forte devozione alla croce, simbolo del nostro dolore. La croce venne a simboleggiare le nostre sofferenze, le nostre miserie e Gesù fu concepito come l’uomo dei dolori che soffre per compassione verso di noi e Maria, l’Addolorata, come la madre dei dolori, esempio di compassione per i peccatori. Poi si sviluppò soprattutto nel XIX secolo il modello dell’obbedienza e della rassegnazione. Gesù ci salva sottomettendosi alla volontà del Padre divenendo così modello per ogni credente chiamato anche lui ad obbedire adeguandosi, aderendo totalmente alla volontà di Dio e a quanto da Lui stabilito. Sono significati che ci stanno tutti. Le nostre croci e miserie possiamo vederle comprese e consolate da Chi, come noi, ha preso anche su di sé le sue croci e miserie. Davanti alle sofferenze anche noi guardando alla croce possiamo accettarle in silenzio, in obbedienza ai piani che soltanto Dio conosce, sapendo che è sempre Padre che ci vuole bene e trarrà del bene anche dal male.

Ma poi c’è un altro significato che si è affermato soprattutto nel XX secolo. Ossia nella croce vediamo un Dio che in questo mondo si fa debolezza e “uomo per gli altri”.

Direi che questo è un aspetto importantissimo per il cristianesimo anche oggi!

In un mondo dove nessuno pare voglia vivere da adulto occorre ritornare ad essere cristiani se desideriamo che ci siano ancora uomini e donne adulti, ossia capaci di assumersi responsabilità, generare i loro figli e nipoti, generazioni nuove di uomini e donne adulti, di prendere iniziative anche rischiose e controcorrente pur di salvare l’uomo, la terra, il creato … Ebbene, il crocifisso ci mostra la strada per diventare uomini e donne adulti nella Chiesa e nel mondo, persone responsabili. E la strada è “essere per gli altri” fino alle estreme conseguenze rompendo ogni egoismo. Anche quello – sempre in agguato – del vivere la fede a modo mio, a vivere la fede solo per me e considerare la vita e il nostro prossimo altri da me …

Cari amici, davanti alla croce siamo chiamati, per vivere una vita compiuta e bella a convertirci ossia a non pensare di fare di noi qualcosa … quante volte abbiamo pensato anche alle scelte più nobili come a qualcosa che facciamo noi: (mi faccio santo, mi faccio penitente, mi faccio prete, mi faccio suora, mi sposo perché l’ho deciso io …). O, ancora, quante volte pensiamo alle nostre angosce, miserie, ai nostri problemi senza permettere alla punta del nostro naso di guardare il mondo oltre se stessa …

Se desideriamo vivere da cristiani, guardiamo alla croce e lasciamoci trascinare da Gesù che ha vissuto per amore, ha vissuto per gli altri ed è il modello di ogni adulto! L’uomo adulto, infatti, è l’uomo per gli altri così come è un papà, una mamma, un prete, una suora, chiunque quando smette di pensare a sé ma si lascia coinvolgere dal mistero di Dio che soffrendo per l’uomo, per la sua creatura, accetta di soffrire per essa e ama.

Cari fratelli e sorelle, guardando alla Croce impariamo da Dio quale è stata la sua passione che ha sofferto per noi e impariamo a rispondere che la sua passione è stata la passione dell’amore per gli altri, per noi e per tutti.

Guardando a questa passione che ama fino a fare della debolezza umana la misura stessa del suo amore da Dio, chiediamo ora, mentre adoreremo la croce di imparare da Cristo questa misura alta della vita cristiana che è l’amore per gli altri – sempre e ad ogni costo – fino al dono totale di sé, un dono che va sempre oltre … fino a quando anche per noi tutto sarà compiuto e guardando indietro, agli anni della nostra vita vissuta, scopriremo che tutto ha avuto un senso: l’amore! Quell’amore cristiano che si traduce in fatti e che introduce alla pienezza dell’amore: quello che Cristo ci ha insegnato e ottenuto morendo e risorgendo per noi e ci ha affidato poco prima di morire dicendo a Maria indicandogli Giovanni: “Donna ecco tuo figlio” e a Giovanni, indicandogli Maria: “Figlio ecco tua madre” ossia prendetevi cura gli uni degli altri, amatevi, rimanete uniti, andate sempre “oltre” nell’amore e così sarete una vera comunità di cristiani, cristiani sempre in stato di conversione perché non si ama mai a sufficienza. E sempre in stato di perdono reciproco. Cristiani che diventano segno dell’amore misericordioso di Dio per il nostro mondo sempre meno adulto anche se pieno di anziani, sempre meno capace di generare, educare, tirar fuori il bene che c’è nel cuore di tutti purché si sentano amati, capaci di convertire perché innanzitutto sono, siamo convertiti noi all’amore ricevuto gratuitamente da Dio! Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina