Omelia alle Esequie di Mons. Giovanni Tangorra

Palestrina, Cattedrale di Sant’Agapito Martire, Lunedì 2 ottobre 2023

Siamo rimasti tutti colpiti quando una settimana fa è iniziata a circolare la notizia della morte di Mons. Giovanni Tangorra.

Colpiti perché Don Giovanni era relativamente giovane – 68 anni –; perché diversi suoi amici lo avevano sentito alcuni giorni prima del suo decesso, perché è stato trovato solo in casa – domenica 24 settembre – e ricoverato immediatamente presso il Complesso Ospedaliero San Giovanni – Addolorata di Roma nel reparto di terapia intensiva dal quale speravamo uscisse presto. Colpiti perché le nostre speranze umane lunedì scorso sono state contraddette dalla volontà di Dio che ha chiamato a sé il nostro caro Don Giovanni. Colpiti e ancor più addolorati perché – permettetemelo – dopo il suo decesso, senza particolari motivi, abbiamo dovuto attendere fino ad oggi per poter celebrare le sue esequie.

Le esequie di un bravo prete, con un animo buono e raffinato, un uomo che ha messo la sua intelligenza a servizio di Dio e del suo popolo. Da una parte, da buon teologo, investigando continuamente il mistero di Dio e della Sua Chiesa e dall’altra condividendo il suo sapere, il frutto della sua ricerca, con il popolo santo di Dio attraverso numerosissime pubblicazioni, conferenze, lezioni, predicazioni e grande disponibilità al servizio pastorale e all’accompagnamento delle persone.

Don Giovanni era nato a Valenzano, in provincia di Bari, da Francesco e Angela De Marzo il 10 gennaio 1955 in una famiglia numerosa con altri fratelli e una sorella ai quali – in particolare a Nicola con il quale in questi giorni abbiamo condiviso l’attesa di riavere il corpo di Don Giovanni – desideriamo assicurare la nostra vicinanza nella preghiera.

A Valenzano conobbe Mons. Labellarte ed entrò in quella che all’epoca era la Pia Unione “Apostoli di Gesù Crocifisso” fondata dal medesimo Monsignore. Quando la Pia Unione fu trasferita da Bari a Palestrina giunse qui. Fu ordinato diacono dal compianto Mons. Renato Spallanzani, e poi, il 24 giugno 1979 presbitero da San Giovanni Paolo II per la nostra Diocesi.

Rimase a fianco per un certo tempo a Mons. Spallanzani quale suo Segretario, poi esercitò il ministero pastorale in particolare a Labico dove ancora in molti lo ricordano, dove lui aveva conservato profonde amicizie – anche venerdì 22 settembre aveva cenato per l’ultima volta con amici di quel paese che appena appresa la notizia della morte ha voluto mettere a disposizione il loculo dove la sua salma riposerà in attesa dell’ultimo giorno –.

Dopo aver conseguito il Dottorato in Teologia Dogmatica presso la Pontificia Università di San Tommaso – Angelicum di Roma, è stato docente nella Facoltà di Teologia della Pontificia Università Lateranense, come professore incaricato nell’anno 2001-2002 e successivamente come Ordinario sulla Cattedra di Ecclesiologia (2014). Tra gli incarichi mi piace qui ricordare quello di professore presso l’Istituto Teologico di Anagni, di cui è stato Direttore. Invitato presso la Facoltà Teologica Teresianum e l’Istituto Superiore di Scienze Religiose Ecclesia Mater, ricoprendo negli anni incarichi pastorali e di collaboratore per alcune riviste nazionali.

Cappellano di Sua Santità con il titolo di Monsignore dal 2012, si è sempre sentito prenestino senza mai mancare di ricordarmi, ad ogni nostro incontro, che lui era figlio di questa Chiesa, che era disponibile per qualsiasi aiuto che avesse potuto dare anche abitando a Roma per ragioni di insegnamento e inoltre, dal 2013 al 2019, quale Assistente Nazionale del Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale (MEIC) e per molti anni collaboratore, sostenitore e ispiratore accanto a Mons. Domenico Sigalini del Centro Orientamento Pastorale (COP).

A questa Chiesa di Palestrina Don Giovanni ha dato tanto. Ha dato tanto ai cristiani che ha formato, ha dato tanto tramite la Scuola di teologia per i laici della quale è stato ottimo insegnante e poi ha dato tanto preparando, formando, accompagnando i nostri diaconi permanenti.

Don Giovanni era un innamorato di Dio e della Chiesa. E ora, al termine del suo pellegrinaggio terreno, mi piace pensarlo e crederlo – perdonato da ogni traccia di umana fragilità – erede dei beni promessi dal Risorto ai suoi figli in quella nuova Gerusalemme alla quale per tutta la vita Don Giovanni ha anelato.

Sì, perché Don Giovanni è stato consapevole di dove stava andando, di cosa attendeva lui e ai suoi fratelli e sorelle – tutti noi – che formiamo la Chiesa che sulla terra cammina, fatica, prova pena nell’oggi, ma sa dove va, e per questo cammina!

Don Giovanni con l’intelletto, la sua capacità di analisi e di interpretazione dell’intelligenza ha saputo dare ragione alla sua fede e “vedere un Cielo nuovo e una terra nuova”, due poli antitetici – cielo e terra – che il libro dell’Apocalisse da cui è tratta la seconda lettura di questa Messa ci ha presentato. Due termini – cielo e terra – tra i quali si dipana la storia, due termini che non sono solo indicazioni cosmologiche ma, per così dire, due valori teologici: il Cielo è l’ambito di Dio, l’ambito dell’effusione della gloria di Dio. La terra è l’umanità, la vicenda umana, l’ambito in cui l’uomo agisce con tutte le sue contraddizioni. Cielo e terra nuovi, ossia ha saputo vedere e credere che ci attendono cieli e terra nuovi nel senso di “pasqualizzati”, inondati, colmati dall’evento della Risurrezione del Signore.

Ed ora ci piace credere che Don Giovanni, anche grazie alle nostre preghiere di cristiano suffragio, è in questa nuova dimensione, in questa nuova storia, finalmente inondata, colmata del principio della Risurrezione del Signore, dove c’è un nuovo rapporto tra Dio e l’uomo, un rapporto finalmente e totalmente consegnato alla Resurrezione di Cristo. “Perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi”. Ossia questo cielo e questa terra, la storia nella quale siamo immersi fino al collo e che a volte ci esalta e a volte ci stanca e tormenta, dove a volte anche il nostro rapporto con Dio a causa del peccato è fragile, scostante, minacciato dal male, bisognoso di essere tante volte ripreso, non c’è più.

Il mare – ossia il simbolo del male –, la sorgente stessa del male, non c’è più.

Cambia il rapporto tra Dio e la storia, tra Dio e l’umanità.

Potremmo domandarci come ci siamo sicuramente domandati in questa settimana di lutto e dolore: ma dove è ora Don Giovanni?

È in un cielo nuovo ed in una terra nuova! Dove Dio e l’uomo convivranno insieme per sempre.

È nella Gerusalemme nuova. Nella città santa ossia contagiata da Dio, talmente intima a Dio da essere il luogo della espansione, della effusione di Dio, della sua manifestazione, come ampliamento del suo essere.

Don Giovanni ha amato la Chiesa, ha approfondito la sua natura intima, ha spiegato la sua origine e la sua configurazione. Sapeva che la Chiesa terrena vive di questa effusione sulla terra della santità della Chiesa celeste pienamente colmata dal mistero della Risurrezione di Cristo e ha tentato di vivere le relazioni in questo modo. Ma ora mi piace pensare Don Giovanni investito pienamente e per sempre della Pasqua di Cristo che scende come una cascata continua sulla storia personale e comunitaria e ora è scesa su Don Giovanni che già con il Battesimo viveva come in anticipo di questo stato di grazia e ora vi entra per sempre.

Durante la vita, come la fidanzata dell’Apocalisse, anche Don Giovanni ha costruito con la fatica e la pena della fedeltà quotidiana l’abito della sposa pronta per il suo Sposo. Ora ci piace pensare che l’incontro tra lui e il Risorto, tra lui e Dio sia compiuto.

Mi piace pensare che la voce: “Ecco la tenda di Dio con gli uomini!” stia risuonando anche per lui. L’immagine dell’Apocalisse è bellissima. Quasi come a dire che tra Dio e l’uomo è ormai cessata ogni distanza, si è realizzata una perfetta nuzialità.

E cosa accadrà all’uomo, quindi anche a Don Giovanni, grazie a questo incontro con la Pasqua di Cristo? Il testo che abbiamo letto ci commuove: Dio “Asciugherà ogni lacrima dai loro occhi”. Don Giovanni – lo speriamo – in questo momento si sta rendendo conto come ci renderemo conto noi al termine della vita – che ogni nostra pena era conosciuta, che ogni nostro sforzo e fatica erano come custoditi nella memoria di Dio, che ogni nostra lacrima Dio sapeva perché era stata versata … e ora viene ad asciugarla.

Sì, la morte è stata vinta. Non ci sarà più la morte! Tutto il negativo, il passato, il peccato, la sofferenza, grazie a Cristo morto e risorto per noi ormai sono cose passate! Sul trono Dio dice: “Ecco io faccio nuove tutte le cose!”. E ora pare dirlo a Don Giovanni che ha atteso tutta la vita di sentirsi rivolgere queste parole: “Guarda, io sto facendo nuove tutte le cose!”. Ti sto pasqualizzando, ti sto visitando e trasfigurando con la potenza della risurrezione! Accorgiti, caro Don Giovanni, che Lui è l’alfa e l’omega, che Colui a cui hai anelato ora ti fa accedere per sempre nel suo tutto. E ti dà per sempre gratuitamente da bere alla fonte dell’acqua della vita.

Hai avuto sete, hai cercato, hai indagato tutta la vita. Hai cercato con il tuo animo fine e intelligente qualcosa che potesse saziarti. Dio ora si dona personalmente a te come risposta alla tua attesa, al tuo desiderio e bisogno di senso e di felicità.

Alla Chiesa sono dati in eredità questi beni.

Alla Chiesa che hai amato e servito, di cui sei stato membro grazie al battesimo e nella quale hai servito come presbitero e teologo sono promessi questi beni. Per ogni suo componente “Io sarò suo Dio ed egli sarà mio figlio” dice il Signore.

Con la certezza di questa promessa noi in questa Eucaristia rendiamo dunque grazie a Dio per la vita di Don Giovanni che non abbiamo perduto ma che ritroveremo in Dio quando anche noi, al termine del pellegrinaggio terreno, saremo ammessi nella tenda della piena comunione con Lui, al banchetto che Lui ha preparato per noi da sempre e dove sarà servita la vita, la vita eterna, quella vita che Cristo, con la sua passione, morte e risurrezione ci ha donato obbedendo alla volontà di Colui che lo ha mandato: ossia che non perda nulla di quanto Egli gli ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina