Palestrina, Parrocchia di Gesù Redentore, Lunedì 24 febbraio 2020
Carissimi fratelli e sorelle,
quando venerdì mattina è giunta la notizia della morte di Padre Benedetto, molti sono rimasti stupiti. In realtà dallo scorso mese di agosto Padre Benedetto era consapevole della malattia che lo aveva colpito al fegato e proprio nello scorso mese di agosto mi mise al corrente del suo stato di salute e del breve periodo di vita che gli avevano diagnosticato i medici a meno che non si sottoponesse al trapianto del fegato. Trapianto che aveva accettato di fare mettendosi in lista di attesa. Ma … la situazione è precipitata.
In un nostro colloquio nello scorso mese di agosto, quando in un caldo pomeriggio estivo mi rivelò il suo stato di salute chiedendomi riservatezza, ciò che maggiormente mi colpì fu la serenità con la quale mi parlava della sua malattia accettandola come se fosse di un altro. Sì, con il suo fare napoletano, che sapeva smontare i problemi, relativizzare per andare all’essenziale mi disse che accettava serenamente di mettere in conto la possibilità di morire presto. “In fondo – mi diceva – non è questo quello che ogni cristiano attende”? Non è l’incontro definitivo ed eterno con Dio che il cristiano, e ancor più il prete, deve attendere?
Tornai da quell’incontro con una idea precisa di Padre Benedetto. Avevo parlato con un uomo e cristiano autentico. Con le sue fragilità che ammetteva, con il dolore fisico ma anche morale e spirituale che portava poiché vivere la vita comunitaria per lui non è sempre stato facile, ma sicuramente c’era il cristiano che attendeva l’incontro con il suo Signore per il quale ha vissuto, con il quale ha vissuto e la cui gioia che da Lui gli proveniva, ha condiviso durante la sua non lunga vita. C’era in Padre Benedetto la consapevolezza radicata che, come abbiamo ascoltato dall’apostolo Paolo nella seconda lettura, “l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato”. Una consapevolezza che ha alimentato anche in questi mesi la sua speranza in Colui che mai delude!
Padre Benedetto era nato a Napoli 67 anni fa, il 7 marzo 1953. Dopo aver lavorato e insegnato religione nelle scuole pubbliche sentì la chiamata a far parte della comunità dei Discepoli e Apostoli dello Spirito Santo. Dopo aver emesso la Professione Solenne nel settembre del 2009, il 18 agosto 2010 fu ordinato presbitero dal mio predecessore, il Vescovo Domenico Sigalini, nella Cattedrale di Sant’Agapito. Nella sua comunità è stato Superiore e Vicario nonché responsabile del “Centro d’irradiazione per la glorificazione dello Spirito Santo” all’interno di quella più grande opera conosciuta come Potenza Divina d’Amore.
In questo pomeriggio, uniti alla sua famiglia religiosa, ai tanti amici del Centro e dell’Opera dello Spirito Santo, alle Suore Discepole e Apostole dello Spirito Santo, ai suoi parenti, amici e conoscenti, gli diamo l’estremo saluto grati a Dio per ciò che è stato e per quanto, come prete e consacrato, ha saputo seminare tra chi lo ha conosciuto.
Certamente, per certi versi, come spesso capita alle vocazioni adulte, era rimasto un po’ sanamente “laico”, equilibrato e capace di farsi qualche sconto circa gli impegni di vita in comune poiché da tempo accusava stanchezza e fatica. Questo, a volte, lo poteva far apparire un po’ scanzonato e in comunità aveva potuto creargli qualche incomprensione, ma credeva fermamente nella risurrezione e si è lasciato guidare e plasmare dallo Spirito Santo in una preghiera che più che fatta di recita di formule è stata fatta – e ce lo ha dimostrato – con la vita vissuta in obbedienza a Dio che ha amato e servito in attesa del sospirato incontro, continuando ad amare e ad essere contento di essere amato anche se come in ogni famiglia tra componenti della medesima a volte c’è qualche discussione. Sì, ha amato e si è sentito amato fino all’ultimo poiché ha creduto al suo Signore e si è affidato a Lui, ha creduto nello Spirito Santo e come foglia si è lasciato condurre dal suo vento benefico.
Per questa liturgia esequiale non a caso, come brano evangelico, ho scelto alcuni versetti del capitolo 14 di Giovanni.
Qui Giovanni presenta ai discepoli la méta del viaggio che nell’ora della passione e morte di Gesù si è compiuta per il Signore e che è stata la méta anche per Padre Benedetto così come vorrei che oggi – quale sua ultima omelia non pronunciata – rimanesse anche per noi. Per Gesù e poi per i discepoli la méta del viaggio della vita che si compie con la morte è la comunione piena nella Casa del Padre. Essere dove è il Padre è l’unica méta autentica della vita dei credenti e Padre Benedetto questo lo aveva ben compreso. Con questo punto fermo ha accettato la diagnosi della sua malattia, le incomprensioni della vita, il dolore … Lui sapeva che lo attendeva la Casa del Padre e questa attesa che ora si è compiuta lo ha liberato come può liberare ciascuno di noi – nella misura in cui crederà –, dalla paura aprendoci alla speranza.
Gesù nel Vangelo ha parlato di una casa dove ci sono molte dimore. Casa, dimora, sono termini che in greco non si riferiscono alle strutture ma al calore della casa famigliare, dell’intimità che si respira in famiglia e che mi piacerebbe tanto che si respirasse sempre più nella famiglia religiosa alla quale ha appartenuto Padre Benedetto, nell’Opera dello Spirito Santo, nella nostra famiglia presbiterale, nella Chiesa intera! Una dimora dove ciascuno si sente a casa propria – quella dove è entrato il Risorto – perché sa che è in viaggio verso una casa dove c’è accoglienza piena, intima, domestica, confidenziale nella quale auspichiamo che Padre Benedetto sia giunto e preghiamo perché se fosse rimasta in lui qualche traccia di umana fragilità il Signore lo perdoni e lo ammetta in essa.
Sì, chiediamo che Padre Benedetto sia ammesso a quella Casa sicura alla quale si accede per quella via che è Gesù poiché Gesù conosce Dio e conoscendolo può rivelare la Sua verità che è sempre e comunque una verità salvifica. Mentre piangiamo l’umano distacco da Padre Benedetto siamo dunque consolati dal sapere che ha accolto la verità salvifica rivelata nel Figlio e ha trovato così la via, la via che oggi indica anche a noi, per raggiungere la vita.
Padre Benedetto poi ha amato fortemente lo Spirito Santo, si è lasciato avvolgere nel suo viaggio terreno da quell’amore sussistente tra il Padre e il Figlio che sempre viene incontro all’uomo: lo Spirito Santo, il Paraclito che vuol dire “chiamare vicino”, “chiamare accanto”. Il Paraclito che è quell’amore di Dio che nel momento del bisogno resta accanto all’uomo come amico consolatore, avvocato difensore, potente intercessore.
Mi piace pensare, ricordando anche la serenità pur tra le prove di Padre Benedetto, alla sua serenità, a quella serenità che mi manifestò anche mentre mi diceva che gli avevano diagnosticato poco tempo per vivere, e che ha trasmesso a quanti lo conoscevano, ai suoi confratelli compagni di studio ad Anagni, ai suoi professori che in questi giorni lo hanno ricordato e mi hanno parlato di lui, ai membri del presbiterio e dell’Opera che in questi giorni lo hanno incontrato. Padre Benedetto ha accolto la martellante raccomandazione di Gesù: “Se mi amate, osserverete i miei comandamenti” e così anche se l’attesa dell’incontro con l’amato poteva e può anche per noi rallentare la tensione e la vigilanza, lo stare nell’osservanza dei comandamenti, continuare ad amare anche chi a volte non lo ha apparentemente riamato è stata per lui alta scuola per permanere nell’amore, nella comunione con Gesù e per questo ora preghiamo perché tale comunione sia concessa in eterno a Padre Benedetto.
Cari amici affidiamo dunque alla Divina Misericordia l’anima di questo uomo, Padre Benedetto, che è morto a una età oggi relativamente giovane, che poteva dare ancora tanto alla Chiesa. Come lui non è stato turbato anche nei momenti più difficili della sua vita e del Calvario di questi ultimi mesi, anche noi sentendoci ripieni di Spirito Santo, scaldati dalla sua intimità divina di amore, non turbiamoci, proseguiamo nel nostro viaggio pieni di speranza e di fiducia nel Padre e nel suo Figlio sicuri che là dove l’uomo è incapace di rimanere in questa relazione amorosa, lo Spirito Santo Paraclito assicura la sua presenza e il suo sostegno. Spesso non sappiamo nemmeno noi chi siamo; ci basti sapere però che noi siamo Suoi, che Padre Benedetto è stato ed è Suo e quindi non sarà abbandonato nell’ombra della morte.
Con questa certezza, proseguiamo la nostra celebrazione. Per opera dello Spirito Santo il pane e il vino che tra poco deporremo sull’altare come ha fatto tante volte Padre Benedetto diverranno ancora corpo di Cristo dato per noi, sangue di Cristo sparso per noi; corpo e sangue del Signore che donandosi per noi nella notte in cui veniva tradito ci ha salvati per sempre dal peccato e dalla morte, morendo ha dato inizio a quella gloria – la Sua – che desidera sia e divenga sempre più anche la nostra e che noi, oggi, chiediamo a Dio per Padre Benedetto. Amen.
+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina