Omelia in apertura del 250° Anniversario della nascita del beato Stefano Bellesini, osa

Genazzano, Santuario Madre del Buon Consiglio, Domenica 24 novembre 2024

Signor Sindaco, Caro Padre Provinciale, illustri autorità, caro Padre Ludovico, amici tutti qui presenti!

Con questa Messa diamo inizio a un anno particolare durante il quale con varie celebrazioni, momenti di riflessione, iniziative culturali ricorderemo, a 250 anni dalla nascita – nacque esattamente come domani, il 25 novembre 1774 a Trento –, il Beato Stefano Bellesini, che fu Parroco di questa parrocchia della Madre del Buon Consiglio che custodisce le sue spoglie mortali, dal 1826 al 1840.

Diamo inizio a questo anno giubilare durante il quale il Papa ha concesso di poter ottenere l’Indulgenza Plenaria quotidianamente, in un giorno speciale nel quale la Chiesa celebra la Festa di Cristo Re.

Fermiamoci per un attimo a comprendere cosa voglia dire celebrare la Festa di Cristo Re?

Non so se soprattutto i più piccoli sappiano chi è un re? È un uomo che ha molto potere, ha in testa una corona d’oro, in mano uno scettro – segno del suo comando – un ampio mantello sulle spalle, un anello d’oro al dito e siede su un trono.

Ma Gesù non è così. Gesù ha una corona di spine sul capo, invece di uno scettro ha un bastone in mano, ha un mantello rosso come rosso è il suo sangue che ha sparso per amore degli uomini accettando di morire e vincere la morte per noi, per amore nostro! Ha un anello ma che è l’anello della fedeltà all’uomo creatura di Dio che nonostante le sue fragilità, le sue disobbedienze, i suoi peccati contro Dio e contro i fratelli e le sorelle in umanità, Lui continua ad amare. E ha un trono, sì anche Lui ha un trono, il trono della croce sulla quale darà la sua vita per amarci e per farci capire che ciò che Lui ha detto e fatto è vero, che Lui è la verità perché fa ciò che dice e dice ciò che fa. Dice di amare e ama veramente donando se stesso per noi.

Nel Vangelo che abbiamo ascoltato Gesù viene condotto davanti a Pilato. Siamo al termine della Sua vita. Al momento del processo prima della sua condanna a morte. Pilato sente che Colui che gli sta davanti è un uomo speciale ma non può deludere il popolo ebraico che glielo aveva portato davanti per giudicarlo. Aveva sentito dire che si diceva “Re” e quindi Pilato gli chiede: “Tu sei Re?” e Gesù senza paura, pur sapendo che quella risposta lo avrebbe portato alla condanna a morte, risponde: “Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce”.

E quale è questa verità? È la verità di Dio che è amore, di Dio che davanti al male degli uomini non indietreggia ma si affida a loro amandoli sino alla fine, sino a dare se stesso per loro.

È un grande insegnamento quello che viene a noi oggi al termine dell’anno liturgico. Abbiamo celebrato molte feste, dal Natale, alla Pasqua, poi l’Ascensione, poi la Pentecoste, abbiamo ascoltato molti brani evangelici dove Gesù ci ha fatto comprendere come egli venga dal Padre e sia una cosa sola con Lui, venga per amarci, per perdonarci e per insegnarci a condividere con Lui il suo essere re.

E come si fa? Lasciando che Lui regni su di noi. Se Lui è un re che ama, che ci serve sottomettendosi a noi per poi elevarci a Lui allora conviene che Lui che è potenza di amore regni su di noi, cioè ci prenda tutti, ci conquisti sapendo che stare con Lui significherà regnare con Lui. Stare con Lui nel donarsi, nel servire il prossimo, significherà partecipare alla sua vittoria sul male e sulla morte.

Venendo ora al nostro Beato Stefano Bellesini è beato perché ha permesso a Gesù Cristo di regnare su di lui, sulla sua vita. Proprio come, se pure in modi e forme diverse, in tempi diversi, dovremmo fare tutti noi: lasciare che la verità di Dio che è il suo amore assoluto e per sempre regni su di noi, ossia ci conquisti, ci prenda totalmente come conquistò, prese totalmente il Beato Stefano.

Nato a Trento da una famiglia benestante il 25 novembre 1774, a 18 anni entrò tra gli agostiniani e nel 1797 fu ordinato sacerdote. Visse in un periodo difficile per la Chiesa: quello della soppressione dei Conventi da parte delle truppe napoleoniche. Fu così che anche il Convento di San Marco dove viveva fu soppresso e Padre Stefano dovette ritornare a Trento presso la sua famiglia dove però non si arrese. Il Beato Stefano amava molto i ragazzi e i giovani e sentiva forte la missione educativa, ossia di trarre fuori da ciascuno di loro tutto il bene possibile attraverso l’insegnamento delle varie discipline scolastiche, l’esempio della vita, l’insegnamento della religione e delle regole. Fu così che gratuitamente aprì nella sua casa una scuola. La sua opera fu tanto apprezzata anche dalle autorità civili che l’autorità austriaca tornata a governare il Trentino lo nominò Ispettore Generale delle scuole del Trentino.

Un incarico importante, umanamente parlando, ma Lui desiderava vivere da religioso che aveva promesso a Gesù di regnare su di lui attraverso gli impegni di povertà, castità e obbedienza. E così appena seppe che nello Stato Pontificio alcuni conventi avevano riaperto lasciò la carriera scolastica per andare a Bologna e vivere la vita religiosa.

Fu quindi chiamato a Roma dove per alcuni anni fu maestro dei novizi e quindi, nel 1826, venne mandato qui, a Genazzano.

Fu un Parroco eccezionale! Si spese moltissimo per i poveri e per i ragazzi. Volle profondamente bene alla sua gente e dato che aveva permesso a Dio di regnare su di Lui fu così fedele al suo re che non esitò nello stare vicino ai suoi parrocchiani quando furono colpiti dalla peste, a curarli con amore e a morire con loro mentre li accudiva.

Ecco cosa fa un uomo quando permette a Dio di regnare su di Lui, diventa un altro Gesù, un altro uomo che anche se fragile – Gesù era senza peccato – non esita ad amare, a vivere per la verità.

Sant’Agostino lo aveva insegnato. Quanto aveva cercato la verità! L’aveva cercata in tanti modi umani, in tante felicità fatue proprio come fanno anche tanti uomini e donne di oggi. Ma poi comprese che la verità che cercava non era fuori da sé ma nel suo cuore ed era l’amore di Dio che tramite Gesù, morto e risorto per noi, ci è stato riversato nel cuore e se lo lasciamo fare, se gli obbediamo, se ci lasciamo condurre da Lui, raggiungeremo la santità.

Non pensiamo mai che la santità sia per pochi, sia solo per i religiosi, per i preti … la santità è per tutti, per tutti coloro che con il Battesimo hanno permesso a Dio di vivere in loro e che se si sottomettono ad essa, alla sua regalità, non perderanno nulla della loro libertà ma troveranno tutto, troveranno la vera felicità, la felicità che viene dal sentirsi amati e dall’amare con Gesù e come Gesù. Così ha fatto il nostro Padre Stefano che poi fu beatificato – il primo Parroco beatificato nella storia della Chiesa … – da San Pio X nel 1904. Questo religioso e Parroco che anche oggi ci insegna a obbedire a Dio piuttosto che agli uomini, a cercare e rispondere sempre a quella verità che attrae e affascina, che ci invita ad ascoltare la sua voce e a metterla in pratica come con lui hanno fatto tanti altri uomini e donne prima di lui e dopo di lui, che avendo lasciato regnare Cristo su di loro sono stati uniti alla sua passione ma anche alla sua risurrezione e hanno condiviso già in terra e poi per sempre in Cielo la gioia e la beatitudine sia per noi in questo anno un esempio di vita a cui guardare, da imitare sapendo che ogni volta che apprendiamo dalla vita dei santi noi apprendiamo un po’ di Vangelo che loro hanno vissuto e ci sbriciolano affinché sia più facile per noi accoglierlo e metterlo in pratica. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina