Omelia in occasione della Festa di Santa Chiara vergine

Palestrina, Domenica 11 agosto 2024

Nella vita di Santa Chiara di San Tommaso da Celano si narra che Chiara d’Assisi della quale stasera celebriamo la festa, compì un Miracolo con il Santissimo Sacramento ossia riuscì a respingere le truppe saracene assoldate dall’Imperatore Federico II di Svevia che, nel 1240, volevano assediare Assisi.

Entrati alcuni saraceni nel chiostro di San Damiano le consorelle di Chiara si impaurirono e si recarono piangenti dalla loro Madre. “Ella – scrive San Tommaso da Celano – , con impavido cuore, comanda che la conducano, malata com’è, alla porta e che la pongano di fronte ai nemici, preceduta dalla cassetta d’argento racchiusa nell’avorio, nella quale era custodito con somma devozione il Corpo del Santo dei Santi. E tutta prostrata in preghiera al Signore, nelle lacrime parlò al suo Cristo: ‘Ecco, o mio Signore, vuoi tu forse consegnare nelle mani dei pagani le inermi tue serve, che ho allevato per il tuo amore? Proteggi, ti prego, Signore, queste tue serve, che io ora, da me sola, non posso salvare’. Subito una voce, come di bimbo, risuonò alle sue orecchie dal Tabernacolo: ‘Io vi custodirò sempre!’. ‘Mio Signore, aggiunse, proteggi anche, se ti piace, questa città, che per tuo amore ci sostenta”. E Cristo a lei: ‘Avrà da sostenere travagli, ma sarà difesa dalla mia protezione’. Allora la vergine, sollevando il volto bagnato di lacrime, conforta le sorelle in pianto: ‘Vi do garanzia, figlie, che nulla soffrirete di male; soltanto abbiate fede in Cristo!’”.

E sappiamo come andò a finire la vicenda: i saraceni si allontanarono e sia Chiara e le sue Suore e la città di Assisi furono salvate.

Perché vi sto raccontando questo episodio della vita di Chiara?

Perché può aiutarci a comprendere meglio cosa ci dice il Vangelo di stasera.

Gesù aveva appena dichiarato apertamente di essere il pane disceso dal cielo: chiunque ne mangi, non avrà più fame, anzi avrà la vita eterna. Egli dunque è il dono di Dio; di più è Dio stesso: e non stupisce che la folla davanti a tale affermazione rimanga sbalordita. Per noi è ovvio che Gesù sia il Figlio di Dio, il Verbo eterno: ma solo perché non l’abbiamo mai visto in carne ed ossa! Com’è possibile riconoscere l’infinito contratto nello spazio minimo di un corpo? L’onnipotente nella debolezza di un bambino? Il trascendente nell’ordinarietà di un falegname della Galilea? Certo, di recente quel figlio di Giuseppe e di Maria ha compiuto prodigi e segni: ma da lì a riconoscerlo come Dio! Pochi versetti più avanti, Pietro avrebbe confessato che egli è “il Santo di Dio”: come è potuto giungere a una simile consapevolezza? Non forse per i miracoli e gli esorcismi? Sì, anche, ma probabilmente non solo per questi: i discepoli sono stati attratti da una bellezza nuova, che al tempo stesso sentivano di aver conosciuto da sempre. Come proclama il Vangelo di stasera, è il Padre che ci istruisce direttamente (Is 54,13): nell’intimo siamo tutti attratti da Dio, perché da lui siamo stati toccati nell’atto della creazione ed il nostro cuore è inquieto finché non ritroviamo il nostro Creatore, nostra origine (S.Agostino, Confessioni I,1).

Tuttavia anche a questo livello, Dio non è ancora quel Gesù che camminava per le strade di Israele, mangiava e beveva, sudava e rideva; no, piuttosto arriva ad essere una presenza spirituale, che ci tocca attraverso il sentimento della sua presenza, della sua dolcezza, del suo calore. Ora, invece, l’annuncio di Gesù è un altro: il pane, Dio stesso, è la sua carne.

Cari fratelli e sorelle, nel Vangelo di oggi ci viene chiarito che non si conosce Dio attraverso la luce dell’intelletto né per mezzo del calore dell’affetto: i concetti e la gioia, se volete, concorrono alla conoscenza di Dio, le danno corpo; ma da soli non bastano. Occorre che la Parola si faccia carne (Gv 1,14): che la sua carne tocchi la nostra carne. Perché? Perché Dio è amore: la conoscenza di lui allora avviene sotto forma di esperienza di amore. E l’amore è fondamentalmente contatto tra corpi che si accarezzano e si prendono cura l’uno dell’altro. All’amore sono essenziali i corpi (ed infatti alla fine dei tempi la resurrezione sarà della carne): perché l’amore è servizio concreto, lavanda dei piedi, fatti e non parole; ancora di più, perché amore credibile è solo il dono di sé: il fare di sé, della propria carne appunto, il pane dell’amato.

Fin qui il Vangelo di stasera.

Tornando a Chiara, mi piace dunque leggere il miracolo per cui è nota anche nell’iconografia cristiana, non tanto come colei che mostra l’Eucaristia quasi fosse una reliquia che fa scappare i saraceni, ma una innamorata del Corpo di Cristo, una mistica con una storia di amore vivo con Cristo per cui ha saputo chiedere per le sue Sorelle e per Assisi e ha mostrato questo amore, questo intimo rapporto con Cristo che lei viveva anche a chi era venuto con scopi tutt’altro che amorosi.

Sì, Chiara, ha testimoniato con forza e con fede il suo amore a Cristo e l’amore di Cristo a lei e ha saputo così trasmettere l’esperienza dell’amore di Cristo per noi anche ai Saraceni che in tal modo si sono convertiti all’Amore e hanno deposto i panni della ferocia e della guerra.

Cari amici stasera rendiamo grazie a Dio per Chiara d’Assisi chiediamo anche per noi di avere un rapporto intimo di amore con Cristo così come lo ha avuto lei e chiediamo il dono della forza interiore per condividere il nostro rapporto intenso, di preghiera, mistico con Cristo verso i tanti che incontriamo. Non sono Saraceni ma spesso si presentano a noi con indifferenza o con ferocia verso Cristo e i Cristiani. Che sull’esempio di Chiara, con il nostro amore verso Cristo e innervati dal Suo amore possiamo andare senza timore verso di loro per mostrare non una reliquia dell’amore ma l’amore stesso di Gesù, quell’amore che è per noi ed è per tutti affinché lo accolgano e si convertano. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina