Palestrina, Piazza Regina Margherita, Mercoledì 17 agosto 2022
Signor Sindaco, illustri autorità, cari sacerdoti e diaconi, fratelli e sorelle nel Signore!
La scena del Vangelo che abbiamo appena ascoltato si colloca a Gerusalemme negli ultimi giorni di vita di Gesù.
Gesù era nella Città Santa per celebrare la Pasqua ebraica e, per questa celebrazione, erano arrivati anche alcuni Greci; uomini animati da sentimenti religiosi, attirati dalla fede del popolo ebraico e che, avendo sentito parlare di questo grande profeta – Gesù – si avvicinano a Filippo, uno dei dodici Apostoli, chiedendogli: “Vogliamo vedere Gesù!”.
“Vedere” che per l’evangelista Giovanni non è soltanto un vedere esteriore ma significa andare oltre a quanto appare per cogliere l’essenza di una persona, andare al cuore direi.
Ebbene Gesù, informato di questo desiderio dei Greci, risponde dicendo che è venuta l’ora di essere glorificato, ossia messo sulla croce. E spiega anche il perché: “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto”. Come a dire: volete vedere Gesù? Guardate alla croce dove rivela il suo amore massimo. Guardate alla sua morte e risurrezione che sono un atto di fecondità che darà frutto per molti.
Lui, dice ai Greci ma lo ripete anche a noi forse troppo abituati a vedere croci e crocifissi senza pensare al mistero che sulla croce si è realmente consumato, Lui che è Parola, pane e vita, esplica la sua forza vitale quando, come il chicco di grano, cade in terra, muore e così può portare molto frutto.
Ebbene, Gesù che volete vedere, sappiate che è come il chicco di grano, allora, che muore sulla croce. Che muore in quanto uomo ma anche in quanto Dio e quindi dalla sua croce viene la vita, si sprigiona la vita divina che ha in sé.
Se il seme, infatti, fosse egoista, volesse conservarsi, non accettasse di morire, rimarrebbe sterile, perderebbe la sua qualità di seme perché non comunicherebbe vita. Una vita che non si dona, cari amici, è morta!
Mentre invece un chicco di grano, un seme che muore, tanto più se questo seme è Cristo, dando la vita si rivela uguale al Padre, principio di vita per tutti! E i Greci che desideravano vedere Gesù, a Gerusalemme, in quella Pasqua vedranno per primi la fecondità dell’amore.
Chi ama la sua vita – dice Gesù – la perde. Chi rimane nel proprio egoismo, nel desiderio di possedere, arrivare ai primi posti, spartirsi potere e poltrone ma non mettendosi a servizio degli altri, del bene comune, della propria famiglia, della propria comunità, del Paese … in realtà perderà la vita, la sta spendendo male e non solo sarà privato della vita eterna ma anche della felicità di aver speso la vita per qualcun altro, sapendo bene che c’è più gioia nel dare che nel ricevere.
Se invece si sarà disposti ad amare, a perdere la vita, a vivere la vita nella logica dell’amore, allora non soltanto troverà gioia in questa esistenza terrena ma troverà anche la vita eterna!
Ecco chi è Gesù.
Lo vogliamo vedere? Fermiamoci a guardare alla sua croce e impariamo ad amare come Lui sapendo marcire, morire a noi e ai nostri interessi ed egoismi umani e come Lui impariamo a servire, a metterci a servizio di Lui che si è fatto servo per amore e di quanti Lui ha amato e ama: i nostri fratelli e sorelle in umanità. E se seguiremo questa logica del servizio, dell’amore, del dono disinteressato … allora anche noi saremo dove è Lui, e il Padre ci onorerà: ora e nella vita eterna.
Tutto ciò cosa può voler dire nel giorno di Sant’Agapito?
Sappiamo la sua storia: era un giovane brillante della nostra città, nato nel III secolo dopo Cristo, che fu mandato a Roma per studiare il diritto romano. Un giovane che come ogni giovane aspirava al bello, al vero, al giusto, al buono e che grazie alla predicazione di Porfirio lo aveva trovato aderendo alla comunità cristiana che nella croce di Cristo aveva ed ha ancora tutta l’essenza in cui crede e vive.
Fu perseguitato sotto l’Impero di Aureliano per motivi di interesse, direi.
Si volevano infatti eliminare i cristiani, in quell’epoca, non tanto perché cristiani ma perché l’adesione al cristianesimo recava danni economici al sistema imperiale che traeva ricchi benefici dal culto degli dei pagani, dal culto degli dei di Stato. Il cristianesimo, ieri come oggi, dava fastidio perché andava – e se vissuto autenticamente va – contro una logica di interessi mondani che “rendevano” a chi deteneva il potere: lo Stato, ed oggi potremmo aggiungere: i grandi poteri più o meno occulti i quali assoggettano con facilità proprio coloro che dovrebbero invece difendere a partire specialmente dai giovani – il nostro futuro –!
Penso qui alle politiche che sostengono e promuovono leggi contrarie alla legge di Dio e della dignità dell’uomo, della famiglia e della difesa della vita in ogni suo istante, alle lobby del gioco di azzardo, alle catene di chi spaccia droga e alcool, di chi dà soldi a usura. Penso con tristezza e preoccupazione a quanti pur detenendo i grandi poteri dei social e della comunicazione invece di usarli a fin di bene li utilizzano in ogni modo pur di guadagnare mettendo anche a repentaglio la salute psichica e la libertà di pensiero e di scelta dei più fragili.
Il cristianesimo, infatti, ha sempre perseguito e sempre perseguirà la logica dell’amore, del dono disinteressato per il conseguimento del bene comune, dell’educazione che significa tirar fuori da ogni persona il bene che c’è in essa affinché tale bene prevalga sulla tensione al male che pure esiste in ciascuno di noi.
Agapito scelse di aderire a Cristo e anche se minacciato, lusingato dalla magnificenza del Tempio della Dea Fortuna che si ergeva possente e potente sulla nostra antica Preneste non si piegò, non abbandonò Cristo e preferì con Lui e come Lui patire, soffrire, morire. Sappiamo bene quante torture subì prima di morire: senza cibo e acqua per molti giorni, le braci ardenti che gli furono rovesciate addosso, legato ad un albero a testa in giù fu lasciato tra le fiamme senza bruciare anzi, uscendone fuori ricoperto di una veste candida quasi che Dio avesse voluto dare un segno della Sua protezione ad Agapito che soffrendo in tal modo portò altri ad aderire a Cristo. Durante le feste prenestine d’agosto fu posto tra leoni che però non gli fecero nulla e alla fine fu decapitato ma da quel morire per amore di Cristo e della verità partì un flusso di fede cristiana che è giunto fino a noi e di cui siamo eredi.
Attenzione, però, come dicevo poco fa la croce deve rimanere il nostro modello, l’amore crocifisso che Agapito comprese e al quale fu fedele fino alla fine deve rimanere anche il nostro modello, l’oggetto continuo della nostra contemplazione affinché diventi vita incarnata in noi.
Cari amici, Agapito era un giovane. Quale responsabilità in quanto cristiani e adulti vissuti in una cultura cristiana abbiamo oggi verso il mondo dei giovani!
Mi appello qui a tutti voi: ai politici, a chi amministra la cosa pubblica, a chi detiene potere, a chi ha il compito bellissimo ma anche arduo di educare! Non permettiamo che la cultura di morte che pare così diffusa prevalga su di loro. Che per amore di interessi o per disinteresse al bene comune e delle singole persone in genere non siano contrastati tutti i luoghi e mezzi che allontanano i giovani dai loro grandi ideali, per spingerli a vivere in una indifferenza da Dio e da tutto ciò che parla di amore e che li disabitua ad amare, a vivere la vita come vocazione, a formarsi una famiglia unita, perseverante nell’amore anche tra le difficoltà, tra le inevitabili prove … Facciamo rete non a promesse mai mantenute ma con i fatti per aiutarli a trovare Cristo, a sperimentare la bellezza delle relazioni reali dove è più facile incontrare Cristo e sperimentare il suo amore rispetto al mondo virtuale che ci vuole isolare, separare per inculcarci ciò che preme economicamente soltanto ad alcuni.
Educhiamo i giovani, in questo mondo inquieto, ad amare e rispettare la terra ed il creato in quanto dono di Dio all’uomo perché ne usi ma non perché lo sfrutti. Insegniamo ad amare la famiglia fatta da un uomo e una donna e aperta al dono della vita! Insegniamo al contempo a rispettare tutti ma sempre distinguendo ciò che è secondo Dio e ciò che non lo è. Educhiamoli a non spegnere i grandi sogni di bene che i loro cuori possiedono. Favoriamoli ed aiutiamoli a comprendere che la vita è bella, è degna di essere vissuta, che ogni tipo di lavoro è edificante, offriamo loro la possibilità di apprendere il bene e il bello. Educhiamo alla pace, al dialogo, alla giustizia, all’accoglienza delle diversità ma sempre conservando la coscienza della Verità. Quella Verità che ha un nome ed un modello solo: Gesù Cristo, che è morto e risorto per noi. Che Agapito ha seguito e che domanda anche a noi di seguire e testimoniare, come lui, senza paura e tentennamenti, sicuri che “Se uno mi serve – come dice Gesù – il Padre lo onorerà”. Amen.
+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina