Omelia in occasione della riapertura al culto della chiesa di San Biagio vm in San Vito Romano

San Vito Romano, Chiesa di San Biagio Vescovo e Martire, Martedì 31 maggio 2022

Carissimi fratelli e sorelle,

sono lieto di essere con voi per restituire al culto dopo i lavori di restauro architettonico questa bella chiesa, a voi tanto cara, di San Biagio Vescovo e Martire. Una chiesa che dice una presenza fin dalla sua fondazione risalente al 1200, che vide poi una ricostruzione tra il 1607 e il 1609 grazie alla volontà e alla munificenza del Marchese Theodoli, Marchese di San Vito. E che dopo altri lavori di ristrutturazione e restauro fu consacrata a Dio nel 1777 da Mons. Pietro Ruggeri, Vescovo di Ruvo, in onore della Madre di Dio e di San Biagio, compatrono della vostra città. Oggi, grazie all’impegno della Curia diocesana e al cospicuo aiuto proveniente dall’8 per mille destinato dalla CEI per i restauri delle chiese e dalle generose offerte di molti di voi, la chiesa vi viene restituita affinché sia per tutti luogo di ascolto della Parola, celebrazione dell’Eucaristia e degli altri sacramenti, casa dalle porte aperte affinché tutti possano entrarvi per pregare, per incontrarsi con Dio e ripartire per essere Chiesa nel mondo, testimoni del Risorto nella nostra epoca ove occorre ridare segni di speranza cristiana.

Per quest’opera dovrei ringraziare molti: il Parroco e i parrocchiani, i tecnici, l’impresa esecutrice dei lavori, l’Ufficio Tecnico e per l’Edilizia di Culto della nostra Curia. Non è stato semplice giungere a questa data anche a causa della pandemia ma ringraziamo Dio per quanto oggi stiamo vivendo.

Per la riapertura della vostra chiesa ho scelto il giorno in cui la Chiesa fa memoria della Visitazione della Beata Vergine Maria. Maria che va in visita a Elisabetta, sua parente, rimasta incinta in età avanzata. E quando Elisabetta riconosce che ciò che Maria porta in Lei è il Messia atteso, è qualcuno che fa sobbalzare di gioia il figlio che porta in grembo – Giovanni – che aprirà la strada a Gesù con la sua predicazione profetica ed indicandolo presente nel mondo. Maria dice: “L’anima mia magnifica il Signore”. Parole che corrispondono a quelle che il suo antenato Davide aveva fatto per accogliere l’arca di Dio e stabilirla nella sua città: Gerusalemme.

Davide radunò tutto il popolo, trasportò l’arca da Gat fino al luogo che aveva preparato in Sion, e questa sua grande impresa produsse grande gioia ed esultanza in tutto il popolo di Israele.

E così Maria che accolse Gesù nel suo grembo ed Elisabetta che accolse Maria – portatrice di Gesù – nella sua casa.

In fondo riaprire una chiesa alla quale siamo affezionati, a cui è legata la nostra storia, significa accogliere Dio in una casa tra le nostre case. Ma vorrei che indicasse per tutti noi accoglierlo nella nostra vita, metterlo al posto di onore in noi.

Se ci guardiamo noi non siamo certamente Maria, siamo fragili, peccatori ma abbiamo tutti una vocazione bellissima: quella di accogliere Dio in quel tempio di pietre vive che non è tanto la chiesa edificio ma ciò che essa rappresenta, ossia ciascuno di noi personalmente e comunitariamente.

Accogliere Dio in noi è la nostra bellissima vocazione. Una vocazione non facile, però, perché noi siamo sempre più portati a servirci di Dio che ad accoglierlo. Vogliamo le chiese, le vogliamo restaurate, ma la nostra fede rimane ancora troppo spesso bambina. Fatta di un ripetere cose, azioni, ma spesso che non toccano né il nostro cuore né quello altrui. Viviamo un cristianesimo del “si è sempre fatto così” che spesso ci impedisce di accogliere Dio come lo accolse Maria o come lo accolse Elisabetta accogliendo la visita della cugina che portava in grembo Gesù.

Quante volte noi veniamo in chiesa, preghiamo Dio ma poi rimaniamo chiusi nelle nostre preoccupazioni, nei nostri interessi più o meno egoistici …

Diciamo di accoglierlo ma spesso lo accogliamo senza farlo entrare, lasciandolo sulla porta del nostro intimo.

Accoglierlo significa dargli il primo posto, riceverlo non come uno di cui ci si vuol servire ma che desideriamo servire, con tutto l’onore, con la gioia, la danza … proprio come ha fatto Davide accogliendo l’arca a Gerusalemme.

E per accogliere Dio in noi occorre restaurarci. Risistemare la nostra anima, sbarazzarci dei nostri limiti, chiusure … o almeno provarci. Affinché Lui, soltanto per sua grazia e non certo per i nostri meriti, se vedrà il nostro cuore spalancato affinché giunga a noi la salvezza, verrà e mentre penseremo di essere noi a servirlo sarà Lui con il suo amore e la sua misericordia infinita a servire noi.

Come Maria accolse il Signore non per servirsene ma per servirlo e ciò suscitò in Lei esultanza, gioia, canto! Vedete, quando l’accoglienza di Dio è totale, non si può rimanere tristi, senza speranza. Accogliendo Dio si canta. E stasera il fatto che tra queste mura torni la presenza eucaristica di Gesù, possa ritornare a risuonare la Parola di Dio, si possa tornare a pregare deve far nascere in noi la gioia dell’accoglienza in noi Chiesa di pietre vive Colui che solo dà gioia e speranza, che ci fa cantare il nostro Magnificat anche in mezzo a una storia come è quella nostra che stiamo attraversando.

Ma la festa ed il Vangelo di oggi ci dicono anche un’altra cosa.

Che per accogliere qualcuno dobbiamo uscire da noi stessi.

Papa Giovanni Paolo II tanto spesso ripeteva alle parrocchie e alla Chiesa di Roma una frase che vorrei ripetere anche a voi stasera. Diceva: “Chiesa di Roma … Parrocchia di … cerca e trova te stessa al di fuori di te stessa!”. Papa Francesco ci invita a essere Chiesa in uscita. Ossia, per accogliere qualcuno occorre uscire da se stessi.

Maria esce dalla sua casa per andare da Elisabetta. Per far riconoscere ciò che in Lei si è compiuto fa della strada per andare da Elisabetta. Esce verso … E così Elisabetta per andare incontro a Maria esce dalla sua casa. Con tutti i problemi che avrà avuto essendo rimasta incinta in tarda età esce da se stessa, dai suoi problemi, per andare incontro a Maria per riconoscere la grazia di cui è piena: “Benedetto il frutto del tuo grembo!” “Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore ha detto”.

Maria si sente veramente accolta dalla cugina e, da parte sua, aveva accolto la parola dell’angelo riguardante la cugina e va da lei come da una persona a sua volta benedetta da Dio.

Come sarebbe bello se reimpossessarsi di questa chiesa ci aiutasse a capire che essere Chiesa significa accoglierci a vicenda, che accogliere gli altri è sempre accogliere ciò che Dio opera in loro, è accogliere la loro vocazione profonda. Anche questo ci chiede di sforzarci perché noi guardiamo gli altri sempre secondo le nostre prospettive invece la Chiesa è fatta di fratelli e sorelle che si accolgono a vicenda anche se diversi tra loro, anche se i progetti di Dio che ciascuno vive sono diversi. Ed accogliendoci ci aiutiamo a vivere ciascuno il progetto che Dio ha per Lui. Non ad essere uguali ma complementari e nello stesso tempo tutti utili e preziosi gli uni per gli altri tanto più quanto più ci apriamo ai progetti di Dio e ci aiutiamo vicendevolmente ad aprirci ad essi.

Riaprire una chiesa significhi proprio aprire i nostri cuori vicendevolmente e verso tutti coloro che non vengono o si sono anche allontanati dalla Chiesa. Non dobbiamo rimanere chiusi in noi stessi o nel tempio e poi fuori non ci apriamo a nessuno. Se rimaniamo chiusi in noi stessi rischiamo di pensare di essere aperti a Dio solo perché veniamo in chiesa … ma se non ci apriamo agli altri, non entriamo in relazione con loro, non lo ascoltiamo, e se no accogliamo la Parola di Dio che ci spinge verso gli altri nella carità, noi rimarremo illusi di essere cristiani ma senza esserlo in realtà. Dio si manifesta tramite gli altri e la Chiesa deve essere la comunità che esce da se stessa, si apre a Dio e si apre quindi al prossimo per divenire la comunità dei figli di Dio, dei fratelli e sorelle del Signore Gesù.

Che la Madonna, in questo giorno, ci aiuti ad aprire non soltanto una struttura ma soprattutto il nostro cuore per saper accogliere in noi Dio come fece Lei e per saperlo portare al mondo come fece Lei perché piena della grandezza di Dio non poteva contenerla ma doveva cantare – come dobbiamo cantare noi con la nostra vita – doveva cantare il Magnificat! Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina