Tivoli, Chiesa di San Vincenzo Martire, Venerdì 20 maggio 2022
Carissimi fratelli e sorelle,
dopo oltre trent’anni di chiusura per inagibilità: crollo del tetto, della volta a crociera, lesione della facciata principale, degrado crescente, sono lieto oggi di ridare alla nostra città e diocesi questo edificio di culto che per molti anni è stato il “Teatrino di Tivoli”. In realtà una delle più belle chiese della città il cui restauro architettonico ed artistico è stato reso possibile grazie all’8 per mille destinato dalla Conferenza Episcopale Italiana per l’edilizia di culto e a un cospicuo lascito testamentario del Canonico Don Mario Renna che desiderava fortemente vedere questo giorno e che ha custodito una somma che aveva raccolto quando era Parroco di Sant’Andrea insieme ad alcuni suoi amici e collaboratori.
Riapriamo e benediciamo questa chiesa in un giorno particolare per la nostra città: San Bernardino da Siena a cui è dedicato il nostro palazzo comunale e che ha sicuramente predicato nella nostra città passandoci mentre si recava all’Aquila dove morì il 20 maggio 1444. Una morte che avvenne nonostante non riuscì a predicare per unire le fazioni avverse della città ma dal cui cadavere continuò a sgorgare sangue finché le due fazioni si pacificarono. La presenza di San Bernardino da Siena nella nostra città è testimoniata anche dai tanti stemmi con il monogramma del Santo Nome di Gesù “IHS” ancora visibile sui portali di molti palazzi nobiliari che dopo il passaggio del Santo predicatore rimossero il loro stemma nobiliare per dare posto al monogramma del Santo Nome di Gesù: il vero nobile, il perfetto nobile da seguire e da accogliere nella vita! Così come lo hanno accolto tanti Santi e Sante a partire da Santa Sinforosa e i suoi figli, martiri sotto l’Imperatore Adriano dei quali si dice che si rifugiarono nella cisterna romana posta sotto l’altare di questa chiesa, e San Vincenzo Martire che non esitò a dare la vita durante le persecuzioni dei cristiani da parte di Diocleziano.
Alla luce del Vangelo che abbiamo ascoltato vorrei però ora fermarmi per sottolineare la funzione che desidererei avesse questa chiesa che sarà non solo e non tanto adibita al culto ma anche a incontri di dialogo, di riflessione sul rapporto tra fede e cultura, di formazione e di esercizio della carità intellettuale e pratica che auspico tanto che nella nostra città e Diocesi si respiri maggiormente. Che vorrei fosse come una “agorà” dove la Chiesa e i cristiani possano dialogare tra loro e con quanti desiderano conoscere e comprendere la vita cristiana, ciò che ci caratterizza, avere qui dei confronti, degli approfondimenti che partano caso mai dalla presentazione di un libro, l’incontro con un pensatore, una mostra d’arte, dei fratelli e sorelle di altre religioni … per comprendere anche come nella città tutti dobbiamo imparare a vivere da fratelli, ad ascoltarci, ad amarci e rispettarci vicendevolmente, a perdonarci, a costruire insieme anche una città migliore per chi vi abita e per chi viene a visitarla.
Vorrei che da questa chiesa la cui fondazione risalirebbe al 1286 ed il suo rifacimento al 1860 venisse un impulso alla città – a partire da chi è e chi si dice cristiano – nel riscoprire cosa significhi esserlo, cosa significhi essere appartenente al popolo dei figli di Dio che sanno amare come Gesù ha amato e come San Bernardino anche oggi predicano con la propria testimonianza il Santo Nome di Gesù, Lui, il Salvatore degli Uomini!
Il Vangelo che guida questa liturgia ci fa ascoltare per due volte il comando del Signore: “Che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amato”.
Già prima, Gesù, riferendosi all’Antico Testamento aveva detto che ci sono due comandamenti: quello di amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente e quello di amare il prossimo come se stessi. E se è già tanto amare il prossimo come se stessi, nel Vangelo odierno il Signore chiede molto ma molto di più: “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati”. Amare gli altri come Gesù ci ha amati! Questo è l’amore cristiano! E sappiamo bene come Gesù ci ha amati: fino a dare se stesso per noi sulla croce considerandoci anche se nemici e traditori, Suoi amici: nemmeno servi!
Un servo, spiega infatti Gesù, non conosce i segreti del suo padrone. E invece Gesù ci fa entrare nella sua intimità, ci fa conoscere i segreti della sua famiglia, possiamo dire, se lo vogliamo: “Tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi”.
Ecco l’amore pratico che vorrei che da qui partisse e si esercitasse nel dialogo con tutti. Ecco cosa vorrei che fosse d’ora in poi questo luogo: luogo di apertura agli altri, luogo dove gli altri possano conoscere i nostri segreti ossia la nostra intimità con il Padre – sempre che ci sia – e conoscendoci e conoscendo il nostro rapporto con Dio molti altri possano condividere con noi i loro segreti, le loro cose più intime, il loro modo di vedere e pensare la vita affinché l’amore forte e delicatissimo di Gesù possa conquistarli e rinnovare così la fede di tutti che da “tradizionale” deve diventare sempre più autentica, coraggiosa, forte, estroversa!
“Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”. È il modello dell’amore cristiano, dell’amore di un uomo-Dio crocifisso e risorto, che per noi è andato al sacrificio estremo dando la sua vita.
Amare così è la nostra vocazione! Ci potrebbe fare paura. È troppo! Ma se non ci arrendiamo davanti all’amore di Gesù per amare come Lui non si affermerà mai il cristianesimo. I primi cristiani dicevano che occorre che amiamo gli altri più della nostra vita.
Che da questo luogo e in ogni parrocchia, comunità cristiana, gruppo, ecc. parta tale desiderio. Il desiderio di vivere la vocazione cristiana che è vocazione all’amore.
Verso la fine del brano evangelico ascoltato Gesù ci dice che non siamo noi a scegliere Lui ma che è Lui che sceglie noi perché una volta costituiti cristiani in virtù del battesimo, della Cresima e dell’Eucaristia, andiamo nel mondo e portiamo frutto e questo frutto rimanga. Non pensiamo che sia una frase riservata solo per i Vescovi e i preti ma è per tutti.
Questa chiesa fa parte della storia di Tivoli. La storia la facciamo tutti purché tutti accettiamo di vivere fino in fondo la nostra vocazione. E siccome in maggioranza siamo battezzati dobbiamo comprendere che il Signore, non per nostro merito, ci ha scelti, ci ha amati e ci ama donando la sua vita, ci ha amati e ci ama chiamandoci e trattandoci non da servi ma da amici, affinché comprendendo questo anche il comando che ci dà non è comando di un autorità “altra” da noi ma è condivisione della Sua intimità, condivisione del Suo amore affinché respirando amore anche noi lo diffondiamo nel mondo intero.
Che questa chiesa-luogo di incontro e di ascolto ci aiuti, soprattutto in questo momento della storia, a tessere legami di amore, di pace, di dialogo dove senza annacquare le nostre identità e la Verità in cui noi cristiani crediamo, tutti ci poniamo in ricerca di ciò che unisce piuttosto di quanto ci divide divenendo così costruttori della civiltà dell’amore, quella civiltà che il cristiano è chiamato a costruire per vocazione e alla quale possono partecipare tutti perché il bene comune, la pace sociale, il rispetto vicendevole, l’incontro e il dialogo sono alla fine ciò che tutti cercano. Forse cercano senza dare ad esso il nome di Gesù, quale Santo Nome che noi sappiamo stare alla base di tutto e che desideriamo ardentemente far conoscere a tutti con uno spirito da amici, con l’amore verso il prossimo che tenda continuamente ad essere come quello di Gesù. Amen.
+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina