Palestrina, Cattedrale di Sant’Agapito, Sabato 31 agosto 2019
Carissimi fratelli e sorelle,
la nostra Chiesa si arricchisce oggi di un nuovo dono: Franco Ferro viene ordinato diacono in vista del presbiterato.
Franco riceve il primo grado dell’ordine sacro, e il sacramento dell’ordine imprime il carattere e il carattere, così come avviene per il Battesimo e la Cresima, non è qualcosa che si perde ma che rimane per sempre. Leggiamo nel Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica che il carattere sacramentale “è un sigillo spirituale, conferito dai sacramenti del Battesimo, della Confermazione e dell’Ordine. Esso è promessa e garanzia della protezione divina. In forza di tale sigillo il cristiano è configurato a Cristo, partecipa in vario modo al suo sacerdozio e fa parte della Chiesa secondo stati e funzioni diverse. Viene quindi consacrato al culto divino e al servizio della Chiesa. Poiché il carattere è indelebile, i Sacramenti, che lo imprimono, si ricevono una volta sola nella vita” (CCCC 227).
Con il conferimento dell’ordinazione diaconale Franco viene così configurato a “Cristo servo”. Una configurazione che non si dovrà mai perdere né si perderà quando, a Dio piacendo, ricevendo l’ordine del presbiterato, sarà configurato a “Cristo capo” così come non cambia, con l’ordinazione diaconale o presbiterale l’essere figli di Dio, quella figliolanza che ci viene dal Battesimo, come non cambia – pur chiamati ad esercitare il sacerdozio ministeriale – anche la partecipazione al sacerdozio comune dei fedeli.
È dunque importante che Franco riceva il diaconato non tanto per ciò che da oggi in poi potrà fare nella Chiesa: proclamare il Vangelo nella liturgia, predicare, amministrare i sacramenti del Battesimo e del Matrimonio … ma soprattutto perché con la sua vita donata, consacrata a Dio e ai fratelli egli ricordi a tutti che Gesù non è venuto per essere servito ma per servire, che ci ha salvati e ci salva dal peccato e dalla morte eterna facendosi nostro servo. Un servo – Gesù – che non ha tanto bisogno di predicatori della Parola ma di testimoni che vivano e predichino il servizio con la propria testimonianza. È bello ricordare a proposito quanto Francesco d’Assisi raccomandava ai suoi Frati: “predicate sempre il Vangelo e, se fosse necessario, anche con le parole” (cfr Fonti Francescane, 43).
Non è dunque una meta quella che Franco raggiunge oggi, non è una promozione secondo il pensiero degli uomini, ma è la sua configurazione totale e per sempre a “Cristo servo” affinché con il servizio possa rispondere a Colui che per primo si è fatto nostro servo per amore, che per amore lo ha chiamato a seguirlo per la via che lo condurrà al sacerdozio e possa attrarre tanti – a partire dai più poveri – a Dio! Il mio parroco amava ripetermi quando diventai diacono che il diacono è colui che “scodella la minestra ai poveri” … ebbene è quanto oggi mi piace dire a te e ricordare a me e a tutti i sacerdoti e diaconi qui presenti perché non ce ne dimentichiamo mai!
La Parola di Dio che la liturgia di questa domenica ci propone ci aiuta ad approfondire il “come” del tuo servizio. Certamente la Parola di Dio chiede a tutti di essere osservata, praticata, ma lo chiede in particolare a te, questa sera, caro Franco che tra poco riceverai tra le mani il Vangelo con l’esortazione ad annunciarlo credendo sempre a ciò che proclamerai, a insegnare ciò che hai appreso nella fede e a vivere ciò che insegnerai.
In un mondo dove tutti scelgono i primi posti, ciò che pare essere a loro più conveniente … in un mondo dove la parola competizione diventa sempre più stile di vita, dove pare che solo chi vince sugli altri sia una persona felice e realizzata … Gesù propone uno stile di vita diverso: “Non metterti al primo posto” ma ‘va’ a metterti all’ultimo posto” affinché quando entrerà nella sala da pranzo colui che ti ha invitato ad un banchetto ti dica: “Amico, vieni più avanti!”
Parrebbe una buona regola di educazione. Sicuramente lo è. Ma Gesù non è Mons. Della Casa, non è un maestro di galateo. Gesù dice a te stasera, caro Franco, ma dice a ogni cristiano “Và a metterti all’ultimo posto” perché quello è il posto di Dio, è il posto che Gesù ha scelto per salvare l’uomo. Egli è nato all’ultimo posto, in una situazione provvisoria, in una mangiatoia di una stalla a Betlemme … egli è morto fuori di Gerusalemme, della morte più infamante, quella della croce. E quando ci ha voluto lasciare se stesso nell’Eucaristia ci ha lavato i piedi come facevano gli schiavi di casa agli ospiti che invitati a cena arrivavano con i piedi impolverati dalla terra della strada. Ha lavato i nostri piedi come servo – profezia di come ci avrebbe servito il giorno dopo il primo Giovedì Santo della storia morendo sulla croce per noi – e ci ha detto: “Voi mi chiamate maestro e Signore e dite bene perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri” (cfr Gv 13).
Gesù dunque chiede a te e tramite il tuo ministero interpella e dovrà sempre interpellare tutti noi, di metterci all’ultimo posto, ma per un motivo chiaro: per essere chiamati “Amico”. Sì, per essere chiamati amici da Gesù occorre farsi umili, piccoli, servi altrui, metterci all’ultimo posto e così Lui ci chiamerà amici!
Caro Franco sii sempre amico di Dio, amico del Maestro che ti chiama a conformarti a Lui nel servizio. Coltiva sempre questa amicizia in una vita casta e donata soltanto e totalmente a Lui e al suo popolo, nella preghiera costante che ritmi il tempo delle tue giornate, in un servizio generoso verso tutti come risposta di amicizia a questo grande Amico che desidera essere riamato nei poveri, negli ultimi in coloro che hanno fame e sete di giustizia!
Sempre nel Vangelo odierno Gesù ribalta un altro nostro modo di pensare ed agire. Noi in genere quando facciamo qualcosa cerchiamo sempre di vedere cosa ci renderà di più. Fare un favore a uno che ci potrà ricambiare è molto più facile che farlo a chi non ha nulla, a chi è povero e viene soltanto a chiedere. E qui vorrei che per poveri non pensassimo soltanto a coloro che sono poveri di mezzi – e sicuramente oggi sono tanti e bussano alle nostre porte che dobbiamo aprire sia che vengano da vicino sia che vengano da lontano – ma sono anche i poveri di cultura, di educazione, sono i tanti che ignorano Dio e quanto di bello e di buono possa dare all’uomo e al mondo. Poveri sono coloro che vivono come se Dio non esistesse, che cercano la felicità a poco prezzo trovando in realtà soltanto delusione, maggiore povertà, vuoto interiore, scontentezza nella vita …
Ebbene, Gesù dice di invitare alla tua mensa, alla mensa di noi cristiani, proprio i poveri, gli storpi, gli zoppi, i ciechi … e così, amando di puro amore, di un amore generoso e vero perché non punta a una ricompensa, a una reciprocità, sperimenterai e sperimenterà ogni cristiano che almeno ci proverà, la beatitudine! Quella beatitudine che è partecipazione alla beatitudine di Gesù il quale ha amato senza pretendere di essere riamato, che ha donato se stesso e che noi riamiamo soltanto perché ci ha amato non perché ci chiede o ci impone di amarlo!
Noi purtroppo siamo prigionieri di una vita fatta di scopi. Noi amiamo per essere riamati … preghiamo per ottenere qualche grazia … facciamo opere buone per essere ricordati, perché mettano una targa con il nostro nome da qualche parte e ci ricordino come benefattori … Ma questo non è amore puro, dono puro, preghiera pura … non rende beati …
Soltanto quando amiamo, preghiamo, facciamo la carità senza pretese … allora siamo liberi, beati, gioiosi, felici. E possiamo sperimentare l’amore di Dio per noi, l’amore che Lui ha per chi dona con gioia.
Gesù nel Vangelo vuole che ci facciamo servi, che amiamo, che mettiamo la nostra vita a disposizione gratuita non di chi ci è già amico, di chi è fratello o parente o un ricco vicino per avere il contraccambio, ma poniamo la nostra vita a disposizione gratuita di chi è povero, storpio, cieco, zoppo … insomma di chi è ultimo. Così saremo beati, così sarai beato perché agirai come agisce Dio e sarai sicuramente riamato da tanti, molti di più di quanti siano i cerchi ristretti dei nostri amici, parenti, ricchi vicini che hanno qualcosa da darci in cambio. Diverrai amico di un popolo intero, il popolo dei tanti poveri che abitano il mondo e tra questi, in fondo, ci siamo un po’ tutti … Diverrai amico e gioirai perché sperimenterai anche quella paternità che tutti, anche noi celibi, siamo chiamati ad esercitare allargando il cerchio d’onda del nostro amore.
Ed infine, caro Franco, un’ultima considerazione.
Come fare ad amare? Ti potresti chiedere?
La sapienza del libro del Siracide che abbiamo ascoltato come prima lettura ci aiuta a rispondere: compi le tue opere con mitezza e sarai amato più di un uomo generoso. Quanto più sei grande fatti umile, cioè come la terra che accoglie tutto ciò che vi cade sopra anche tu fatti umile affinché Dio possa rivelarti i suoi segreti e tu possa viverli ed insegnarli praticandoli e così tu possa glorificare Dio con la tua vita.
Ed ancora sii sempre in atteggiamento di ascolto attento, empatico, vicino a quanti verranno a te per aprire il loro cuore. Che nessuno si allontani da te con l’impressione di non essere stato ascoltato, con l’impressione di non aver trovato un cuore aperto e capace di donargli amore, di gioire o di piangere con lui.
Caro Franco, questo ti auguro per la tua vita che da oggi si consacra a un titolo speciale a Cristo e ai fratelli. Maria Santissima, l’umile per eccellenza e per questo beata, la donna dell’ascolto, la povera serva di Dio che pochi giorni fa abbiamo celebrato assunta in Cielo proprio perché ha permesso a Dio di entrare nel mondo e di salvarci, interceda sempre per te e ti sia Madre che sempre sappia indirizzare la tua vita, sì, come la veneriamo in questa terra prenestina sia per te Madre del Buon Consiglio! Amen.
+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina