Omelia nel X Anniversario di attività del Consultorio Familiaris Consortio

Villanova di Guidonia, Parrocchia di San Giuseppe Artigiano, Domenica 5 marzo 2023 – II Domenica di Quaresima

Cari amici,

in questa Santa Messa rendiamo grazie a Dio per i dieci anni di vita del nostro Consultorio, per quanti in esso vi hanno operato e vi operano e per quanti hanno fruito dei servizi da esso offerti, per i tanti che hanno bussato in questi anni alle sue porte trovandovi accoglienza, ascolto, accompagnamento, aiuto.

Non abbiamo voluto celebrazioni particolari in questa occasione ma abbiamo sentito la necessità di ritrovarci insieme intorno all’altare per ascoltare la Parola di Dio e condividere ciò che sostiene il nostro cammino nella vita: l’Eucaristia.

Ci soffermiamo dunque sul Vangelo di questa seconda domenica di Quaresima che ci invita a guardare a Gesù in cammino verso Gerusalemme dove egli sa bene che sarà rifiutato come annunciatore del Regno e conseguentemente sarà condannato a morte.

I discepoli lo seguono ma con molto timore e paura per il fallimento preannunciato del loro Maestro.

Gesù, allora, prima degli eventi tragici della passione vuole dare loro un segno di consolazione, di gioiosa speranza. Mostra ai discepoli come Lui sia in comunione con il Padre. Il Padre dice di Gesù: “questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento”. Parole che per Gesù sono sicuramente di consolazione e come una iniezione di forza nella prova che sta per attraversare e per i discepoli sono una luce che sostiene e dovrà sostenerli in modo particolare quando verrà il momento della Passione e morte del loro Maestro.

Ancora: Gesù davanti a Pietro, Giacomo e Giovanni – tre discepoli poveri, fallimentari se pensiamo alla loro fede piccola piccola: sappiamo infatti come Pietro lo tradirà davanti a una serva nella notte del processo e Giacomo e Giovanni sono i discepoli che mentre seguono Gesù che va verso la croce si domandano chi sarà il più vicino nel suo regno e addirittura fanno intervenire la madre perché i suoi figli abbiano i primi posti vicino a Gesù in un Regno che immaginano mondano, di questa terra –. Ebbene, davanti a questi poveri e piccoli discepoli, Gesù si mostra trasfigurato.

Matteo sottolinea “fu trasfigurato” come dire che chi trasfigura è Dio. Che vuole trasfigurare il Figlio con la risurrezione di cui è anticipo la luce e la veste luminosa, bianca con cui è rivestito nella trasfigurazione e che un giorno – questo stesso Dio – trasfigurerà ossia cambierà forma anche a noi, anche a chi avrà creduto in Lui.

Gesù dà ai suoi discepoli un segno di consolazione così bello che Pietro vedendo la manifestazione di Gesù chiede di fare tre capanne una per Gesù stesso, una per Mosè e una per Elia. Tre capanne. Capanne che rimandano alla festa delle capanne che era la festa della luce, della gioia. Ebbene Pietro vorrebbe come azzerare il tempo per fermarsi nel cammino della vita dietro a Gesù, a quel momento di pienezza quasi dimenticandosi che è solo nel compimento dell’eternità che questa pienezza di gioia, di luce, di vita, di bello, si darà.

Tuttavia la richiesta di Pietro ci svela anche un’altra cosa che dobbiamo sempre tenere presente. Che nei momenti di desolazione, di difficoltà bisogna tenere ferma la memoria ai momenti di consolazione, perché quella luce rischiari il buio che si sta attraversando.

Poi una nube, ossia la presenza della gloria di Dio, avvolge i discepoli sul monte. E come Mosè era salito sul Sinai e aveva ricevuto le tavole della Legge ora su un altro monte – il Tabor – nella nube, i discepoli ricevono una nuova Legge, ricevono la rivelazione di Gesù quale Figlio del Padre. Se nel momento del Battesimo le parole: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento” erano rivolte a Gesù, ora sono rivolte a tutti i discepoli. Sono rivolte anche oggi a noi che caso mai nella vita facciamo fatica a seguire Gesù, a credere nell’eternità, a perseverare nelle difficoltà. E in più c’è un altro imperativo: “Ascoltatelo!”.

Nell’Antico Testamento la fede in Dio si riassumeva proprio nella disponibilità ad ascoltare obbedientemente la parola di Dio. Ebbene ascoltare Dio è seguire Gesù facendo proprio il suo esempio e il suo insegnamento. E al centro di questo insegnamento Gesù ha posto la necessità di seguirlo nel cammino dell’umiltà, del servizio, dell’offerta totale di sé.

Davanti a tutto ciò i discepoli provano un senso di sbigottimento, di timore. E così Colui che si era rivelato loro in una dimensione divina, trasfigurato, ora riappare loro nella sua dimensione terrena e con un gesto umanissimo li tocca, li rincuora: “Gesù si avvicinò, li toccò e disse: ‘Alzatevi e non temete’”. Gesù li richiama al presente e li conforta perché possano proseguire il loro cammino di discepoli.

Questo è quanto ci dice dunque il Vangelo.

Ma cosa può voler dire oggi a noi?

A noi tutti e in particolare a voi operatori del Consultorio Familiaris Consortio che iniziate con questa Messa la celebrazione del decennale di questo benefico Centro?

A tutti noi Gesù, che ormai sappiamo e crediamo morto e risorto, dice che anche oggi vuole trasfigurare noi. Darci una nuova forma: la Sua forma, quella forma di figli di Dio che ci è stata data nel Battesimo attraverso il quale la forza della Pasqua di Cristo è scesa su di noi e ci fa destinatari della Vita eterna.

Una forza e una consolazione che ci dà anche in questo momento dell’Eucaristia affinché non ci fermiamo nel viaggio della vita verso l’eternità e non ci fermiamo nel condividere con chi incontriamo la nostra esperienza di essere amati, perdonati da Colui che è morto e risorto per noi. Che ci ama gratuitamente affinché anche noi amiamo facendolo incontrare agli altri con la nostra testimonianza: condivisione dell’amore che abbiamo ricevuto e continuamente riceviamo pur se immeritatamente.

Ma dove e come lo riceviamo questo amore?

C’è una parola che oggi vorrei portassimo nel cuore: “Ascoltatelo!”.

Ascoltare è il proprium di chi opera al Consultorio. È l’azione migliore che facciamo. Ed è quanto di più necessario ci sia per l’uomo di oggi.

Ascoltatelo!

Ma ascoltare chi?

Ci sono due ascolti necessari per alzarci e senza temere camminare e seguire una missione: ascoltare la Parola di Dio. Ossia obbedire ad essa che potrebbe essere riassunta con il comandamento dell’amore a Dio e dell’amore al prossimo.

E poi ascoltare i fratelli nei quali Dio si manifesta, tramite i quali Dio ci parla.

Questo duplice ed unico ascolto – tanto necessario per servire l’uomo e portarlo alla salvezza, alla dignità più piena – è quanto dovete fare, è quanto avete fatto e continuerete a fare cari operatori del nostro Consultorio. Quasi prolungando quel gesto di Gesù che tocca, fa alzare i discepoli così come voi e tutti noi cristiani dovete toccare le ferite di chi incontrate, farli alzare affinché ascoltando la Parola di Dio che voi testimoniate possano incamminarsi per sentieri che li condurranno alla vita eterna ma ancor prima a una vita vissuta in pienezza.

Ascoltare, dunque. Un ascolto che non è solo teorico, con le orecchie ma con il cuore, con la vita, con i fatti. Ascoltare nella Bibbia non è solo ascoltare con le orecchie o anche la ragione, ma è obbedire a chi parla.

E noi dobbiamo ascoltare e obbedire alla Parola ed ascoltare l’uomo come è come si presenta per poter far percepire a tutti la loro figliolanza con Dio. La fratellanza con l’unico Figlio del Padre: Gesù. Un ascolto che ci apre a Dio e ci deve far aprire sulle paure e i timori dei nostri fratelli, sulle loro ferite perché con Gesù e come Gesù – senza pensare di essere migliori degli altri – li tocchiamo, li alziamo e diamo loro coraggio nel cammino della vita.

Un ascolto dei fratelli che servirà non per istruirli ma per comprenderli con empatia, con amicizia, alla pari, e metterci con loro in cammino affinché anche loro trovino la gioia dell’aprirsi al comandamento dell’amore che ci invita a rispettare, difendere e promuovere la dignità di ogni persona dal concepimento alla sua morte naturale, della famiglia, della vita! Trovino la gioia della trasfigurazione – ossia del cambiamento – affinché tutti possano sempre più assumere la forma di Cristo. Trasfigurare vuol dire dare nuova forma, la forma di Dio all’uomo che Gesù ci ha meritato con la sua Pasqua, che ci ha meritato donandosi per noi sulla croce in un gesto di amore grande che il Padre ha premiato con la risurrezione e che noi dobbiamo accogliere e condividere dando dignità a tutti in attesa della grande ed eterna dignità che ci sarà data quando incontreremo la morte che non è il termine della vita ma il suo inizio.

Cari amici, fratelli e sorelle, che ci lasciamo tutti trasfigurare dall’ascolto di Gesù e che grazie a questa nuova forma – la Sua – che ci dona e che vogliamo accogliere possiamo anche noi trasfigurare, ossia cambiare forma, ai tanti che incontreremo. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina