Tivoli, Parrocchia di Santa Croce, Venerdì 4 ottobre 2019
Signor Sindaco, Illustri autorità, cari figli di San Francesco che custodite questa nostra bella chiesa di Santa Maria Maggiore, fratelli e sorelle!
Ci ritroviamo ogni anno, in questa occasione, per celebrare il Patrono d’Italia, San Francesco! E ogni anno ascoltiamo il Vangelo nel quale Gesù benedice il Padre perché ha rivelato i misteri del Suo Amore, della comunione profonda che c’è tra Gesù e il Padre Suo, ai piccoli, tenendoli nascosti ai sapienti e agli intelligenti.
Parrebbe quasi, a un ascolto superficiale, che Gesù ce l’abbia con i dotti e i sapienti …
Non è questa la lettura da dare. Anzi, Gesù e tutta la Bibbia esaltano la sapienza e la conoscenza. La Bibbia indica la sapienza e la conoscenza come doni di Dio. Ma quando si usa la sapienza e la conoscenza per farsi una posizione sociale, per crearsi un piedistallo o per pavoneggiarsi della propria cultura o, peggio ancora, per dominare gli altri, per spadroneggiare sui piccoli approfittandone di una posizione sociale acquisita – a volte, diciamocelo sottovoce, anche senza un gran che di sapienza e intelligenza … –. Oppure si usa della propria sapienza e intelligenza per fare i propri interessi personali anziché mettere sapienza e intelligenza a disposizione del bene comune, ecco allora che Gesù rende grazie per i piccoli, i semplici, i poveri perché sono più aperti a Dio e ai fratelli dei potenti e dei dotti e non loda certo il Padre per questi ultimi.
Gesù quando pensava ai sapienti e agli intelligenti contrapponendoli ai piccoli del Vangelo pensava certamente ai farisei del suo tempo che conoscevano bene le Scritture, ai sacerdoti del Tempio che usavano della facoltà di esercitare il culto come un potere. Pensava a quei capi religiosi che trasformavano la loro conoscenza delle Scritture Sacre e del loro essere addetti al culto in potere per mettersi sopra gli altri, per spadroneggiare … E’ una tentazione che anche oggi hanno tanti uomini di Chiesa e che si chiama “clericalismo”: io sono il prete, io sono l’addetto al culto, io so le regole della dottrina … e tu devi fare come dico io … Un potere, però, che fallisce presto perché non è secondo la logica di Gesù che insegna con la sua stessa vita che è più grande non chi sta a tavola ma chi serve. Un potere – che si chiama servizio – che ci ha insegnato ad esercitare quando nella notte in cui veniva tradito, nel cenacolo, si è messo a lavare i piedi ai suoi discepoli facendo un gesto riservato agli schiavi e ha spiegato: “Voi mi chiamate Maestro e Signore, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato l’esempio perché come ho fatto io facciate anche voi”. Un potere, dunque, che se non è servizio va a fallire perché non attrae, non serve a nessuno e fa così allontanare molti dalla Chiesa e a lungo andare anche da Cristo.
E se c’è la tentazione del clericalismo non da meno c’è la tentazione anche in tanti uomini e donne della nostra società che hanno acquisito in essa un ruolo importante, di esercitarlo senza pensare ai piccoli, ma pensando soltanto ai propri interessi, a conservare ben incollate a sé le proprie poltrone, a dominare e spadroneggiare sugli altri al di là di ogni impegno assunto con la gente, al di là del pensiero che se chiudo o meno una attività lavorativa soltanto per salvare il mio interesse tante famiglie rimangano nell’estrema povertà.
Pensiamo soltanto, per un attimo, a chi ha ruoli importanti nel nostro mondo, nel mondo dell’economia, dell’industria, della finanza, nella nostra Europa, in Italia, nella nostra città … Qui non penso soltanto ai politici ma anche agli educatori, agli imprenditori, a tutti coloro che in qualche modo hanno la possibilità di esercitare il loro potere in due modi: o mettendosi a servizio di se stessi oppure del bene comune.
Ebbene: Gesù benedice i piccoli del Vangelo.
Lui predilige gli emarginati, gli orfani, le vedove, i malati, i bambini, le donne … coloro che nella sua epoca non avendo alcun piedistallo su cui innalzarsi, anzi facendo spesso l’esperienza di essere schiacciati dagli altri, sono stati e sono anche oggi più disponibili a seguire Gesù, a lasciarsi riempire dall’Amore di Dio che Lui è venuto a rivelarci. E li benedice perché in loro trova ascolto, accoglienza … quell’ascolto e quella accoglienza che i sapienti, i potenti, i pieni di sé e della loro presunta intelligenza, i ricchi, non gli danno perché tutti presi da se stessi, dai loro affari, dalle loro idee, dalla presunzione di poter vivere senza di Lui …
Gesù dunque benedice e predilige i piccoli non escludendo, comunque, che si possano fare piccoli – cioè bisognosi di Lui, del suo amore e della sua sapienza – anche i sapienti e gli intelligenti, i dotti … questa per grazia di Dio è sempre una porta aperta per la quale è sempre possibile entrare …
E cosa promette, Gesù, ai piccoli, agli affaticati, agli oppressi?
Promette il giogo.
Chi è o è stato contadino sa che cosa è il giogo. Un pesante legno che veniva posto su due buoi che insieme trainavano l’aratro nella terra.
Ma Gesù specifica di che giogo si tratta.
Non è il giogo inteso alla nostra maniera.
Non è un peso … ma è il Suo giogo. Ossia a chi è sotto il peso dello sfruttamento, dell’oppressione, della violenza, dell’ingiustizia, Gesù dice di prendere il Suo giogo che è l’Amore. Dice, in altre parole: vieni sotto il giogo che porto Io affinché il mio Amore ti aiuti a camminare, ti aiuti a sperare, ti accompagni per le strade della vita.
Gesù così dice a noi cristiani di oggi di metterci innanzitutto sotto il Suo giogo, di lasciarci prendere dal suo Amore, di farci minori, piccoli, come fece Francesco di cui conosciamo la conversione e la storia. Francesco che si fece piccolo e povero per stare sotto il giogo dell’Amore di Dio, quell’amore che trasforma chiunque si fa piccolo, minore, in giogo per gli altri. O meglio in compagno di strada, aiuto a chi è più sfruttato, abbandonato, povero di mezzi e di Dio per aiutarlo a camminare sulla terra.
Francesco è stato grande proprio per questo. Perché, come se fosse un altro Gesù, si è spogliato veramente delle sue ricchezze e si è messo sotto il giogo di Gesù fino a condividerne anche sul proprio corpo i segni della passione di Gesù, le sue stigmate, fino ad identificarsi con Gesù per mettersi a sua volta a fianco dei poveri che ha incontrato facendosi egli stesso aiuto dei più piccoli e scartati dal mondo nel portare il peso della vita con loro, per aiutarli nel tirare il pesante carro della vita.
Da Francesco ci viene così un invito. L’invito a farci poveri, piccoli, per porci accanto ai poveri e piccoli della terra, delle nostre città, della nostra bella nazione che rischia di perdere la sua bellezza se perde quei valori evangelici della fraternità, della carità reciproca, dell’accoglienza, dell’attenzione agli ultimi che in un mondo recente tanto erano forti ma che oggi vanno piano piano disfacendosi perché, a mio avviso, l’uomo dimentica sempre più Dio, non dà più il primato a Lui e al suo vangelo nella propria vita salvo, di tanto in tanto, verniciarsi di una patina cristiana per mettere a posto un po’ la sua coscienza oppure utilizzare qualche valore derivante dal Vangelo per propri interessi politici così che chi da una parte dice di darsi da fare per i poveri poi non fa nulla per difendere la vita indifesa dal suo concepimento alla sua morte naturale, o per salvare quell’istituto fondamentale della società che è la famiglia fatta da un uomo e una donna uniti per sempre nella fedeltà ed aperti alla vita. O viceversa …
Tra i piccoli e poveri a cui Francesco ci invita a stare a fianco vorrei stasera pensare anche a quel bene comune che è la Terra e che Francesco guardava nella sua bellezza, nel suo splendore, e chiamava Sorella! Per Francesco, infatti, tutte le cose della Terra, avendo una origine comune, comprese le più piccole, erano per lui fratello o sorella. Tutto ciò non è romanticismo francescano ma un richiamo che stasera Francesco fa anche a tutti noi perché tra i piccoli amati da Gesù e ai quali dobbiamo porci accanto per difenderli e sostenerli dobbiamo mettere anche le creature e la Terra. Oggi, da più parti viene giustamente denunciato che a causa di tanti, troppi egoismi umani, la terra è minacciata: è minacciata l’aria che respiriamo, l’acqua che beviamo, la terra stessa che a causa di uno sfruttamento esasperato rischia di morire. Cari amici, cari responsabili dell’educazione e della cosa pubblica, non abbandoniamo la terra, educhiamo ad amarla, impariamo ad amarla, impariamo a rispettarla. Se essa è e sarà rispettata, sarà ancora una risorsa per noi e per chi verrà dopo di noi. Se non sarà rispettata, curata, sanata, amata … si dissolverà e si ribellerà contro l’uomo che la abita. E con la terra impariamo da Francesco ad amare, ascoltare, accogliere, integrare tutti coloro che abitano la terra in una operazione di ecologia integrale dove oltre alla preoccupazione per l’ambiente ci sia anche una autentica preoccupazione per l’uomo, ogni uomo, tutto l’uomo e gli uomini tra loro.
In questo giorno in cui festeggiamo il Patrono d’Italia rinnoviamo il nostro impegno a dire basta al vivere di rendita usando e sfruttando la terra, le sue ricchezze naturali, il suo patrimonio artistico e culturale e impegniamoci tutti, ai vari livelli in cui possiamo qualcosa, a difendere, promuovere, restaurare, mantenere le bellezze della creazione a noi affidate e nello stesso tempo a difendere, promuovere, restaurare la vita delle persone e – per chi è cristiano – anche la Chiesa, la nostra Madre Chiesa, che ha necessità di non perdere mai di vista l’uomo, la terra, l’universo e il suo vero bene.
Francesco è stato anche uomo del dialogo. Ha dialogato con tutti: vicini e lontani, cristiani e non cristiani. Per dialogare sicuramente occorre avere coscienza della propria identità. Ma non rinunciamo mai a dialogare. Che Francesco ci insegni – è il dono che gli chiediamo stasera – ad imparare a dialogare sul modo in cui stiamo costruendo il nostro futuro, che impariamo sempre più a non contrapporci per opportunismo personale ma a confrontarci affinché “insieme” portando insieme i pesi gli uni degli altri costruiamo un mondo più bello e fraterno, una terra e una società sempre più vivibili dove i talenti di ciascuno diventino ricchezza per tutti. Amen.
+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina