Pozzaglia Sabina, Domenica 8 settembre 2019
“Chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo”!
Con queste parole si conclude il Vangelo che abbiamo appena ascoltato e che illuminano la vita della Santa che oggi celebriamo qui, nella sua nativa Pozzaglia.
Una Santa che aveva cose: apparteneva a una famiglia contadina ma non poverissima; una famiglia dove si coltivavano gli affetti e la fede, la vita buona e onesta: una grande ricchezza! Che viveva in un paese dove tutti le volevano bene, stimata dalle altre ragazze sue coetanee per la dirittura morale. Non le mancava il lavoro che svolse a Tivoli sia nel periodo in cui si raccoglievano le olive sia come camiciaia. Anche la bellezza non le mancava tant’è che molti a Pozzaglia la guardavano.
Eppure ha vissuto fino in fondo la parola di Gesù: “Chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo”!
Ed ancora ha accolto una triplice apparente rinuncia pronunciata da Gesù: “Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo”. Ancora: “Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo”.
Ebbene Agostina ha dato il primato a Dio quando, sentendo la sua chiamata alla vita religiosa, vi ha risposto con gioia a soli 22 anni entrando nelle Figlie della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret che – qui presenti numerose questa mattina – saluto con viva cordialità a partire dalla Superiora Generale, dalle sue consigliere, dalla comunità di Pozzaglia e tutte coloro che sono qui presenti.
La vostra-nostra Agostina ha poi dato il primato a Dio quando accettando il suo servizio presso l’Ospedale Santo Spirito, in piena questione romana, ha esercitato tutta la carità e pazienza possibile, con amore, anche verso chi la insultava come il Romanelli che addirittura nonostante continuasse ad accudire insieme alla mamma cieca del medesimo Romanelli, poiché non ha corrisposto alle sue avances ha ricevuto in cambio la morte che ha accolto come Gesù invocando il perdono per chi la uccise.
Ma perché Agostina, mi chiedo, ha vissuto così la sua giovane vita, recisa a nemmeno 30 anni …
Seguendo la sua vocazione non ha calcolato i tanti “no” detti alle cose belle e forti della vita, ma ha detto “sì” a una cosa più bella ancora che soltanto Dio può dare. Quel Dio che ha conosciuto in questa parrocchia, che ha conosciuto nella sua famiglia, ed ancora nella comunità religiosa alla quale ha appartenuto e sicuramente nel servire i fratelli e le sorelle ammalate. Per cui mettere in pratica il comando di Gesù: “Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo” non l’ha vissuto come rinuncia, ma come conquista di ciò che no stava tanto qui nella vita ma come meta, come il raggiungere una cosa ancora più bella delle tante che aveva vissuto fino a quando lasciò la sua Pozzaglia per entrare tra le Suore della Carità e poi sempre avanti … sempre avanti nonostante le difficoltà … attratta da quella cosa bellissima che è essere tutta di Dio, vivere come Lui e con Lui, vivere come Cristo!
E così a lei che aveva lasciato una bella famiglia, Gesù ha offerto, come offre anche oggi a chi lascia tutto per Lui, qualcosa di più grande e più bello, che non toglie nulla ma aggiunge forza, gioia, profondità alle relazioni anche con la famiglia che si lascia per servire Cristo nei fratelli più poveri.
E così è da leggere pure “Se uno viene a me e non mi ama più della sua stessa vita”. È come se Gesù avesse detto ad Agostina ma dice anche ad ognuno di noi: Sei contento di vivere, ami la tua vita? Ebbene, io ti farò ancora più contento, perché farò fiorire la tua vita in tutte le sue forme, in tutte le relazioni, in tutte le dimensioni: la amerai ancora di più con un cuore libero e ancor più forte.
E pensando alla vita di Agostina ma anche dei tanti Santi e Sante di ogni epoca che non dobbiamo limitarci a onorare ma siamo chiamati ad imitare dobbiamo saper leggere anche l’altra frase di Gesù: “Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo” … Portare la croce che non vuol dire “sopportare” le difficoltà e le sofferenze della vita. Non ci sarebbe bisogno di Gesù per vivere da rassegnati … No. Prendere la croce significa prendere per sé una vita che assomigli a quella di Gesù, assumere il riassunto della vicenda della vita di Gesù Cristo che è proprio la croce. Prendere la croce vuol dire dunque pensare come pensava Lui, scegliere come sceglieva Lui, preferire quelli che preferiva Lui, vivere una vita come la sua che sapeva amare come nessun altro, senza maschere, senza ipocrisie, senza paura. E così potremmo tradurre quel prendere la propria croce come prendi su di te la tua parte di amore, altrimenti non vivi; prendi la parte di dolore che ogni amore comporta, altrimenti non ami!
Ebbene Agostina invita tutti noi a prendere come ha fatto lei la nostra croce affinché cresciamo nella fede poiché Dio non ci salva dalla croce ma nella croce, non ci protegge dal dolore ma nel dolore, non dalle tempeste ma nelle tempeste della vita.
Gesù, se lo accettiamo come ha fatto Agostina, ci dice: “Io posso darti più di tutti gli affetti della famiglia” … paiono parole di un esaltato che assicura con un Io smisurato più affetto di quello famigliare. E potrebbe venirci la domanda: ma chi sei tu per venirti dietro? Venire dietro te che finirai sulla croce, nudo morirai nel sangue sulla croce? Eppure tanti come noi oggi – almeno lo spero – lo hanno ascoltato e considerato degno di fiducia perché Lui solo sa fare rintracciare anche nel momento del buio la felicità.
Agostina, noi cristiani che seguiamo Gesù non siamo persone diminuite ma accresciute di più amore, di più libertà, di più consapevolezza. Al centro di tutto c’è un Assoluto che offre la sua luce sulla vita e sulla morte, che dona eternità a tutto ciò che portiamo nel cuore, che non toglie nulla ma dona tutto!
Gesù, come ha chiesto ad Agostina, chiede anche a ciascuno di noi chiamato come lei alla santità di dargli non tanto, ma tutto! E chi ama Gesù non è uno che non sa amare le persone, non sa provare affetti o che crede di amare il Cielo perché non ama nessuno sulla terra. No, vivere il Vangelo anche se non è facile conduce sempre a qualcosa di più bello delle esperienze belle che si possono fare sulla terra anche a quella di saper morire uccisi perdonando i propri uccisori.
Cari fratelli e sorelle, come Santa Agostina, fidiamoci di Gesù!
Ci possiamo fidare di Lui innanzitutto perché la sua vita è stata buona, bella e beata e se vivremo come Lui anche noi sperimenteremo la bontà della vita, la sua bellezza, la beatitudine!
Ma poi fidiamoci di Gesù perché non ci ha ingannati e non ci inganna! Ci chiama a seguirlo ma al termine muore in croce dove c’è solo amore e dolore per l’uomo. È dunque credibile, non nasconde nessun inganno chi ci chiede di seguirlo per questa via.
A noi, come fu per Agostina, chiede soltanto di amarlo, di conoscerlo per amarlo affinché se arriveremo a conoscerlo non lo lasceremo più nemmeno nel momento della malattia, nemmeno nella persecuzione, nemmeno davanti all’ingratitudine di un femminicidio – tanto per usare una parola di moda oggi – davanti al quale Agostina ha saputo pregare la Vergine Maria e perdonare in una conoscenza di Cristo che è diventata per lei non solo nozionistica ma esperienziale e le ha dato la gioia, sì sicuramente le ha dato la gioia della santità, di quella dimensione alta della vita cristiana ordinaria che può vivere soltanto chi conosce Cristo, si lascia chiamare alla sua sequela e si lascia riempire di quell’amore che sazia ogni sete di amore umano e si diffonde perché l’amore, soprattutto se perfetto come quello di Cristo, è diffusivo. Amen.
+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina