Pozzaglia Sabina, Domenica 12 settembre 2021
“La fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta”!
Così ci ha detto San Giacomo nella seconda lettura che abbiamo ascoltato.
E oggi ci troviamo qui per rendere grazie al Padre con Cristo nello Spirito per una Santa di questo Paese, delle Suore di Santa Giovanna Antida Thouret, che ha mostrato con le sue opere la sua profonda fede!
La sua fede, ricevuta in questo luogo, non l’aveva resa certamente una intellettuale, una teologa, una esperta in spiritualità della vita consacrata … ma l’ha portata a vivere la fede più che a parlarne e a viverla in maniera autentica, amando, amando come Cristo ci ha amati fino al dono supremo di sé.
Conosciamo infatti la sua vita.
Dopo una giovinezza vissuta tra Pozzaglia e Tivoli dove andava a lavorare per la raccolta delle olive o come camiciaia, dopo aver appreso dalla madre ad esercitare l’arte della maternità che dona tutto se stessa gratuitamente e in silenzio, mossa da una fede ardente che l’aveva resa punto di riferimento per le amiche, scelse di donare tutto il suo cuore casto e verginale a Cristo, scelse Lui e Lui solo come suo Sposo entrando a 22 anni in una congregazione religiosa dove ancora oggi fede e opere vanno insieme e dove ha servito e amato in nome di Cristo i suoi ammalati presso l’Ospedale di Santo Spirito, a Roma, dove il 13 novembre 1894 fu uccisa da un malato violento, che più volte l’aveva minacciata di morte nonostante lei lo avesse sempre curato – pur in un ambiente ostile ai Religiosi come era quello di quel tempo subito successivo alla questione romana e che aveva fatto salire l’odio anticlericale in molti ambienti come anche presso l’Ospedale di Santo Spirito – e in nome di Cristo avesse curato anche la madre del suo assassino rimasta cieca. Quell’assassino che Suor Agostina ebbe il coraggio di perdonare.
Sant’Agostina ci aiuta così, con la sua vita, a comprendere la Parola di Dio che oggi la liturgia domenicale ci fa ascoltare.
Il brano di Vangelo proclamato si colloca a metà del Vangelo di Marco. Lungo i primi 8 capitoli di questo Vangelo la domanda circa chi fosse Gesù si era posta più volte ai discepoli e a chi seguiva Gesù come si pone al lettore di oggi. Ed è questa domanda che Gesù pone anche a noi stamane come ha posto ai suoi discepoli e come avrà sicuramente posto anche alla nostra Agostina. “Ma voi – tu … – chi dite che io sia?” Chi sono Io per te? Per la tua vita?
E nel Vangelo, proprio quando pare di essere arrivati alla spiegazione, al punto di arrivo di quella domanda che finalmente trova risposta sulla bocca di Pietro che proclama: “Tu sei il Cristo!” ossia il Messia, il Figlio di Dio atteso … Gesù capovolge la situazione. Il punto di arrivo diventa punto di partenza.
Se volete conoscermi davvero – dice Gesù – dovete innanzitutto sapere che il mio cammino continua verso Gerusalemme, verso il rifiuto degli uomini, dell’establishment religioso, verso la morte di croce per poi risorgere dopo che per tre giorni, come un chicco di grano nella terra, sarò in essa sepolto per marcire e portare finalmente frutto. Per poi risorgere!
E se volete venire dietro me dovete rinnegare voi stessi e prendere la vostra croce.
Come ho fatto io – realizzazione di quanto Isaia aveva profetato nella prima lettura –: Gesù è il servo di YHWH che ascolta con l’orecchio e con il cuore la volontà di Dio; che non si tira indietro, non oppone resistenza, non fugge davanti a quanto il Padre gli chiede: cioè gli domanda di amare. Ebbene – ci dice Gesù – come ho fatto io, così dovete fare anche voi!
Dovete fare, dice a noi oggi Gesù, come Agostina. Che mi è venuta dietro con una fede operosa. Una fede vera non fatta di belle parole ma poi condita da contro-testimonianze. No, ma una fede che si radica nel silenzioso ascolto della Parola di Dio e nell’amore e nella dedizione generosa per gli altri fino alla croce.
Cari amici, rinnegare noi stessi vuol dire camminare con Gesù fino a Gerusalemme riconoscendo gli inganni di Satana e rifiutandoli.
Satana che ci fa credere tante volte che ciò che conta è raggiungere il successo, il potere, la felicità, la stima altrui e il benessere godendo dei piaceri della terra e della carne che invece portano solo tristezza, divisione e morte. È in fondo la logica di ogni dipendenza: fumo, droga, alcool, giochi d’azzardo, sesso … ci attraggono con il piacere e la promessa di farci diventare grandi, di renderci felici mentre invece ci rendono infelici e schiavi del vizio. Nel vizio e nel peccato finiamo nel non essere più padroni di noi stessi: facciamo il male che non vogliamo (Rm 7,19). Al contrario, il bene esige sacrifici, mortificazioni, silenzio e fatica: ma poi ci dona gioia, pace, luminosità e vitalità. E più il bene diventa virtù e nostro abito, più diverremo padroni di noi stessi e costruttori del Regno, costruttori della civiltà dell’amore.
Cari amici il Vangelo è chiarissimo: per arrivare alla gloria perfino Dio “doveva” passare per la sofferenza e la morte (v. 31): è la legge del Vangelo!
Sant’Agostina questo lo ha compreso.
Lungi dal vivere una fede “intellettualistica”, fatta di tante parole o devozioni, ha amato e seguito il Maestro. Ha sofferto – anche fisicamente – e poi moralmente e poi fino ad essere uccisa.
Ma il suo cuore è rimasto vergine come il suo corpo, ossia tutto per Dio e per quanti Lui stesso ha dato la vita per loro e nel silenzio e nella preghiera ha amato fino a dare tutto, fino a dare la sua vita!
“La fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta”!
Ho esordito così, poc’anzi, citando l’apostolo Giacomo.
Chiediamo di vivere una fede a cui corrispondano opere e di praticare opere che scaturiscano dalla fede coltivata nella preghiera e nel silenzio.
Chiediamolo per tutti noi. Per le consorelle di Sant’Agostina che sono anche oggi in questo paese e per quante sono qui convenute per questa occasione, per i sacerdoti, per i fedeli!
Chiediamo, guardando al luminoso esempio della nostra Santa, il dono della preghiera che ci fa riconoscere nella fede, in Gesù, il Cristo che ci chiama non a parlare di cose di chiesa, non a giudicare senza sapere, non a vivere una fede teorica fatta di tante preghiere e devozioni e poco amore vero, l’amore disinteressato che nulla trattiene per sé ma dona con un cuore casto e verginale, un cuore paterno e materno insieme, che deve essere il cuore di ogni cristiano e cristiana aperto all’amore e alla Verità per tutti e verso tutti, anche verso chi, così come il Romanelli che uccise Sant’Agostina, con altri metodi più o meno leciti anche oggi è capace di uccidere. Amen.
+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina