Palestrina, Cattedrale di Sant’Agapito Martire, Sabato 28 giugno 2025
Carissimi confratelli e amici,
se l’Eucaristia è sempre rendimento di grazie a Dio, con Cristo, nello Spirito per le grandi cose che compie per noi e in noi, stamane questo rendimento di grazie ci riempie ancor più di gioia perché con il carissimo Don Antonio, rendiamo grazie per i suoi sessant’anni di vita sacerdotale che ha esattamente compiuto ieri: 27 giugno 2025!
Ci uniamo al rendimento di grazie di un sacerdote al quale vogliamo tutti particolarmente bene per la sua saggezza, per la sua ironia intelligente, e – permettetemelo – per la sua capacità di stare in mezzo alla gente, da fratello e all’occasione padre facendosi così per tanti “canale dell’amore di Dio”. In realtà, questa celebrazione, avremmo dovuta farla in quella che io ritengo essere la sua vera parrocchia: la piazzetta davanti al bar qui di fronte dove è bello vederlo spesso seduto con una corona di amici a dialogare, forse anche a fumare qualche sigaretta in più del dovuto …, ad ascoltarli per poi prendersi cura di loro, comunicando loro la tanta saggezza spirituale e pastorale e direi autenticamente umana che Don Antonio ha accumulato in tanti anni di fedele servizio al Signore e alla sua Chiesa.
Questo sessantesimo di sacerdozio viene celebrato nel giorno dove la liturgia ci invita a fare memoria del Cuore Immacolato di Maria.
Il cuore. Che sappiamo bene essere una pompa del nostro organismo ma che come spiega bene Papa Francesco nell’Enciclica sul Sacro Cuore di Gesù “Dilexit nos” è sempre stato pensato come il centro unificatore che conferisce a tutto ciò che vive la persona lo sfondo di un senso e di un orientamento. È, il cuore, il nucleo che sta dietro ogni apparenza, anche dietro i pensieri superficiali che ci confondono. È il luogo della sincerità, dove non si può ingannare né dissimulare. È anche, secondo la Bibbia, il luogo che indica le vere intenzioni, ciò che si pensa, si crede e si vuole realmente, i “segreti” che non si dicono a nessuno, insomma la propria nuda verità. Pensiamo per un attimo a Sansone che non diceva il segreto della sua forza a Dalila che le domandava: “Come puoi dirmi: ‘Ti amo’, mentre il tuo cuore non è con me?” (Gdc 16,15). Solo quando le rivelò il segreto nascosto, lei “vide che egli le aveva aperto tutto il suo cuore” (Gdc 16,18). Oppure, sempre nella Bibbia, pensiamo ai discepoli di Emmaus che dopo aver camminato con il Risorto, dopo aver vissuto un momento di angoscia, confusione, disperazione, delusione … sentono che qualcosa è accaduto nel loro profondo e si dicono: “Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via?” (Lc 24,32).
Oggi, dunque, mentre celebriamo il sessantesimo di Mons. Sbardella siamo invitati a guardare al Cuore Immacolato di Maria, al suo centro unificatore che pur appartenendo a una creatura Immacolata si è dovuto continuamente arricchire di quanto ha visto stando accanto al suo figlio Gesù, seguendolo quale prima discepola.
Nel Vangelo ci è descritto l’episodio del ritrovamento di Gesù tra i dottori del Tempio. I genitori lo rimproverano poiché li aveva fatti andare in angoscia e Gesù risponde: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio? Ma essi – ci dice il Vangelo – non compresero ciò che aveva detto loro …” Ed il Vangelo conclude: “Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore”.
In altre parole ci viene presentata Maria come colei che custodisce “tutte le parole” nel suo cuore. Le custodisce ossia le osserva e vigila come sentinella su quelle parole nella notte del mondo (Is 21,11), mentre si appesantiscono gli occhi degli uomini (Lc 21,34), compresi quelli dei discepoli (Mc 14,40). Ebbene davanti alle parole del suo Figlio lei veglia!
La stessa espressione si trova al termine del racconto della natività: anche allora Maria custodiva tutte queste cose nel suo cuore; lì però l’evangelista aveva aggiunto “meditandole” (Lc 2,19) o sarebbe meglio dire “confrontandole tra di loro”: Maria accoglie tutto in sé e tutto diviene simbolo, momento ed evento nella narrazione e nell’incontro di Dio con l’uomo.
Maria dunque per tutto il tempo della vita nascosta a Nazaret del Figlio conserva tutte le parole e gli eventi di suo Figlio nel proprio cuore e così fa sintesi, il suo cuore anche se nasce immacolato ha tutto il tempo per crescere e arrivare alla statura di Cristo (Ef 4,13).
Maria allora ci insegna che davanti alle cose che sentiamo e ci sconcertano abbiamo due possibilità: o le rimuoviamo, nel senso che non vogliamo proprio pensare, oppure proviamo ad illuminarle, con pazienza, per comprenderle e inserirle nel progetto più grande che Dio giorno dopo giorno tesse nella sua Provvidenza per ciascuno. Maria appartiene in modo esemplare a questo secondo gruppo. Lei ascolta e medita nel cuore per comprendere e accogliere nella sua vita, nella vita delle persone che ama, nella storia, la volontà di Dio.
Don Tonino Bello in una preghiera a Maria chiedeva di aiutarci ad accogliere la Parola nell’intimo del cuore. A capire, cioè, come ha saputo fare Lei, le irruzioni di Dio nella nostra vita. “Egli – scriveva Don Tonino – non bussa alla porta per intimarci lo sfratto, ma per riempire di luce la nostra solitudine. Non entra in casa per metterci le manette, ma per restituirci il gusto della vera libertà”.
Ecco, cari amici, mi piace allora oggi paragonare il Cuore di Maria a quello di Don Antonio. In un passato anche abbastanza recente la festa di oggi sottolineava la purezza, la pietà del Cuore di Maria e si invitava ad imitare questo Cuore. Ci sta. Ma a me piace invitare innanzitutto il sottoscritto, tutti noi e poi Don Antonio a imitare quel cuore facendo anche del nostro cuore il luogo della sintesi di tutte le cose che vediamo compiere da Dio per noi. Sono esse che ci fanno autentici, sono esse che danno una direzione o un’altra al nostro vivere da cristiani e tutte, se il cuore è aperto e riesce a mettere insieme le divine irruzioni della grazia di Dio in noi, saranno capaci di generare Cristo al mondo. Proprio come è stata capace Maria, la prima discepola del Signore.
Caro Don Antonio, venendo in contatto con te, ascoltandoti, parlandoti e soprattutto guardandoti sono certo che in tanti anni di sequela del Signore hai saputo fare sintesi di tante delle sue irruzioni. Penso alle molteplici esperienze che hai vissuto durante questi anni di sacerdozio: parroco, rettore del Seminario, Cancelliere vescovile, Vicario Generale, vicario parrocchiale, canonico … ora, dopo 60 anni, penso che molte cose tu le abbia assimilate in un animo intelligente come è il tuo e nello stesso tempo libero – a volte forse un po’ indisciplinato – maturo ma anche con qualcosa del bambino che forse, nel tuo carattere, c’è stato e rimarrà per sempre – come faceva notare un tuo superiore di Seminario (Padre Luigi Cresperoni, SJ) in un giudizio su di te seminarista del 1964 che mi sono divertito a rileggere in questi giorni –.
Ma proprio questa sintesi diventa pienezza di cuore che anche alla tua non più tenera età puoi e sai condividere continuando a fare ciò che è essenziale del prete: generare Cristo, farlo incontrare, far gioire tutti perché lui per primo è felice nell’aver incontrato in tanti modi e momenti il Signore Gesù che ogni giorno ha il privilegio di ripresentare vivo nella Santissima Eucaristia che è il centro della giornata presbiterale.
Carissimo Don Antonio, in questo giorno vorrei concludere questa mia omelia con un augurio ed un invito alla perseveranza.
L’augurio è che con il cuore pieno di Dio e nello stesso tempo sempre aperto alle sue irruzioni, tu sia sempre più posseduto da Cristo, dal suo amore che libera e abilita a non possedere nessuno e ci rende unicamente di Dio: non c’è ricchezza più grande da apprezzare e partecipare. Come in quel 27 giugno 1965, ma con un cuore colmo di sessant’anni di vita sacerdotale, condividi con tutti il Suo amore che hai sperimentato, che sperimenti e di cui il mondo che Dio ha tanto amato, fino a dare il suo Figlio, oggi più che mai ha necessità. E che tu che sei sempre stato credibile possa continuare ad esserlo ancora, specialmente verso i giovani, le famiglie, i tuoi confratelli. Papa Leone XIV, il 31 maggio scorso, ordinando alcuni giovani sacerdoti raccomandava loro la credibilità, ossia la trasparenza della vita. Chiedeva loro per ridare credibilità alla Chiesa ferita, inviata a una umanità ferita, dentro una creazione ferita, che le loro vite siano conosciute, leggibili, credibili! Diceva: “Non siamo ancora perfetti, ma è necessario essere credibili”.
Forse dirai: ma alla mia età, cosa posso ancora fare? Puoi continuare in un progressivo ascolto nel cuore delle intuizioni dello Spirito, ad accoglierle e conformarti ad esse per rimanere sempre giovane dentro, sempre credibile, sempre testimone gioioso del Vangelo che rende felice l’uomo.
Ed infine l’invito alla perseveranza.
Davanti a quanto Dio compie per noi il nostro cuore a volte non comprende tutto. Invitati a mettere insieme, a meditare, non riusciamo però a capire.
Lo dico a te ma anche a tutti i preti qui presenti, a me, a tutti i fedeli laici battezzati: non disperiamo mai ma perseveriamo nella vocazione che il Signore ci ha assegnato e la Chiesa – e per te, caro Don Antonio, la vita – hanno riconosciuto.
Padre Pio raccontava che da bambino sua madre era solita ricamare e lui osservava il suo lavoro stando sul pavimento, più basso rispetto dove stava seduta lei e così lui si lamentava perché dal suo punto di vista ciò che la mamma faceva gli pareva confuso. E la mamma, sorridendogli, gli diceva: attendi, vai fuori un po’ a giocare e poi quando avrò terminato il mio ricamo ti metterò sul mio grembo e ti lascerò guardare dalla mia posizione. Padre Pio si domandava perché la mamma utilizzasse dei fili di colore scuro e che parevano così disordinati visti dalla sua posizione. Alcuni minuti dopo la madre lo chiamava e lo metteva sulle sue ginocchia ed immediatamente il piccolo Pio si sorprendeva ed emozionava perché ciò che sotto si vedeva confuso, dal di sopra appariva come un bel ricamo di fiori o di paesaggi.
Caro Don Antonio, se ancora le cose grandi che Dio ha compiuto e compie per noi non sono sempre ben chiare, non arrenderti: persevera. Giungerà per tutti il giorno in cui vedremo, comprenderemo e vivremo nella gioia piena che Dio ci ha promesso e preparato e alla quale, ogni servo buono e fedele del Vangelo, parteciperà in pienezza. Amen.
+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina