Domenica 19 giugno 2022
Carissimi fratelli e sorelle,
celebriamo oggi una delle più belle solennità della Chiesa: il Corpus Domini. La festa del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo.
In realtà ogni domenica, Pasqua della settimana, noi celebriamo l’Eucaristia ossia il rendimento di grazie di Cristo al Padre nello Spirito. Rendimento di grazie che Gesù ha compiuto non tanto con le parole ma con il dono della sua stessa vita offerta al Padre sulla croce e vittoriosa sulla morte con la Risurrezione. Quella vita donata a noi ogni volta che celebriamo e ci cibiamo dell’Eucaristia affinché anche noi ci doniamo a Dio e ai fratelli.
Nel Vangelo Gesù è in mezzo a una moltitudine di persone che lo seguono, che hanno cercato in Lui chi li curasse, chi curasse le loro malattie del corpo e dello spirito, chi sfamasse la loro fame e sete di verità, di senso da dare allo scorrere dei giorni.
I Dodici fanno presente a Gesù che forse è ora di congedare la folla perché nella zona desertica in cui erano non c’era alloggio né cibo. Una tentazione – direi – che forse viene anche a noi. Viviamo come in un deserto di valori, di bene, un deserto dove ciò che viene offerto all’uomo non sazia e non disseta. È un po’ di felicità effimera ma che non dura. L’uomo oggi ha eliminato Dio dalla propria prospettiva di vita e spesso pur credendo di seguirlo perché la nostra cultura fino a qualche anno fa era intrisa di cristianesimo e si viveva come di rendita, si viveva e in molti casi si vive ancora una “fede bambina” fatta di sacramenti da ricevere come un dovere in certe tappe della vita, ma che non toccano le nostre relazioni, la nostra vita famigliare, il nostro impegno per il bene comune, la nostra solidarietà verso i poveri e i sofferenti. Ebbene i Dodici come forse anche a noi viene da dire: congeda la folla, manda altrove a cercare felicità i tanti che vediamo provati e insoddisfatti della vita che consapevolmente o inconsapevolmente hanno deciso di vivere rimanendo nel deserto della Tua assenza.
Ma ai Dodici Gesù dà una risposta che li spiazza. Una risposta che dà anche a noi oggi: “Voi stessi date loro da mangiare!”. Ossia chiede a noi: a me Vescovo, ai preti, ma anche a tutti coloro che per il battesimo vivono il sacerdozio comune dei fedeli di dare loro stessi da mangiare a questo popolo che ha bisogno di cura.
L’egoismo di noi discepoli emerge nella risposta che i Dodici danno a Gesù: “Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare i viveri per questa gente. C’erano infatti circa cinquemila uomini”.
Ma a quel punto Gesù indica ai Dodici e a noi come si fa a sfamare la folla di quella fame e sete di Dio che essa ha nel deserto della vita.
“Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa”. Poi Gesù prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Alzare gli occhi al cielo, benedire, spezzare, distribuire … non sono i gesti che come ci ha detto l’Apostolo Paolo nella seconda lettura Gesù fece quando istituì l’Eucaristia, profezia di quanto sarebbe accaduto il giorno dopo il Giovedì Santo quando cioè sulla croce avrebbe realmente offerto il suo corpo e il suo sangue per amore nostro vincendo la morte e ridonando a noi la vita? Riempiendola così di senso e di amore?
I discepoli fecero come disse Gesù. Tutti mangiarono a sazietà e furono portate via dodici ceste di pezzi avanzati. Dodici come dodici erano le tribù di Israele come a dire che rimase cibo in abbondanza per tutti coloro che avrebbero creduto in Gesù e sarebbero divenuti il nuovo popolo di Dio.
Quel nuovo popolo, cari amici, che siamo noi e che nel deserto della vita, se lo vogliamo, possiamo essere cibati, saziati, sostenuti nel camminare insieme – anche se sappiamo che spesso è difficile – dal Corpo e dal Sangue di Gesù realmente presenti nell’Eucaristia che oggi celebriamo e che al termine della Messa porteremo in processione per le nostre strade per dire come tutti desideriamo dare da mangiare Cristo al mondo.
Quei gruppi di cinquanta, saziandosi dell’unico pane spezzato e dei pesci moltiplicati divennero comunità. A noi è chiesto innanzitutto di essere consapevoli e di credere in ciò che mangiamo quando condividiamo il banchetto eucaristico. Personalmente non so se ci pensiamo a quanto riceviamo. Quante comunioni facciamo senza renderci ben conto che ciò che entra in noi è il Corpo di Gesù che vuole farci percepire il Suo amore che deve divenire il senso della nostra vita, che vuole trasformarci in Lui affinché con Lui e come Lui camminiamo per le strade del mondo e lo sfamiamo di quella fame di senso, di felicità e di vita che esso ha da sempre ma che non trova dove placare.
La processione non sia pertanto l’ennesima manifestazione esteriore, colorata, bella, che attendavamo da due anni perché sospesa fino ad ora a causa della pandemia ma che poi ci lascia come prima. Bensì sia segno del nostro impegno ad accogliere Cristo in noi, a divenire con Lui Eucaristia ossia a offrici con Lui al Padre e ai fratelli per portare loro il Vangelo, l’amore e la Misericordia divina, nutrirli nel cammino verso la Patria del Cielo là dove ogni fame e sete di amore e verità saranno saziate. Sia segno di quanto ci chiama ad essere ogni Eucaristia che celebriamo non con un gruppo ma con persone che ogni giorno di più devono divenire comunità perché si nutrono dello stesso Corpo e Sangue del Signore e poi vivono di Lui aiutandosi vicendevolmente e facendolo incontrare con i fatti a tutti coloro che incroceranno sulle loro strade proprio come noi incroceremo tra poco.
Anche oggi, cari fratelli e sorelle, tanti uomini e donne non hanno la possibilità di partecipare come noi all’Eucaristia, per parteciparvi devono fare molti chilometri a piedi, come abbiamo visto anche di recente in Nigeria rischiano la vita per andare a celebrare l’Eucaristia. Noi l’abbiamo fin troppo comoda, sotto ad ogni nostro campanile … Eppure l’evangelizzazione è faticosa e spesso inefficace. Perché, potremmo chiederci? Perché non profumiamo di Cristo, non profumiamo di quel buon profumo che come viene emanato dal pane mentre viene cotto così noi non desideriamo lasciarci cuocere dal fuoco dello Spirito e non profumiamo. Facciamo l’Eucaristia ma non diveniamo Eucaristia. Pensiamoci attentamente. E ora e poi durante la processione impegniamoci a divenire profumo di Cristo, pane che sazia con l’amore la fame di gioia vera che il mondo reclama. Amen.
+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina