Domenica 14 giugno 2020
Carissimi fratelli e sorelle,
celebriamo oggi la Solennità del Corpus Domini. Una Solennità dove al centro è l’Eucaristia che dopo la Santa Messa solitamente si porta per le strade delle città e dei paesi, delle nostre parrocchie, ossia là dove la gente vive, trascorre la propria vita, una vita che percorre le strade sempre più in velocità distratta davanti al prossimo che incontra e anche distratta nei confronti di Dio. La vita che scorre in quel “deserto” che potrebbe divenire la nostra esistenza personale e comunitaria qualora venisse meno la presenza reale di Gesù in tutte le nostre chiese, qualora venisse meno il suo intimo accompagnarci per le strade della nostra esistenza fino all’incontro finale con Lui.
Quest’anno è dunque significativo e ci dovrebbe aiutare a comprendere meglio cosa è il Corpus Domini, non poter svolgere la processione eucaristica al termine della Messa.
Se questa è la Festa dove l’Eucaristia passa per le strade dove scorre la nostra vita e le infiorate tradizionali che si facevano in questo giorno stavano come a dire che dove passa Gesù rifiorisce la vita, la Sua presenza accanto a noi, in noi, dà senso al nostro pellegrinaggio terreno … Ebbene, quest’anno la nostra vita è stata fortemente segnata dalla pandemia, dallo stare costretti in casa, distanziati tra noi e anche oggi sono molte le limitazioni che ci costringono e che non ci permettono di fare una processione che potrebbe creare assembramenti se non la processione dei cuori che chiedono a Gesù Eucaristia di passare per le strade del nostro mondo in preda alla pandemia, il nostro mondo che sta provando lentamente a ripartire, che ha vissuto il deserto vedendo tanti fratelli e sorelle morire in varie zone d’Italia e della terra, tanti fratelli e sorelle esemplari nello stare vicino ai malati ma anche moltissimi altri che hanno già perduto il lavoro o probabilmente lo perderanno presto, vittime di una economia mondiale che già in crisi ora diventa ancor più dura e punitiva per i già bisognosi, le piccole imprese, i piccoli commercianti, i lavoratori stagionali, i disoccupati … una crisi che ha colpito e colpisce le famiglie, la scuola, che fa sentire a tutti la fatica di ricominciare a vivere.
Ebbene in questo deserto Gesù è presente!
Nei mesi scorsi anche le chiese sono state chiuse alle comunità nei momenti della celebrazione eucaristica ma Lui è sempre stato celebrato. Finché c’è un prete sulla terra Lui sarà sempre celebrato e si renderà sempre presente nel sacramento dell’Eucaristia che ci fa uno in Lui e tra noi. Triste sarebbe quel giorno che venisse a mancare l’ultimo prete sulla terra, perché non ci sarebbe più l’Eucaristia e noi cammineremmo soli nel deserto della vita!
Che cosa è, infatti, l’Eucaristia? In questo tempo ho sentito varie definizioni, varie disquisizioni sul come ricevere la Santa Comunione, ecc.
Mi preme dunque qui rileggere con voi quanto dice il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica onde evitare di sentir dire da qualcuno, come ho sentito in questo periodo: “La comunione la possiamo fare in bocca, tanto Gesù non infetta …” segno che forse non abbiamo compreso appieno l’Eucaristia.
In Essa, dice il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, “Gesù Cristo è presente in modo unico e incomparabile. È presente infatti in modo vero, reale, sostanziale: con il suo Corpo e il suo Sangue, con la sua Anima e la sua Divinità. In essa è quindi presente in modo sacramentale, e cioè sotto le specie del pane e del vino, Cristo tutto intero: Dio e uomo”. È dunque presente Cristo in modo sacramentale ma le specie del pane e del vino rimangono tali e vengono soltanto transustanziate.
Ossia tutta la sostanza del pane viene convertita nella sostanza del Corpo di Cristo, e tutta la sostanza del vino viene convertita nel Sangue di Cristo. Una conversione che se andassimo a fare l’analisi delle ostie e del vino consacrati scopriremmo che non sono cambiati pane e vino ma grazie alla transustanziazione ne è cambiata la sostanza. Questa conversione si attua nella preghiera eucaristica, mediante l’efficacia della parola di Cristo e dell’azione dello Spirito Santo. “Tuttavia – continua il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica – le caratteristiche sensibili del pane e del vino, cioè le ‘specie eucaristiche’, rimangono inalterate”.
E in ogni parte del pane Cristo non è diviso, egli è presente tutto e integro in ciascuna specie eucaristica e in ciascuna sua parte. Presenza che sussiste finché sussistono le specie eucaristiche che noi adoriamo, rendendo all’Eucaristia quell’atto che è riservato solo a Dio sia durante la celebrazione della Messa che al di fuori della Messa. “La Chiesa infatti conserva con la massima diligenza le Ostie consacrate, le porta agli infermi e ad altre persone impossibilitate a partecipare alla Santa Messa, le presenta alla solenne adorazione dei fedeli, le porta in processione e invita alla frequente visita e adorazione del Santissimo Sacramento conservato nel tabernacolo” e che è il medesimo che viene esposto alla solenne adorazione nell’Ostensorio.
Ebbene lasciamo allora che la prima lettura ci provochi.
Nel libro del Deuteronomio Dio chiede a Israele, al suo popolo, di ricordarsi – ossia rendere presente l’evento, riscoprendone il senso profondo e rivivendolo – l’esperienza fatta dal suo popolo nel deserto dove Dio lo ha condotto per sapere cosa aveva nel cuore, per insegnargli come ha insegnato e sta insegnando a noi in questo periodo che spero non passi inutilmente quale sia la sua nuda esperienza. Nel deserto non si ha nulla, non si semina e non si raccoglie, rimane soltanto ciò che è essenziale e nell’esperienza del deserto – simile alla nostra – si impara a scoprire ciò che veramente è essenziale per la vita, si riscopre come soltanto Dio sia capace di nutrire e dissetare, saziare e amare.
Cari amici proviamo a verificare la nostra fede. Nel nostro deserto, nei nostri deserti, Dio è veramente l’acqua che ci disseta e la manna che ci sfama? In altre parole: nel deserto di questi mesi e di questi giorni riusciamo a comprendere che solo Dio sa dare una risposta alla fame e sete di vita che c’è in noi? Siamo capaci di scoprire che non ci salviamo con la nostra umana onnipotenza ma soltanto riponendo fiducia nella parola di Colui che non inganna e non lascia soli. Proprio come avvenne a Elia quando era nel deserto in preda alla disperazione e con una gran voglia di morire. A lui Dio inviò il suo angelo per sfamarlo e dissetarlo, a dargli la forza necessaria per camminare ancora nel deserto desolato, fino al monte di Dio. Una metafora – questa – che rappresenta bene la vita dell’uomo di fede nelle mani di Dio.
E in cosa occorre aver fede? In un Dio amico dell’uomo che si fa cibo, si lascia mangiare e bere nell’Eucaristia per divenire a noi più intimo di noi a noi stessi. Perché a differenza degli altri cibi che si trasformano in sostanza organica, esso trasformi noi in Lui.
Nel Vangelo Gesù dice alla folla: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”.
I Giudei a cui Gesù parla si pongono legittimamente una domanda: “Come può costui darci la sua carne da mangiare?”. Ed è una domanda che potremmo porci anche noi: cosa significa mangiare il Corpo di Cristo e bere il suo Sangue? Alla base del cristianesimo c’è forse un rito tribale?
Poco più avanti Gesù dichiara quale è il frutto: chi mangia la sua carne e beve il suo sangue, rimane in Lui ed Egli in noi. Gesù si fa cibo per essere mangiato e così entrare in noi, prendere dimora presso di noi. È il mistero dell’incarnazione: come il Verbo eterno si fece carne in Gesù, così attraverso l’Eucaristia Gesù si fa carne nella nostra carne. È il mistero dell’amore: amore infatti significa dimorare nel cuore dell’amato, essere una sola carne con lui (Gn 2,24).
Ecco, allora, cari fratelli e sorelle, Gesù nel deserto della nostra vita si fa mangiare. Ma mangiare la carne di Gesù non è cannibalismo ma accettare di essere amati da Lui. Nell’Eucaristia è infatti sacramentalmente e realmente presente la vita di Gesù, la sua passione morte e risurrezione. L’Eucaristia è il sacramento dell’amore di Gesù per noi. E mangiare la carne di Cristo è dunque dire sì al suo amarci per lasciarci condurre dal suo amore e divenire testimoni, ostensori viventi nel mondo in cui viviamo – e non un altro – dell’amore di Dio per noi. In tal senso la prima a mangiare la carne di Cristo – potremmo dire – è stata Maria – donna autenticamente eucaristica – quando all’Angelo ha risposto: “Avvenga di me secondo la tua parola” (Lc 1,38). Bere il sangue di Cristo significa accettare che Egli abbia dato la sua vita per noi, viva per noi, e cominciare a nostra volta a dare la nostra vita per Lui, a vivere per Lui.
Essere cristiani, cari amici, è proprio questo: entrare progressivamente nel mistero dell’amore: ovvero, letteralmente, farsi gradualmente cibo e bevanda gli uni per gli altri, e così sperimentare già ora la vita eterna mentre siamo ancora in cammino nel deserto della vita ma con la sicurezza di chi ci accompagna ovunque e sempre dando a noi se stesso da mangiare. Amen.
+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina