Tivoli, Cattedrale di San Lorenzo Martire, Venerdì 27 ottobre 2023
La Festa della Dedicazione della nostra Cattedrale, cade quest’anno in una giornata particolare.
Mercoledì 18 ottobre, infatti, Papa Francesco, ha indetto per oggi, 27 ottobre, una giornata di digiuno e preghiera, di penitenza, affinché, in questa situazione di guerra esplosa nuovamente nella Terra di Gesù per cui i cuori degli uomini e delle donne di tutto il mondo sono inquieti per il possibile allargamento del conflitto, mentre nel mondo tanti fronti bellici sono già aperti, “Tacciano le armi!”. Sì, il Papa, in questo giorno fa appello perché “Si ascolti il grido di pace dei popoli, della gente, dei bambini!” e ricordandoci che “la guerra non risolve alcun problema, semina solo morte e distruzione, aumenta l’odio e moltiplica la vendetta. – Ricordandoci che – La guerra cancella il futuro” ha esortato “i credenti a prendere in questo conflitto una sola parte: quella della pace; ma non a parole, – bensì – con la preghiera e con la dedizione totale”.
Con il Papa, allora, che in questo momento è in preghiera nella Basilica di San Pietro per implorare sui nostri giorni la pace, anche noi celebriamo questa Messa che ci ricorda le nostre origini, che ci ricorda che grazie al battesimo ricevuto tutti siamo pietre vive di quell’edificio che la Cattedrale rappresenta e che è la Chiesa fatta dagli uomini e dalla donne che camminano nel mondo con la consapevolezza di essere tempio di Dio in cui dimora lo Spirito Santo. Comunità santa, non per i propri meriti ma per i meriti di Colui che è morto e risorto per noi e ha donato a noi il suo Spirito per essere tempio santo del Signore. Popolo che nasce dalla Pasqua e dalla Pentecoste, quando ha ricevuto lo Spirito Santo, lo Spirito del Risorto, accompagnato dal saluto: “pace a voi!”.
È giorno dove rendere grazie a Dio, dunque, per la Chiesa di cui la Cattedrale è segno visibile anche se la Chiesa è fatta dai battezzati. Di battezzati chiamati a portare ciò che hanno ricevuto nel mondo.
Pensando all’omelia di stasera avevo già meditato di dedicarla alla dimensione sinodale della Chiesa, alla chiamata che tutti i suoi appartenenti ricevono per camminare insieme nella storia in comunione, con spirito di compartecipazione alle sue vicende, alle sue scelte … e alla sua missione verso il mondo.
La Giornata di oggi mi ha però spinto a proporvi una diversa riflessione ossia a spendere qualche parola su cosa dice la Chiesa oggi della pace? E cosa fa, oggi, per la pace?
Rischiamo infatti di avere tutti sulla bocca la parola “pace” ma pochissimi portano semi di pace nel cavo della mano.
Che cosa dice la Chiesa della pace?
Il primo contatto che abbiamo con il tema andando a leggere la Bibbia non è proprio incoraggiante. Ci viene proposta subito la storia di Caino e Abele come per dirci che la guerra non è cosa di ieri ma ha origini antiche come l’uomo e la pace non sarà per domani! La Chiesa ci sbatte così in faccia come è fatto l’uomo, come siamo fatti tutti: discendenti di un criminale – Caino – siamo tutti criminali in potenza, uomini che non possono dimenticare la storia dei due fratelli, di due giovani, i primi due giovani dell’umanità di cui uno uccise l’altro.
E la Chiesa, come madre assillata di pace, non si stanca di far sentire la voce del sangue di Abele che, nel corso dei secoli, da un rivolo è divenuto un fiume, un mare di sangue. Davanti a tutto ciò la Chiesa è come una madre che si risveglia e di soprassalto si indirizza sul cammino della pace. Un cammino che per la Chiesa è uno solo, quello che presuppone la fede nella pace di Cristo.
È una fede difficile da vivere. Si potrebbe rischiare di vivere un evangelismo politico. Mi spiego: si potrebbe rischiare di vivere come se esistessero due paci: la pace di Cristo e la pace degli uomini; la pace divina e la pace terrena, la pace messianica e la pace politica come fossero due realtà estranee tra loro. Ma la fede ci chiede di non rendere queste due paci reciprocamente estranee.
Noi sappiamo che la pace di Dio è ben più grande della pace che gli uomini e i popoli tentano di realizzare tra loro. La “pace di Cristo”, infatti, sorpassa ogni intelligenza – come dice San Paolo (Fil 4,7) –. Tuttavia sappiamo anche che shalom è la parola più piena nella Bibbia, la sola che possa saziare l’uomo, corpo e anima, e renderlo completo, intatto, integro, in armonia con Dio, con gli uomini, con la natura, con se stesso. Noi sappiamo che Dio è venuto ad abitare tra noi per dare un nuovo inizio alla “pace sulla terra” e che la pace che ci ha lasciato non è come la pace del mondo ma è la Sua pace: “Vi do la mia pace!”. Una pace, addirittura, che ci pone in stato di guerra, che comporta la “spada” (cfr Mt 10,34) ossia ci pone in stato di guerra contro ogni falsa pace. La pace che viene da Dio e che la Chiesa annuncia è una pace che è critica di tutte le paci, quella interiore e quella politica. La pace dei cristiani costa cara, cercarla costa accettare le stimmate!
E noi sappiamo che questa vera pace la dà soltanto Cristo che distruggendo il muro dell’odio per mezzo della croce, ha creato nella propria carne un unico uomo nuovo, unendo in un solo corpo i due tipici nemici rappresentati dal giudeo e dal pagano.
Cristo stesso è dunque la nostra pace, e quale pace! Chi dice meglio, chi fa di più per la causa della pace?
Ma la pace non è proprietà esclusiva della Chiesa. La Chiesa di cui oggi celebriamo la Festa festeggiando la Dedicazione della sua chiesa-madre, la Cattedrale, cammina con tutti gli uomini del mondo formando con loro una comunità di destino in cui si gioca la pace nel mondo nel meglio e nel peggio. La Chiesa parla a tutti e lavora per la pace di tutti e con tutti. Essa, come diceva San Giovanni Paolo II “si fa portavoce della coscienza morale dell’umanità allo stato puro, la quale desidera la pace, ha bisogno della pace”.
La Chiesa ha un insegnamento specifico sulla pace. Un insegnamento che spesso viene deriso o tenuto in poca considerazione, ritenuto insignificante ma che nella Pacem in Terris di Giovanni XXIII quando richiama tutti a quei quattro pilastri su cui si sorregge l’edificio della pace – verità, giustizia, amore e libertà – fa ben più di un semplice richiamo a vaghi principi ma richiama a valori universali che sono capaci di ispirare decisioni e azioni valide per tutti gli uomini.
È – quello della Chiesa – un messaggio sulla pace che ancora può incidere nella storia dei popoli e delle nazioni e che non è nemmeno immobile nelle sue applicazioni. Come dice bene Gaudium et spes è in grado di assumere quel “formidabile complesso di nuovi problemi” che “obbligano a considerare l’argomento della guerra con mentalità completamente nuova”.
Nella Pacem in Terris il pensiero della Chiesa sulla guerra era chiaro. Vi leggiamo: “… riesce quasi impossibile pensare che nell’era atomica la guerra possa essere utilizzata come strumento di giustizia”.
In nessun testo del Vaticano II, poi, compare il termine “guerra giusta” che per secoli era stata ipotizzata anche dai grandi teologi. Oggi la Chiesa dal sostenere la “guerra giusta” è passata al sostenere eventualmente la “giusta difesa” e sempre più comincia a riflettere sull’etica della dissuasione.
La pace attende pionieri che aprano a lei nuove strade. E la Chiesa sa che non possiamo lavorare per la pace con armi di guerra ma per la pace occorre lavorare sempre più con armi di pace. Tutto ci spinge, oggi più che mai, verso quell’obiettivo: la ragione e la fede. E l’appello ci viene dal Vangelo e in esso, in particolare, dal Discorso della Montagna.
Ma c’è un’altra domanda alla quale vorrei rispondere:
Chiesa, che fai oggi per la pace?
Innanzitutto, come in questa giornata, essa mobilita continuamente tutti i suoi figli. In particolare i giovani. San Giovanni Paolo II aveva coniato uno slogan con il quale furono intitolate alcune iniziative destinate ai giovani del mondo e alcuni suoi messaggi. Egli diceva: “La pace e i giovani camminano insieme”. Sicuramente perché i giovani da sempre aspirano alla pace, camminano insieme ma fino al punto anche di cadere insieme. Infatti, quando la pace muore per far posto alla guerra, sono soprattutto i giovani a morire.
Mobilita poi gli uomini di scienza affinché le loro forze siano dispiegate per preservare la famiglia umana dall’orribile prospettiva della guerra nucleare. Da anni la Chiesa mobilita le coscienze affinché gli scienziati blocchino l’ingranaggio della morte nucleare.
Ancora la Chiesa affida il dovere della pace alle nazioni stesse e non soltanto agli individui. Forse sono poco conosciute le grandi iniziative diplomatiche, le conferenze internazionali alle quali la Chiesa fa sentire la sua voce. La Chiesa da sempre, nonostante siano necessarie riforme migliorative, dialoga con le Nazioni Unite e le loro organizzazioni specializzate per incoraggiare alla pace.
In breve possiamo dire che tutta l’azione pacificatrice della Chiesa è guidata dalla visione, principale e costante, dell’unità della famiglia umana con tutti i risvolti che essa ha e che dà alla pace nuovi nomi: sviluppo, liberazione, questione sociale, solidarietà internazionale, difesa dei diritti dell’uomo. Non si può pensare a una dimensione senza l’altra: il minimo strappo alla tunica dell’umanità riesce a distruggere la pace. La pace è un “valore senza frontiere” e nessuno può dunque rassegnarsi alla esistenza di conflitti in tutto il mondo. La pace è indivisibile e se c’è – come dice Papa Francesco – la III guerra mondiale a pezzi dobbiamo essere consapevoli che la pace è minacciata. È minacciata ovunque con fenomeni che chiamiamo terrorismo, crescita del razzismo, indebitamento dei paesi poveri … Cari amici non dobbiamo pensare soltanto che sia necessario – anche se lo è – la distensione nucleare ma dobbiamo porre attenzione ad altri problemi come il commercio delle armi, soprattutto nei paesi poveri.
La Chiesa, ancora, osa fare appello all’opinione pubblica ma non mettendo se stessa a disposizione di movimenti pacifisti ma educando le coscienze!
E il primo atto di educazione delle coscienze è quello di informare e aiutare a passare da una costruzione artigianale della pace a una costruzione della pace più specialistica. Per dire addio alla guerra non basta dire buongiorno alla pace. “La pace – diceva il Cardinale Etchegaray – non è così semplice come il cuore l’immagina, ma è più semplice di quanto la ragione non creda”.
Certo, guardando a come la pace è minacciata nel mondo, a noi può venire da dire: per la questione della pace occorrono mani e menti migliori e più preparate delle nostre. Attenzione, però!
Certo la pace ha bisogno di specialisti, ma essa è anche in mano di tutti noi, essa passa per i mille piccoli gesti della vita quotidiana.
Ogni giorno, mediante il nostro modo di vivere con gli altri, noi operiamo una scelta a favore o contro la pace.
Se siamo cristiani, se siamo Chiesa, tutti dobbiamo prendere posizione per la pace, educarci e educare alla pace, diventare tutti araldi di pace.
In questo giorno, festa della Dedicazione della nostra Cattedrale, come Chiesa diocesana facciamo una verifica della nostra esistenza comunitaria. Abbiamo una grave responsabilità ossia quella di testimoniare la nostra esperienza ecclesiale che se è esperienza di comunione genera in chi ci guarda uomini e donne di pace. La Chiesa come noi stasera possiamo difficilmente parlare di pace se nella nostra vita non diamo segni di pace.
Chiediamo di essere una parabola in atto della comunione fraterna alla quale tutti gli uomini aspirano. Rendiamoci conto, quando celebriamo l’Eucaristia insieme, dell’audacia che abbiamo nel proporre all’umanità disperata una miniatura della pace universale che nella celebrazione si realizza.
Continuiamo ora la celebrazione. Continuiamo a credere che la pace è possibile in pieno diluvio, sentiamo cioè la pace vicina a noi, con la grazia della colomba e la freschezza di un ramoscello di olivo, e così impegniamoci nel camminare verso i cieli nuovi e la terra nuova.
Chiesa, cosa dici della pace? Pace agli uomini di buona volontà!
Chiesa, che fai per la pace? Pace con gli uomini di buona volontà! Amen.
+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina