Omelia nella Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria

Tivoli, Cattedrale di San Lorenzo Martire, Domenica 8 dicembre 2019

Signor Sindaco, illustri autorità, cari sacerdoti, fratelli e sorelle tutti nel Signore!

Nel 1656, esattamente, 363 anni or sono, il popolo tiburtino fu salvato dalla peste grazie a un voto che fece alla Vergine Immacolata. Da allora in poi, ogni anno, come noi facciamo stasera, ci ritroviamo insieme in Cattedrale, presso l’immagine della Vergine Immacolata che il Cardinale Marcello Santacroce fece porre nella Cappella a Lei dedicata, per sciogliere il voto, ovvero per rimanere fedeli a quella promessa che nello stesso tempo, però, ci induce a domandare anche oggi a Maria che interceda per noi affinché le tante pesti dei nostri giorni non ci colpiscano e divorino.

Non vorrei fare l’elenco delle “pesti” di oggi che, lo sappiamo, contagiano e distruggono tutto il campo del vivere umano. Esse partono tutte dal peccato delle origini e che continuamente si ripresenta. Tutto ciò che di male infatti oggi rovinano l’uomo e la terra parte proprio dall’aver preteso di non mettere Dio al primo posto nella vita così, anche le cose apparentemente più buone, se non sono fatte costantemente alla presenza di Dio, rischiano di deviare e di lasciarsi condurre dalla nostra libertà che quando si sottrae dalla presenza di Dio diventa per noi prigionia.

È, in fondo, quanto capita all’uomo fin dalle origini della sua esistenza. È quanto capitò ad Adamo e che capita a tutti noi (perché Adamo siamo tutti noi …): la tentazione di uscire dalla relazione con Dio e quindi con se stesso e con il prossimo.

In questa Festa dell’Immacolata Concezione della Vergine domandiamoci innanzitutto se questa Festa ci serve? E io risponderei di sì tanto più quanto più riconosciamo di essere come Adamo: degli appestati dalla tentazione di uscire dalla relazione con Dio.

Nella prima lettura viene posta da Dio una domanda all’uomo. Una domanda che vorrei risuonasse in ogni cuore questa sera. “Dove sei?”

Dio, in altri termini, domanda: uomo, mia creatura pensata e fatta libera, pensata e fatta per rimanere in relazione con me, dove ti poni? Dove sei? Sei ancora in quella familiarità che ho voluto porre tra me e te fin dalle origini, oppure sei fuggito da me e quindi sei in una situazione di solitudine, di nascondimento, di paura?

Nella prima lettura la risposta del primo uomo – così come spesso sono le nostre risposte – fu deludente.

Anziché, infatti, assumersi le proprie responsabilità, anziché ammettere che pretendendo di farsi Dio si è allontanato da Lui, Lo ha posto ai margini della vita e così si è trovato solo e nel peccato – come sempre più soli e nel peccato siamo noi oggi che sempre più ci estraniamo da Dio e lo emarginiamo dal nostro pensare, essere e agire –, Adamo ha tentato di scaricare le sue responsabilità sulla donna e in fondo su Dio stesso che gliela aveva posta accanto … E così la donna, anche lei, invece di assumersi le sue responsabilità, la sua fragilità e il suo peccato, ha continuato a diffondere la peste del peccato – ossia della mancanza di relazioni autentiche con Dio e con gli altri – scaricando sul serpente le sue responsabilità personali. E così il serpente ha vinto, ha vinto in quell’epoca e continua ad insidiarci anche oggi nonostante però abbiamo, se lo vogliamo, una possibilità di salvezza.

Quella possibilità che significa rimetterci in relazione con Dio, rimetterlo al centro dei nostri pensieri, delle nostre azioni, del nostro vivere quotidiano.

È possibile? Oggi, in questo nostro oggi è ancora possibile mettere Dio al centro delle nostre relazioni, dargli il primato?

Sì! Direi proprio di sì, cari amici, perché grazie a una donna concepita senza peccato originale, grazie a Maria Immacolata, Dio si è fatto uomo, è entrato nel mondo per ricondurci a vivere a lode della sua gloria, da figli amati, scelti, predestinati fin da prima della creazione del mondo ad essere figli adottivi di Dio, mediante Cristo. Inviati per vivere nel mondo alla Sua presenza, in relazione con Lui e con i fratelli purché ci apriamo a Lui, ci lasciamo abbracciare da Lui e viviamo in questo abbraccio che avrà compimento pieno nell’eternità.

Affinché in Cristo si realizzasse e si realizzi anche oggi questo abbraccio che a noi è stato partecipato nel giorno del Battesimo, quando ci è stato tolto il peccato delle origini, occorreva però Maria, l’Immacolata, che preservata dal peccato originale ha vissuto la redenzione prima ancora che si compisse grazie a Cristo.

Maria Immacolata, vedete, non è una superdonna … non è diversa da noi …

Maria Immacolata si trova nella stessa condizione nella quale ci siamo trovati e ci troviamo noi nel giorno del nostro battesimo.

È una giovane adolescente di Nazaret, che come tutte le ragazze di Israele attendeva il Messia, la redenzione che tardava ad arrivare, poi entra Dio nella sua vita; tramite l’angelo Dio entra in relazione con Lei e Lei accetta la relazione. Inizialmente è turbata, si pone domande, come è giusto che la fede si ponga domande … ma poi dice “sì”, “eccomi”, “avvenga di me secondo la tua Parola” … Dalla paura, dalla non relazione, cede alla relazione e così genera al mondo la salvezza, generando Cristo al mondo ci ridà la possibilità di incontrarci con Dio e di essere salvati dalla peste del peccato, dell’egoismo, della non relazione, della mancanza di fraternità tra noi, con il mondo, con tutti e non solo con chi la pensa come noi!

Guardiamo dunque a Maria.

Il suo nome che in ebraico è Miriam, l’altissima è il nome di una povera fanciulla della periferia di Nazaret. Stride quasi, il suo nome, con la sua realtà. Ma è Maria perché Dio l’ha resa tale, l’ha resa altissima in quell’amore incondizionato che ha avuto per Lei ma che ha anche per ciascuno di noi resi altissimi, pieni di dignità, destinati all’eternità grazie al Battesimo che ci ha trasmesso la potenza della redenzione, della Pasqua del Signore, perché figli Suoi!

Ed è, secondo il Vangelo che abbiamo ascoltato, “promessa sposa”. Ossia non è sola. Mentre Adamo a causa del peccato era caduto nella solitudine come cadiamo noi in solitudine quando ci allontaniamo da Dio e quindi dagli altri pur rimanendo fisicamente sempre in mezzo agli altri … Maria è “promessa sposa”, è per il suo sposo, è fatta, come siamo fatti tutti noi per la gioia della comunione, per amare ed essere amati. Per dare a qualcuno l’eccedenza di noi stessi, vivere in relazione di amore, vivere cioè come Dio che è sempre in relazione di amore con noi, una relazione che non la arresta neppure il nostro peccato, i nostri ripetuti no alla Sua volontà.

Maria è “promessa sposa”. È colei che è la nostra memoria, la nostra origine, da sempre, che ci rimanda alla promessa che Dio ha fatto a noi da sempre e per sempre: di essere per noi sposo amoroso e misericordioso e nello stesso tempo ci rimanda alla promessa futura, quella dove Dio sarà nostra meta, vita eterna che ci assicura che non finiremo nel nulla.

E se vivremo guardando a Lei, come Lei che non è distante da noi ma solo la “piena di grazia” così come siamo stati riempiti di grazia tutti noi nel giorno del Battesimo, anche noi, come Lei potremo essere “vergini”. Cioè floridi, freschi, forti, non fatti per la morte ma per la vita, puri perché appartenenti solo a Dio!

Certamente, se guardiamo a noi, non siamo proprio così. Nonostante il battesimo portiamo molte rughe sui nostri volti, molti segni di pesti attraversate o che stiamo vivendo. Impariamo, guardando a Maria, che la verginità può essere anche la nostra destinazione. Certo, per alcuni tra noi non sarà forse la verginità fisica, ma vergine significa appartenere ad uno solo, al proprio amato in maniera esclusiva proprio come la madre è vergine tanto più quanto più si rivolge esclusivamente alla cura del figlio.

Ebbene, anche noi, guardando a Maria, se sapremo credere alla promessa di destinazione all’eternità che Dio dà a noi suoi figli amati, se sapremo rimanere in relazione con Dio, se sapremo vivere alla Sua presenza, se Lui tornerà ad essere il centro del nostro pensare, agire, vivere … allora saremo anche vergini ossia capaci di generare al mondo Dio, di essere padri e madri di tutti e così dedicarci esclusivamente ad amare gli altri come Colui di cui abbiamo ricevuto la stessa vita nel giorno del Battesimo, di Colui che ha riempito di gioia ed esultanza l’Immacolata Vergine Maria, la tutta bella, la tutta pura, la tutta santa in cui non è macchia di peccato e alla quale stasera nuovamente affidiamo noi, le nostre vite, la nostra città e tutta la nostra umanità ancora bisognosa di relazione con Dio e di imparare ad amare con cuore vergine e indiviso. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina