Omelia nella Solennità di San Benedetto Patrono d’Europa

Subiaco, Basilica di Sant’Andrea Apostolo, Venerdì 21 marzo 2025

Signor Sindaco, illustri autorità, cari sacerdoti, fratelli e sorelle nel Signore.

Come ogni anno ci troviamo insieme per rendere grazie a Dio per il dono di San Benedetto che proprio qui, nella nostra Subiaco, iniziò il suo cammino spirituale che dall’eremo si espanse ad altri eremi poi alla forma di vita cenobitica-monastica raggiungendo tutta l’Europa e tante parti del mondo creando cultura, quella cultura cristiana che specialmente in Europa ha dato ad essa le radici e che dobbiamo sicuramente recuperare anche in questo frangente della storia. Sappiamo bene che la storia si ripete. E quando le cose nella storia almeno di questi tre quarti di millennio sono andate male a livello politico ed ecclesiale, i Monasteri sono stati come le rocche che hanno salvato la cultura e la fede dei nostri popoli.

Aderendo ad una proposta del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE), in questa giornata celebriamo poi la Santa Messa perché “i popoli dell’Ucraina, della Terra Santa e di tutte le terre oppresse dalla guerra depongano le armi e si riconoscano fratelli nell’unica famiglia umana”. Una iniziativa alla quale desideriamo anche noi aderire consci che “la preghiera – come ha recentemente ricordato il Segretario Generale della CEI – è una barriera contro l’odio, contro le divisioni, perché ci attira al cuore di Cristo e fa sì che diventiamo, nel mondo, protagonisti di un’azione di pace, testimoni di un amore che abbraccia il proprio fratello” e soprattutto ricordando cosa ha da insegnarci San Benedetto circa il grande dono della pace che si oppone ad ogni guerra.

In un inno della solennità di San Benedetto in cui si celebra la sapienza e la santità di cui l’uomo di Dio ha riempito la terra e gli si chiede di continuare ad illuminare il mondo con la luce di Cristo, dopo aver ricordato come egli si impegnò a delineare il volto dei discepoli di Gesù: liberi e insieme servi, legati dall’amore, intenti alla preghiera e al lavoro, con un cuor solo e un’anima sola, alla penultima strofa si chiede al Santo: “Sotto la tua guida, (i monaci) fraternamente lavorino e anche i popoli – sul loro esempio – gareggino nel reciproco aiuto e godano di rinvigorire sempre il dono della pace beata”.

In questo momento storico, pertanto, desideriamo rivolgerci anche stasera all’intercessione di Benedetto. Lontano a noi nel tempo ma modernissimo.

Anche lui, infatti, visse in un’epoca carica di tensioni e contrasti e in quell’epoca scrisse la Regola per i suoi monaci. Anche un mio predecessore, un Vescovo di Tivoli, in quell’epoca durante la quale – siamo nel 546 – Totila, re dei Goti, re di un popolo barbaro e feroce si impadroniva di Roma e per quaranta giorni la devastò senza pietà, fu massacrato mentre i soldati di Totila terrorizzavano la gente della campagna e dei villaggi. Anche nella Chiesa c’era un violento contrasto tra ortodossia che credeva come crede anche oggi nella Trinità, dove il Padre e il Figlio (Gesù) e lo Spirito Santo sono tutti eterni e uguali, formando un unico Dio in tre persone distinte; e arianesimo che credeva che Gesù fosse stato creato da Dio e quindi non fosse eterno e non fosse vero Dio.

E Benedetto sia con il personale esempio di vita che attraverso la Regola che insegna a non correre dietro agli eventi ma a fermarsi, ascoltare, costruire con pazienza dando forma al tempo che viviamo, ebbe a cuore e contribuì al bene dell’unità e della pace nella Chiesa e tra i popoli.

San Gregorio Magno, nel II libro dei Dialoghi, tratteggia il volto sereno di Benedetto, uomo mite, pacato, saggio. Il volto di un uomo che sapeva mettersi in relazione armoniosa con tutti e con tutto perché egli per primo, in se stesso, era profondamente unificato.

Non stupisce allora se la comunità monastica radunata intorno a San Benedetto fosse costituita da persone diverse, di classi sociali diverse e anche appartenenti a diverse etnie ma tutti uno in Cristo. Benedetto scriveva nella Regola: “Schiavi o liberi, tutti siamo uno in Cristo e servendo l’unico Signore, siamo tutti sottoposti alla stessa disciplina. Infatti l’unico titolo di merito che possiamo avere per distinguerci ai suoi occhi è questo: essere migliori degli altri nel compiere il bene e vivere nell’umiltà.” (RB 2,20-22). Proprio perché la legge fondamentale della Regola – sulla traccia del Vangelo – è la carità, qualunque sia l’autorità esercitata all’interno della comunità monastica sia svolta con spirito di servizio e sia tutta protesa a creare nella comunità le condizioni favorevoli per l’unità e la pace. Si richiede perciò a tutti un costante impegno di conversione dall’egoismo all’amore oblativo. Sradicando il vizio di possesso e di autoaffermazione, si mette in comune tutto: sia i beni materiali, sia quelli spirituali, nella consapevolezza che nessuno appartiene a se stesso, ma a Cristo e quindi al suo corpo mistico che è la Chiesa.

Nel Vangelo abbiamo ascoltato l’Apostolo Pietro che chiede a Gesù cosa otterremo noi che abbiamo lasciato tutto per seguirti? E Gesù che rispondendo elenca nuovamente cosa occorre fare per seguirlo: lasciare case, fratelli, sorelle, padre, madre, figli, campi per il Suo nome. Ossia “nulla anteporre all’amore di Cristo” perché solo così dall’egoismo si giunge a un puro amore oblativo e Gesù ci dona il centuplo quaggiù in case, fratelli, sorelle, padri, madri, figli campi e anche persecuzioni … e in eredità la vita eterna. Ossia a chi accetta di spogliarsi di se stesso, Lui lo riempie del Suo amore e della Sua misericordia, lo pacifica e lo rende capace di pacificare poiché pieno del vero amore, l’amore di Dio; e tale amore è per sua natura diffusivo.

Se anche oggi le società del nostro tempo fossero permeate da questo spirito di ricerca appassionata della comunione e l’individualismo egoistico lasciasse spazio all’altruismo, certamente cesserebbe il processo di disgregazione che pare essere divenuto inarrestabile. E cesserebbero anche le guerre con tutte le loro nefaste conseguenze.

Per San Benedetto, dopo la preghiera, altro elemento fortemente unitivo della comunità è il lavoro. Un lavoro serio, compiuto alacremente, in spirito di solidarietà con tutti gli uomini e finalizzato alla glorificazione di Dio e al bene comune. Benedetto unì un elevato senso soprannaturale a un profondo sentire umano ed ebbe un grande rispetto per ogni persona, vedendo in tutti la presenza di Cristo. Per questo anche il pellegrino, il povero, il forestiero che si presenta alla porta del monastero viene prontamente accolto, onorato e servito con tanta carità.

Se consideriamo la maleducazione e la volgarità che hanno invaso tutti gli ambienti della nostra società – da quello familiare a quello del governo dei popoli, pensiamo solo alla politica che è divenuta sempre più offensiva ed arrogante … – possiamo misurare la portata e l’importanza dell’insegnamento di San Benedetto. Quanto sarebbe necessario rimettersi alla sua scuola nella quale, del resto, non si trova altro che la fedele applicazione del Vangelo.

Il Vangelo che, come accennavo, ci invita a lasciare tutto. Le nostre sicurezze, i nostri punti di vista, le nostre case, fratelli, sorelle, campi … i nostri interessi, i nostri particolarismi ed egoismi per affidarci a Lui e trovare così la vera libertà e la pace che ci rende uomini di pace e di comunione.

Già da alcuni anni assistiamo a guerre in Ucraina come in Terra Santa e in tante altre parti del mondo. Abbiamo visto e piangiamo tante vittime militari, civili, uomini e donne, anziani e bambini …

Mentre chiediamo la pace eterna per chi è rimasto vittima di tali conflitti ci domandiamo: ma che percorso dovremo intraprendere per giungere alla pace?

Non desidero pronunciarmi sui vari tentativi in atto. Prego e attendo fiducioso che quanto stanno facendo le grandi potenze ed anche la nostra Europa che ha chiesto agli stati membri dell’Unione di munirsi di difese militari … (Non sono così ingenuo da implorare un pacifismo a 360°) porti frutto, tuttavia sono profondamente convinto che se non cambia il cuore dell’uomo ispirandosi a quanto insegnò Benedetto cambiando il modo di vivere partendo da una vita rinnovata ed ordinata all’interno dei monasteri divenuti capisaldi della società del suo tempo caotica e divisiva, nessuna formula di pace sarà autentica e duratura.

Cosa chiediamo, allora, per intercessione di San Benedetto?

Che gli uomini e le donne vadano alla ricerca della saggezza di cui ci ha parlato la prima lettura, quella saggezza che desideriamo sia per noi guida morale che spirituale. La saggezza che è una forza attiva che ci aiuta a vivere una vita giusta e integra. La saggezza divina che ci permette di rimanere sulla strada della giustizia, conducendoci alla vera felicità e sicurezza.

La saggezza che protegge coloro che la cercano e custodiscono liberandoli dalla via del peccato e della distruzione così come ha protetto e custodito Benedetto. Solo essa  è scudo e guida in grado di preservare l’integrità e la vita retta.

Ma per ottenerla l’autore del libro dei Proverbi da cui è tratta la prima lettura, il grande Re Salomone da cui Benedetto ha sicuramente appreso, ci sono alcune condizioni necessarie: ricevere le Sue parole – le parole di Dio – e conservare i comandamenti con diligenza. Ricercare attivamente la saggezza quasi come si farebbe con un tesoro nascosto. La saggezza non viene acquistata passivamente, ma è il risultato di una ricerca intenzionale e determinata. “Se la cerchi come l’argento” abbiamo letto, poiché essa è paragonata a un bene prezioso, a una “terra rara” potremmo dire stasera usando un termine che da un po’ di tempo è tornato alla ribalta, occorre scavare profondamente, proprio come si farebbe per scoprire un tesoro nascosto. Ed il risultato di questa ricerca sarà la comprensione “del timore del Signore” (v.5) e la scoperta della conoscenza di Dio. La vera saggezza, infatti, comincia dalla reverenza e dal rispetto per Lui.

Cari amici, in questa festa di San Benedetto, chiediamo per noi, per la nostra Europa, per i popoli in guerra, coinvolti in vari tipi di guerre: militari, economiche, informatiche, ecc. il dono della vera saggezza. Per intercessione di Benedetto chiediamo di cercarla tutti con cuore sincero per ricevere conoscenza e intelligenza affinché Dio agisca per tutti come scudo e protezione e conceda ad ogni uomo di questa nostra epoca e per gli anni a venire di vivere nella pace, con rettitudine e integrità di cuore. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina