Omelia nella Solennità di San Lorenzo diacono e martire

Tivoli, Basilica Cattedrale di San Lorenzo Martire, Sabato 10 agosto 2019

Signor Sindaco, illustri autorità, cari sacerdoti e diaconi, fratelli e sorelle nel Signore!

Anche quest’anno ci ritroviamo insieme per la Solennità del Santo Patrono della nostra Diocesi di Tivoli e della nostra Cattedrale – della quale celebreremo il 350° anniversario della sua dedicazione il 27 ottobre prossimo –: il diacono e martire Lorenzo!

Lorenzo, questo collaboratore di Papa Sisto II che, pochi giorni dopo il suo martirio a causa della persecuzione anticristiana scatenata dall’imperatore Decio e proseguita da Valeriano fu anche lui ucciso nel 258 dopo che, pensando che la Chiesa fosse ricca, il prefetto imperiale per indebolirla ulteriormente, ordinò a lui – il diacono tesoriere della comunità cristiana di Roma – di consegnargli i “tesori della Chiesa”. E Lorenzo, dopo aver distribuito ai poveri quanto la Chiesa di Roma possedeva, portò davanti al funzionario di Valeriano i poveri stessi dicendogli: “Ecco, i tesori della Chiesa sono questi!”.

Fu così messo a morte, e, raccolto dalla comunità cristiana, sepolto sulla Via Tiburtina ove sorge ora la Basilica di San Lorenzo al Verano. Da qui certamente la sua fama giunse fino a Tivoli dove i cristiani sostituirono il culto agli dei pagani, ed in particolare a quello di Ercole vincitore, con quello a Lorenzo. E tutto ciò per rafforzare la fede nel Dio di Gesù Cristo!

I santi, infatti, sono coloro che hanno vissuto con lo sguardo rivolto costantemente a Cristo il quale è rivolto continuamente verso il Padre e nello stesso tempo verso di noi rivelandoci il Suo Volto di Amore, quell’Amore che giunge al massimo compimento quando si offre per noi sulla croce e risorge dalla morte assicurandoci la vita eterna.

I santi sono coloro che con la vita realmente vissuta per Cristo – in questo caso fino al martirio! – ci danno la certezza di Dio. Se non lo avessero incontrato nella fede non avrebbero certamente dato tutto per Lui e così, al di là di tutte le pur legittime e utili discussioni teologiche, al di là di una fede che non esclude certo la ragione e la necessità di essere studiata ed approfondita in una continua ricerca della Verità, i santi – canonizzati o no, i grandi santi come Lorenzo o quelli anonimi, della “porta accanto” come ama definirli Papa Francesco – sono coloro che ci dicono con la vita che Dio esiste, che vale la pena spendersi per Lui, che Lui è l’unica ricchezza che possediamo.

E la loro fede diventa testimonianza, il loro incontro vivo con Dio, il loro dialogo con Lui nella preghiera, nell’ascolto della Parola, nella partecipazione all’Eucaristia, nella testimonianza creativa della carità, dato che Lui è Amore creatore e redentore, diviene per forza dono, punto di riferimento per gli altri.

La loro esperienza di vita riuscita, gioiosa anche se martirizzata, libera, povera, generosa verso tutti a partire dai più poveri, diviene punto di riferimento per noi.

Ma santi, cari fratelli e sorelle, siamo chiamati ad esserlo tutti!

Nella Chiesa antica i battezzati tra loro si chiamavano “santi” ossia tutti erano e siamo chiamati a divenire, per la nostra esperienza del Signore risorto, esperienza che possiamo fare grazie alla forza della Pasqua e dello Spirito che abbiamo ricevuto nel Battesimo, riferimento per gli altri, dono per gli altri, ponti che permettono non con le prediche o con i bei discorsi teorici ma con la vita e l’esemplarità – pur con le proprie fragilità – il contatto con la visione che Gesù ha del Dio vivente.

Scriveva Joseph Ratzinger nel suo libretto “L’Europa di Benedetto nella crisi delle culture”: “Un credente che si lascia plasmare e guidare dalla fede della Chiesa dovrebbe, quali siano le sue debolezze e le sue difficoltà, essere una finestra aperta alla luce del Dio vivo, e se crede veramente, egli lo è di fatto”.

Lo può essere di fatto perché se lascia che Dio entri nel suo cuore lo libera dall’isolamento del proprio egoismo e peccato e lo apre al rapporto con Lui e quindi – dato che Lui è Amore, è tutto per gli altri – lo apre ai fratelli e sorelle in umanità.

Cari amici, occorre che recuperiamo questa dimensione della santità che Lorenzo ci insegna.

Il Vangelo che ci è stato proclamato in questa Messa è tratto dal capitolo 12 di Giovanni e dalla risposta che Gesù, tramite i suoi discepoli, diede ai greci che erano saliti a Gerusalemme tra coloro che vi andavano ad adorare il Signore in occasione della Pasqua ebraica e vennero a sapere che vi era anche Gesù. I greci espressero dunque ai suoi discepoli un desiderio: “Vogliamo vedere Gesù”!

E Gesù fece rispondere loro, e quindi a tutti i pagani e neo-pagani di ogni tempo, che lo avrebbero visto nel momento in cui, sulla croce, come un chicco di grano che deve morire e marcire per dare frutto, anche Lui sarebbe morto per amore, avrebbe offerto tutto se stesso al Padre per noi per mostrarci e donarci la Sua misericordia e la vita eterna. E così, contestualmente, chiede che anche noi per far vedere il Padre al mondo, siamo disposti a perdere la vita, a marcire, a morire, a svuotarci di noi stessi come Lui, per essere così onorati dal Padre, ossia divenire sul mondo finestra aperta dell’Amore di Dio in cui crediamo, che ci salva e ci perdona sempre e per sempre.

Lorenzo ci chiama dunque a vivere così la santità. A mettere tutto noi stessi a servizio generoso di Dio e della Chiesa per la salvezza del mondo. A mettere tutto ciò che abbiamo e siamo a servizio del mondo che oggi pare essere ritornato pagano ma nello stesso tempo continua a chiedere espressamente o inespressamente: “vogliamo vedere Gesù!”

Qui mi vengono, permettetemelo, alcune semplici riflessioni che vorrei condividere con voi.

Anche oggi viviamo in un contesto neo-pagano. Penso alla nostra cultura, alla nostra Italia e alla nostra Europa che come ha detto bene in una recente intervista Papa Francesco: “si è indebolita con gli anni, anche a causa di alcuni problemi di amministrazione, di dissidi interni”, di mancanza di dialogo fra le parti, fra gli uomini, a causa di compromessi, di mancanza di ascolto reciproco per cui non scatta il meccanismo mentale per cui viene “prima l’Europa, poi ciascuno di noi” ma “il ciascuno di noi” – che non è secondario, è pure importante, dice il Papa – viene dopo l’Europa che invece come ogni casa comune conta di più.

E questo discorso potremmo estenderlo all’Italia e anche alle nostre comunità locali.

Cari fratelli e sorelle se non sappiamo ascoltarci, se non sappiamo pensare al bene comune che dobbiamo perseguire insieme prima degli interessi personali, viene meno ogni autentica cultura, si cade nel degrado, gli egoismi di alcuni continuano a lasciar poveri i già tanto poveri, non si creano politiche a sostegno della famiglia, non si sa accogliere chi viene da lontano, si scartano con troppa facilità le vite non nate e quelle anziane o malate … a livello globale si consuma più di ciò che la terra riesce a produrre con grandi rischi per il futuro dell’umanità, e a livello cittadino, nazionale, europeo, non riusciamo a lavorare in sinergia per crescere, non riusciamo a dare nulla di nostro perché diventi patrimonio di tutti ma ciascuno cercando di prendere soltanto dagli altri il massimo che può impoverisce tutti e tutto, a partire dalla Terra.

Per salvare questa situazione occorre dunque dialogare di più anche tra le diversità. Ma Papa Francesco ricorda che bisogna dialogare partendo dalla propria identità sapendo che il tutto è superiore alla parte, che dalle identità altrui posso ricevere qualcosa di più grande.

A questo punto mi domando innanzitutto se abbiamo chiara coscienza della nostra identità. Se sappiamo cosa voglia dire essere cristiani? Quando constato che siamo più preoccupati di come si svolge una cerimonia religiosa che di rispettare i fratelli e le sorelle, di soccorrere tutti senza distinzioni, di amare e perdonare in nome di Cristo … Quando constato che nelle comunità si prega poco, si legge e medita poco la Parola di Dio, non si vive nella fraternità l’Eucaristia, si esercita poco la carità o, ancor più, non si vive la vita come vocazione-progetto che Dio ha su di me, sulle nostre chiamate all’amore famigliare o consacrato che sia, non si accoglie la richiesta di fidarsi di Lui per sempre abbandonandosi serenamente alla sua provvidenza, non sperimentiamo il fuoco dell’attrazione viva di Dio … mi domando: dove è la nostra identità?

Occorre dunque riscoprirla ripartendo dal Vangelo, dal senso di appartenenza al Dio di Gesù Cristo per poter poi dialogare con gli altri e superare con creatività i nostri egoismi e contribuendo a costruire una società più giusta, fraterna, amica dell’uomo!

Vi chiedo pertanto di recuperare l’identità cristiana affinché nel dialogo sappiamo dare qualcosa di noi stessi per arricchire il tutto senza isolarci dagli altri, senza sentirci superiori a loro, senza cedere a sovranismi di sorta ma arricchendoci insieme.

Nessuno dà ciò che non ha!

A tutti chiedo di dare agli altri ciò che possiede di fede, di umanità e anche di risorse intellettuali, economiche, per costruire con loro non l’Europa, l’Italia o la città della politica politicante ma della Politica alta, quella che vuole il vero bene della polis, della città, della comunità degli uomini.

A tutti chiedo, come domanda il Papa nell’intervista che ho citato, di ripartire a costruire dai valori umani e cristiani, dalle radici umane e cristiane che l’Europa ha e che ci accomunano e non vanno perdute e che si riparta da questi valori della persona umana insieme ai valori cristiani a ricostruire il nostro futuro ben sapendo che in ogni uomo ci sono semi del Verbo, e che Cristo svela pienamente l’uomo all’uomo e gli rende nota la sua altissima dignità e vocazione.

Cristo è il tesoro della Chiesa, Cristo è il tesoro dell’umanità, l’Amore di Dio offerto con atti concreti a tutti coloro che lo vorranno accogliere è la ricchezza che, come Lorenzo, siamo chiamati a dare ai fratelli e alla società di oggi. Tutto ciò ci condurrà al martirio? A perdere qualcosa o tutto di noi stessi, dei nostri modi di essere e di pensare? Forse! Ma sicuramente avremo dato possibilità di futuro al nostro mondo, all’Europa, all’Italia, alla nostra città!

Cari fratelli e sorelle, quando pare che il cristianesimo abbia perduto la sua efficacia; quando pare che la fede in Dio-amore sia superflua e messa all’angolo, ecco che, come stasera, riflettendo insieme vediamo come invece sia estremamente necessario per salvare l’uomo, la famiglia, la vita, la bellezza del creato, il nostro futuro!

Chiediamo dunque il dono di una identità cristiana rinnovata, fidandoci della fede dei santi e di coloro che ci hanno preceduto, rinnoviamo il nostro atto di fede e traduciamolo in azioni generative di bellezza, bontà, di amore, di servizio reciproco affinché, anche oggi, chi desidera vedere Gesù possa incontrarlo e chi desidera un mondo migliore possa esserne con tutti coloro che desiderano condividere ciò che hanno e ciò che sono, la loro identità che è la loro ricchezza, costruttore della vera civiltà ove nessuno rimarrà indietro rispetto agli altri ma ci sarà uno spazio di fraternità ed amore per tutti. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina