Cimitero di Tivoli, Venerdì 1° novembre 2019
Carissimi fratelli e sorelle,
siamo venuti a celebrare questa Santa Messa, presso il nostro Cimitero cittadino, nel giorno in cui con tutta la Chiesa celebriamo la Solennità di Tutti i Santi, la festa che ci fa riflettere su quell’articolo del Credo che spesso recitiamo ma che non sempre comprendiamo: “Credo la comunione dei santi!”.
Nella fede, cioè, oggi, celebriamo un grande mistero, appunto quello della “comunione dei Santi”: i morti per Cristo, con Cristo e in Cristo sono con Lui viventi grazie al Mistero della Sua Pasqua e, poiché noi siamo membra del corpo di Cristo in virtù del Battesimo che abbiamo ricevuto ed essi membra gloriose del corpo glorioso del Signore, siamo in comunione gli uni con gli altri, Chiesa pellegrinante nel tempo con la Chiesa celeste, formando un unico e totale corpo del Signore. Così che noi veniamo qui, oggi, domani, e ogni volta che – spero anche durante l’anno – veniamo in questo luogo o negli altri cimiteri dove riposano i nostri cari defunti, per pregare per coloro che velati ancora da qualche traccia di umana fragilità, grazie anche alle nostre preghiere e i nostri sacrifici vissuti e offerti per loro, possano presto entrare in quella gloria dove sono già le anime di tanti uomini e donne, conosciuti o sconosciuti, santi del calendario della Chiesa o “della porta accanto”. E, nello stesso tempo, a chiedere a coloro che sono già entrati nella Chiesa gloriosa di intercedere per loro e anche per noi, ancora qui, in pellegrinaggio verso l’eternità.
Siamo dunque venuti in questo luogo, oggi, a pregare per i nostri cari defunti – preghiera che continueremo anche domani – ma anche per guardare ai meriti di coloro che hanno già portato a termine il loro cammino terreno, a coloro che sono i nostri santi ai quali dobbiamo continuamente volgere lo sguardo per comprendere cosa voglia dire vivere la santità che è la misura alta della vita cristiana ordinaria, che è la vocazione di tutti noi, uomini e donne che ancora viviamo e camminiamo sulla terra. Loro, infatti, i santi, ci indicano con la loro vita, le loro opere e i loro insegnamenti quella che è stata la loro priorità e che deve essere anche la nostra: dare sempre il primato a Dio nell’esistenza e nei criteri di scelta della vita quotidiana!
Con l’aiuto dei nostri fratelli e sorelle che sono già nella vita beata chiediamo dunque la grazia di vivere la santità!
Ma cosa è la santità?
Il Vangelo delle beatitudini che abbiamo appena ascoltato ci aiuta a trovare una risposta. Esse, infatti, sono gli atteggiamenti vissuti in maniera radicale da Gesù e che devono divenire per noi, ancora in cammino su questa terra, il nostro stile di vita. Lo stile di vita del cristiano, lo stile di vita che in una cultura più intrisa di Vangelo rispetto alla nostra hanno saputo vivere, se pur con le loro fragilità, coloro che sono passati sulla terra prima di noi, per i quali preghiamo ma ai quali anche guardiamo, soprattutto volgendo lo sguardo alla testimonianza che ci hanno lasciato.
In fondo le beatitudini ci pongono un grande interrogativo che dobbiamo accogliere.
Sono come un pungolo che mette in questione la nostra fede, la nostra sequela del Signore Gesù, e ancor più la nostra gioia e felicità nel vivere. E questo proprio perché le beatitudini riguardano il rapporto tra fede e felicità.
Indro Montanelli – un laico assai distante da una visione di fede della vita –, pochi mesi prima di morire, disse però: “Se devo chiudere gli occhi senza sapere da dove vengo, dove vado e cosa sono venuto a fare in questo mondo, tanto valeva non aprire gli occhi” e in realtà aveva ragione!
Occorre conoscere il senso nella propria vita. E tale senso deriva dalla felicità, dalla beatitudine, dal possedere una direzione nella vita, una ragione per cui vale la pena vivere e perdere la propria vita. E solo quando gli uomini riescono a riconoscere una ragione per cui vale la pena perdere la vita, cioè morire, essi trovano anche una ragione per vivere. Ebbene per il credente ma anche per il non credente le beatitudini possono molto aiutare a scoprire questa ragione e quindi dare un “senso” alla vita e a quanto l’uomo fa. Un senso che molti hanno cercato di dare alla vita perché credenti, altri perché cresciuti in un ambiente culturalmente profondamente intriso di Vangelo e di fede hanno vissuto con questo senso anche se non si professavano esplicitamente credenti. Un senso, che però oggi, se non riscopriamo le beatitudini come magna charta del cristiano e non riscopriamo come le hanno vissute – ripeto, pur con le loro fragilità – quanti sono stati prima di noi e dal Cielo ci sono vicini, rischiamo di perdere. Rischiamo di perdere in un mondo che pare sempre più accantonare Dio e conseguentemente il vero senso del vivere e del morire.
Un mondo che addirittura pare voler accantonare la morte legiferando a favore della cosiddetta “dolce morte” per togliere da essa il carico di dolore e sofferenza che a volte essa comporta. Un mondo che, dall’altra parte, pare voler nascondere la morte ai più piccoli; che vuole eliminare la morte eliminando i cadaveri riducendo in cenere i corpi e disperdendo le ceneri nell’aria o trasformandole in gioielli. Un mondo dove ormai pare superfluo andare a pregare e a visitare i cimiteri. Un mondo che preferisce la morte in ospedale piuttosto che tra i propri cari e nella propria casa. Un mondo che esorcizza la verità della morte con feste dove ci travestiamo da morti che camminano per nascondere la morte e i valori di senso, di significato profondo della vita e dell’eternità beata che ci attende, fermandoci a una ridicola caricatura della morte stessa, una caricatura che ci impedisce di vedere il “caso serio” della morte come ultima tappa della vita terrena e prima tappa della vita eterna con Colui che è il nostro creatore da sempre e per sempre.
Rileggiamo allora qui, in questo pomeriggio, le nove beatitudini che ci aiutano a scoprire questa ragione della vita e ci consentono di scoprire il senso dell’esistenza, di dare ad essa un motivo per continuare a peregrinare verso l’Eterno anche se tra difficoltà e dolori oltre che a gioie e consolazioni. Un cammino nel quale la morte segnerà il passaggio dalla terra al Cielo, dalla vita alla Vita con la V maiuscola.
Gesù proclama beati quanti vivono alcune precise situazioni, in grado di facilitare il loro cammino verso la piena comunione con Dio. La beatitudine, ci rivela Gesù, non viene dal benessere, dal piacere, dal successo, dalla ricchezza ma da precisi comportamenti che vanno assunti nel cuore e manifestati nella quotidianità dell’esistenza.
Gesù chiede a tutti, mentre siamo in questo cammino verso l’eternità, di essere poveri nello spirito, nel cuore, ossia aderire alla realtà ed essere liberi anche di accogliere le umiliazioni e di accettare di essere sottomessi ogni giorno ai fratelli; essere capaci di piangere, grazie a un cuore toccato dalla propria e altrui miseria; essere miti, sempre nel cuore, ossia assumere in profondità la mitezza rinunciando e lottando anche contro noi stessi per rinunciare alla violenza in ogni sua forma; avere fame e sete che regnino la giustizia, la verità; essere puri di cuore, cioè avere su tutto e su tutti lo sguardo di Dio; praticare la misericordia e fare azioni di pace; essere perseguitati e calunniati per amore di Gesù: tutto questo significa conoscere la beatitudine già qui in questa vita, e poi nel “mondo che verrà”, quello in cui Dio regna definitivamente!
Chi si trova in queste situazioni, chi a fatica cerca di assumere questi atteggiamenti, ascoltando le parole di Gesù può conoscere che l’azione di Dio è a suo favore; e così sperimenta la beatitudine, arriva alla consapevolezza che il giudizio di Dio è un giudizio beato, che sarà per lui gioia e buona notizia.
Non dobbiamo temere allora il giorno del giudizio, né dobbiamo vedere la morte come un terrore perché se avremo vissuto o almeno tentato di vivere le beatitudini così come sappiamo che hanno tentato – chi più, chi meno – tutti i nostri cari perché un po’ di bene c’è e c’è stato in tutti, non dobbiamo temere ma anzi da cristiani dobbiamo desiderare che il giudizio si compia e finalmente siano stabilite la giustizia e la verità che qui sulla terra ci sono state negate o siamo riusciti a negarci anche da soli perché incapaci di essere beati veramente a causa della nostra difficoltà a svuotarci di noi per lasciarci riempire solamente dall’amore di Dio!
Cari amici, è dunque possibile al cristiano trovare gioia e vivere le beatitudini già qui e ora. Non facciamolo certo in modo trionfale o con forme eclatanti per farci vedere agli occhi del mondo ma come è stato per i santi perseveriamo nel vivere le beatitudini nelle vite di tutti i giorni, nella ferialità così come hanno fatto tanti uomini e donne che riposano in questo e negli altri nostri cimiteri che sono i nostri santi: persone che nonostante le loro contraddizioni e i loro peccati hanno cercato di seguire Gesù con il Suo stesso stile di vita, lo stile delle beatitudini! E noi, sapendo che non siamo soli ma avvolti da una grande nuvola di testimoni, in comunione con loro, con i santi, continuiamo a camminare in questa vita. Con loro sentiamoci corpo di Cristo, sentiamoci e viviamo quali figli di Dio, con loro saremo una cosa sola con il Figlio nel Regno. Amen.
+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina