Omelia Per L’arrivo In Città Della Icona Della Beata Vergine Delle Grazie Di Quintiliolo

Tivoli, Parrocchia di San Biagio, Domenica 5 maggio 2019

Signor Sindaco, illustri autorità, carissimi fratelli e sorelle nel Signore!

Lungo il cammino che dal Santuario di Quintiliolo ci condurrà in Cattedrale portando tra canti e preghiere l’amata Icona della Beata Vergine delle Grazie di Quintiliolo, sostiamo per la celebrazione dell’Eucaristia domenicale. Sostiamo per questa Santa Messa della III domenica di Pasqua nella quale abbiamo ascoltato nella prima lettura come sia più importante obbedire a Dio piuttosto che agli uomini!

Gli Apostoli avevano ormai fatto l’esperienza dell’incontro con il Risorto e anche se dagli stessi accusatori e uccisori di Gesù gli era stato imposto di non diffondere il nucleo della fede cristiana, ossia che Gesù ha patito, è morto ed è risorto per noi non possono tacere questa verità che ha fatto sperare loro e fa sperare anche noi oggi, anche noi che abbiamo paura della morte e soffriamo per quelle esperienze di morte che sono i nostri peccati. I peccati che lì per lì sembra ci diano soddisfazione ma in realtà, quando ci guardiamo dentro, ci fanno tanto soffrire.

Nonostante le intimidazioni del sommo sacerdote, Pietro con gli altri apostoli risponde con fierezza che loro non possono tacere il Mistero della Pasqua e che devono obbedire a Dio piuttosto che agli uomini! A quel Dio per cui è bello essere fustigati, a quel Dio che li ha riempiti di Spirito Santo e da deboli e timorosi li ha resi forti, coraggiosi e soprattutto obbedienti a Dio.

Un coraggio che Pietro riceve dopo aver incontrato il Risorto.

Il Vangelo ci ha narrato di questo incontro.

Pietro aveva preso dopo i giorni della Pasqua e dell’apparente fallimento di Gesù il suo lavoro e va a pescare. Prende lui l’iniziativa: “Io vado a pescare” … ma pur avendo pescato tutta la notte né lui né i suoi amici presero nulla.

Riuscirà a pescare, cioè a fare qualcosa di significativo soltanto dopo aver obbedito al Risorto che gli si fa incontro all’alba, quando è più difficile pescare. E sulla parola di quell’uomo buttano la rete e non riescono più a tirarla su per la gran quantità di pesci. Gesù, a quel punto, viene riconosciuto dal discepolo amato – Giovanni – e Pietro si strinse la veste ai fianchi e si buttò in mare.

Si strinse la veste, proprio come quando Gesù si cinse il grembiule durante l’ultima cena per lavare i piedi ai suoi, comprende che è chiamato non tanto ad essere il capo della Chiesa, degli Apostoli ma il loro servo, comprende che il suo apostolato sarà il servizio all’annuncio del Risorto. E poi si butta in mare. E riemergendo dall’acqua proprio come riemergono i battezzati può riconoscere il Risorto, e tirare a terra 153 grossi pesci, conoscerne il numero, quasi a dire che può diventare pastore della Chiesa perché il pastore conosce una ad una le sue pecore, i suoi figli che ama in nome di Cristo soltanto però dopo che gli ha obbedito, che ha ascoltato il suo invito a gettare le reti sulla sua Parola, e trarre a terra una pesca abbondante.

Ma c’è ancora un altro passaggio importante nel Vangelo odierno. Il Risorto domanda per tre volte a Pietro se lo ama? Tre volte come tre erano stati i rinnegamenti di Pietro nella sera del processo di Gesù dove, davanti a una serva, aveva detto di non conoscere il suo Maestro.

Gesù gli chiede per tre volte se lo ama ma adattando la sua domanda al cuore debole, fragile, peccatore di Pietro. Un cuore così simile al nostro e che per questo ci consola perché ci fa comprendere che se accettiamo l’amore grande di Gesù, del quale Gesù ci ha riempito con la sua Passione, morte e risurrezione, con il dono dello Spirito Santo, tutti possiamo rispondere positivamente al Suo amore, tutti possiamo diventare apostoli del Risorto per quella via che il Signore ci propone: il sacerdozio ministeriale, la vita religiosa maschile o femminile, il diaconato permanente, la famiglia cristiana, il dono della nostra vita a disposizione del Risorto per amare lui e prenderci cura, pascere il popolo che ci affida, i fratelli che affida a ciascuno di noi affinché senza timore gli annunciamo la potenza del Risorto.

Gesù, dunque, chiede a Pietro se lui lo ama più degli altri? E Gesù per formulare questa domanda usa un verbo greco impegnativo: che dice amore puro, perfetto, un amore che può essere soltanto di Dio verso di noi. Pietro non sa cosa rispondere. Rispetto agli altri non si sente certamente superiore – Lo ha tradito, Giovanni invece era stato fedele fin sotto la croce, ad esempio – e poi amarlo perfettamente no: è troppo per lui. Allora risponde con sincerità: “Ti voglio bene”. E Gesù gli affida di pascere i suoi agnellini, cioè di partire ad amare nel suo nome gli ultimi, i più piccoli e poveri.

A quel punto Gesù gli domanda ancora se lo ama. Usa sempre il termine agape. Senza però chiedergli se lo ama più degli altri. E Pietro ancora una volta gli dice che gli vuole bene ma non può, non riesce e non riuscirà mai ad amarLo perché solo Dio ci ama. E Gesù gli dà ancora fiducia: Pasci i miei agnelli. E infine Gesù abbassa la domanda: “Pietro mi vuoi bene?”. E Pietro si arrende, si lascia amare, lui che prendeva l’iniziativa, che l’aveva presa in tante occasioni, lascia a Gesù l’iniziativa: “Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene”. A quel punto Gesù gli profetizza che lo seguirà, che Lui stesso lo condurrà dove lui nemmeno pensa e lo chiama: “Seguimi”!

Cari amici questa mattina vorrei che questi spunti che vengono dalla liturgia toccassero il nostro cuore.

Sono convinto che anche tra noi, che anche nella nostra Diocesi così come in quella sorella di Palestrina, nella Chiesa intera, ci sono tanti giovani o anche non più giovanissimi che sentono che per avere una vita felice non bastano le loro iniziative, seguire i loro progetti umani ma occorre seguire il Signore, obbedire a Lui piuttosto che agli uomini. E penso anche che tanti facciano fatica a dire di sì ai progetti di vita che il Signore ha per ciascuno di loro perché pensano che devono essere perfetti, capaci di amare il Signore come Lui ha amato e ama noi. Cari amici, impariamo da Pietro a lasciarci amare da Gesù che si adatta al nostro passo. Che ci chiede l’amore grande ma poi si adegua a ciò che possiamo dargli e ci chiama ugualmente, per amore, per la sua misericordia, nonostante le nostre imperfezioni e fragilità a seguirlo per la via che ha preparato per la gioia di ciascuno di noi.

L’unica cosa che ci chiede è di fidarci di Lui, di gettare le nostre reti come e quando Lui vuole, di prendere il largo cioè affidarsi alla Sua Parola ed obbedirgli per avere una pesca abbondante, per diventare pescatori di uomini!

Obbedire e seguire. Sono due verbi che Maria, che oggi onoriamo, ha vissuto in maniera perfetta.

Mentre chiedo al Signore che aiuti tutti noi e i nostri giovani a rispondere con la vita all’amore del Risorto per noi e che chi è più adulto è chiamato a trasmettergli, chiedo a Lei di mostrarci come dobbiamo obbedire e seguire il Maestro.

Lei ha obbedito. Ossia ha ascoltato con le orecchie del cuore e praticato con la vita la Parola di Dio accolta in un cuore umile, semplice, silenzioso. E per quella obbedienza ha potuto generare al mondo il Figlio di Dio, Colui che è morto e risorto per noi. Il buon senso umano avrebbe detto di non obbedire, diventare la madre di Dio quando era già promessa sposa di Giuseppe era fortemente compromettente. Ma ha detto sì.

E poi ha seguito quel Figlio fino ai piedi della croce e, ancora, fino alla Pentecoste, fino alla sua assunzione al Cielo in anima e corpo.

Che Maria, che Pietro ci aiutino ad obbedire a Dio e a seguire Cristo con cuore indiviso, con gioia, con coraggio, cantando il Magnificat.

In questo modo tanti altri potranno ascoltare la voce del Signore, l’annuncio della sua Pasqua, essere battezzati o riscoprire il loro battesimo e diventare credenti! Quei credenti che non pensano più solo a se stessi ma anche agli altri, iniziano a ragionare con il noi impegnandosi per il bene comune, il bene di tutti, per un futuro ricco di speranza per Cristo che è ancora il vivente che ama, chiede di essere ascoltato e amato, dà fiducia anche a chi pensa di non meritarla, anche a chi sa di essere un povero ma che, se guardato da Dio, diventa ricco e arricchisce gli altri di amore e di misericordia, di quella pace vera che ha un solo nome: Gesù il Cristo, il figlio di Maria, il Risorto per noi. Amen.

  + Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina