San Cesareo, Parrocchia Madonna della Fiducia, Sabato 21 settembre 2024
Carissimi fratelli e sorelle,
celebriamo stamane la Festa dell’Apostolo ed Evangelista Matteo.
E in questa festa viene ordinato diacono il nostro caro Don Sixtus degli Apostoli di Gesù Crocifisso.
Il Vangelo ci ha presentato Matteo seduto al banco delle imposte. Era infatti un esattore delle tasse. Ma quando la Parola di Gesù lo raggiunge, egli si alza.
Anche il nostro Sixtus è stato raggiunto dalla Parola di Gesù nel momento in cui sentì la propria vocazione una Parola che Gesù, attraverso il ministero del Vescovo, anche stamane gli rivolge e lo chiama per essere ordinato diacono cioè servo di Dio e del suo popolo e per essere mandato, quale seguace di Gesù, ad amare il popolo che incontrerà nel suo ministero – oggi da diacono e un domani ormai prossimo da presbitero –, a servire il popolo di Dio ed in particolare i più poveri, gli orfani e le vedove.
Come Matteo anche Sixtus, poco fa, davanti alla chiamata che la Chiesa gli ha rivolto a nome di Cristo, si è alzato e ha detto “Eccomi”.
“Alzarsi”: come Matteo e come tanti altri si sono alzati per seguire Gesù.
Ma cosa vuol dire: “alzarsi”? Cosa ha voluto dire per Matteo e cosa può voler dire per Sixtus stamane e da stamane in poi, per tutta la vita?
Quando la Parola di Gesù raggiunge Matteo egli si alza: nell’originale greco è anastas, surgens in latino, uno dei verbi che nel Nuovo Testamento è usato per dire la risurrezione.
Alzarsi vuol dire dunque ergersi nella posizione del risorto, dell’uomo che chiamato a uscire da se stesso, si pone alla sequela del risorto.
Mettersi alla sequela del Risorto: questa è la premessa fondamentale per chi crede nel Vangelo. Altrimenti vana sarebbe la nostra fede, anzi saremmo da commiserare più di tutti gli altri uomini (1 Cor 15,12-19).
Alzarsi è mettersi in stato di risurrezione. Certamente la risurrezione è un dono riservato per la fine dei tempi: per la vita del mondo che verrà. Tuttavia, la credibilità del Vangelo si gioca qui e ora: la promessa è affidabile, se ne può fare esperienza già adesso, come pegno di quel che verrà dato. In effetti, Matteo appunto si alza subito. Egli era seduto al banco delle imposte, a contare i soldi, immerso nelle tenebre, secondo la bellissima raffigurazione che Caravaggio ha fatto della chiamata di Matteo così come si può vedere a Roma nella chiesa di San Luigi dei Francesi.
È la situazione di morte alla quale rischiamo di rimanere incatenati per tutta la vita: ripiegati su di noi, a contare e trattenere quelle proprietà che in realtà non sono affatto nostre, quei possessi che ci saranno tolti.
Ebbene, come Matteo, anche Sixtus, sentita la chiamata di Gesù a seguirlo stamane si è alzato, dice a tutti il suo desiderio di uscire da quella situazione di buio che vive chi non sa donarsi agli altri, di chi non sa mettersi a servizio di Dio e dei fratelli. Si alza è fa l’esperienza della risurrezione. La sua vita cambia. Ricevendo il primo grado del sacramento dell’ordine viene configurato a Cristo servo. A Cristo che si è fatto servo donandoci la sua vita per poi riprenderla di nuovo. Morendo e risorgendo per noi affinché anche noi moriamo a noi stessi e viviamo da risorti mettendoci a servizio di Dio e dei fratelli.
La Parola di Gesù è anche per Sixtus, così come è stata per Matteo, un raggio di luce che illumina: che gli fa vedere finalmente la verità di quel che vive, gli ha fatto riconoscere ciò che era – natura morta – per seguire Colui che è Vivente.
Sixtus, dunque, alzandosi per seguire Cristo servo esce dalle catene, si alza per uscire dalle tenebre e donarsi totalmente a Cristo e ai fratelli.
Ma, ci viene da chiedere, che potere ha questa Parola? Come fa a rompere le catene, a squarciare le tenebre che tengono prigioniero l’uomo di se stesso? Come ha fatto con Matteo? E come fa stamane con Sixtus?
Nel Vangelo abbiamo ascoltato come i farisei sopraggiunsero e restarono meravigliati nel vedere Gesù che mangiava con i peccatori. Proprio questo stupisce: quegli uomini siedono al banchetto, prefigurazione del regno, quando ancora sono peccatori! Ma questa è appunto la buona notizia: che siamo accolti così come siamo, amati nella nostra bruttezza, baciati nella nostra lebbra, benvoluti nella nostra miseria.
Gesù agisce così. Ha agito così con Matteo e agisce così con Sixtus come agisce così con ognuno di noi purché ce ne accorgiamo e lo lasciamo fare. Ha misericordia di noi e ci elegge, ci chiama per questo!
Il rischio, infatti, come avverte San Paolo, è sempre quello di trasformare il Vangelo in legge (Gal 5,1-12): allora essere cristiani significa osservare delle norme di comportamento, seguire una certa morale.
Ma non è da questo che ci riconosceranno: dall’essere irreprensibili quanto al rispetto della Legge (Fil 3,6). Ci riconosceranno invece soltanto dal fatto che ci amiamo gli uni gli altri, perché amati (Gv 13,35).
Perché misericordiati – per usare una espressione cara a Papa Francesco – misericordiamo!
I farisei fanno sentire i peccatori in colpa: li bloccano, li paralizzano nel loro peccato, facendoli ripiegare su se stessi; essi stessi si induriscono poi sempre più, forti del loro senso di superiorità, della propria giustizia.
Gesù, invece, fa sentire i peccatori amati, accolti incondizionatamente: così li libera, li guarisce, li fa risorgere. Sono certo che Sixtus stamane, mentre sta per diventare diacono sente fortemente come l’amore di Dio, la Sua misericordia lo pervade e così potrà vivere il suo ministero nella gioia e da risorto in attesa della risurrezione alla fine dei tempi.
L’annuncio del Vangelo è questo: far sentire amati e così insegnare ad amare. Si impara ad amare, infatti, soltanto se si è immersi nell’amore.
Caro Sixtus stai per essere ordinato diacono. Gesù ti chiama. Ti chiede di alzarti ed uscire da te stesso. Di aprirti all’azione della sua Pasqua. Di accogliere l’amore che ti da per amare Dio e i fratelli servendoli non per dovere, non perché c’è una legge, un orario, una regola … ma perché sei chiamato a rispondere all’amore in cui Gesù ti immerge con il tuo amore.
È quanto avviene stamane. È quanto ti auguro di vivere per tutta la vita. Sii servo non per dovere ma per rispondere all’amore di Cristo che come ha illuminato Matteo e lo ha fatto uscire dalle tenebre così ora illumina te e con l’imposizione delle mani, la preghiera consacratoria e la consegna del Vangelo tu possa andare ad annunciare l’amore: con la predicazione, con l’annuncio del Vangelo – quel Vangelo che tra poco la Chiesa metterà nelle tue mani e proclamerai nella liturgia – e con i fatti, con il servizio che sarà il miglior segno dell’amore che attrae e che come ha attratto te saprà attrarre anche tanti altri uomini e donne che attendono di essere guardati e chiamati dall’amore di Cristo.
Carissimo Sixtus è quanto stamane ti auguriamo mentre ora ti chiediamo di esprimere questo tuo desiderio di seguire Cristo servo rispondendo alle domande che ti porrò a nome di tutta la Chiesa e poi ti ordinerò diacono con l’imposizione delle mani e la preghiera di ordinazione. Sii sempre uomo della gioia, uomo del Vangelo, uomo del servizio e che molti, tramite il tuo ministero possano sentire Cristo che chiama ad uscire dal buio dell’esistenza quando nell’esistenza non c’è Lui per vivere nella Sua compagnia fino al giorno in cui verrà per sempre. Amen.
+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina