Parola e silenzio. Così Dio si manifesta

Una riflessione di don Massimo Grilli, responsabile dell’équipe diocesana di apostolato biblico, per la Domenica della Parola di Dio

Lo scorso anno – in occasione della Domenica della Parola – concludevo citando il filosofo danese Søren Kierkegaard il quale, rivolgendosi a Dio, esclama: «Tu parli anche quando taci». Ecco il paradosso che, prima o poi, ogni vero credente sperimenta nella sua vita: Dio si manifesta non solo nella sua Parola, ma anche nel suo Silenzio. Argomento scabroso, che trabocca di interrogativi: perché Dio tace? E che senso ha il Silenzio di Dio, soprattutto quando un uomo o una donna si trovano nel più disperato bisogno?

Una prima seria ragione del Silenzio di Dio è perché l’essere umano, nella sua arroganza, lo ha messo a tacere! Dio tace perché l’uomo non lo lascia parlare! Nella storia di Israele sono stati anzitutto i profeti a denunciare questo peccato, che attraversa ogni generazione. Il profeta Michea, in un momento drammatico, denuncia i responsabili della nazione: dovrebbero essere pastori e invece sono cannibali, dovrebbero aver cura delle pecore e invece le divorano… Ed ecco la punizione: «grideranno a JHWH, ma egli non risponderà…» (3,1-4). Nel momento in cui i potenti hanno perso tutto, hanno distrutto la terra e i suoi abitanti, tornano a cercare il Dio tappabuchi, sicuri di trovarlo nel momento di bisogno… «ma egli non risponderà!». Dio tace perché la terra viene deturpata, la menzogna governa sovrana, il tempio è divenuto una spelonca di ladri, il popolo si è prostituito (Os. 1-2).

È vero: una grande porzione del male e del dolore che esiste nel mondo e nella chiesa è riconducibile al Silenzio di un Dio che è stato cacciato, messo all’angolo dalla prevaricazione e dall’arroganza umana. Un secondo motivo per cui Dio tace è legato alla pedagogia. Siamo soliti considerare l’educazione come un programma dipendente dalla parola e dalla gestualità, ma si riflette poco sulla pedagogia del Silenzio. Il vero pericolo della parola non è il Silenzio, ma la banalità, il logo-narcisismo dell’essere umano, che cerca solo sé stesso. Elia, ad esempio, deve imparare a cercare Dio non nel terremoto, nel fuoco e nel vento… ma nella Voce di un Silenzio sottile (1 Re 19, 11-13): deve imparare a cercare non il Dio edito (quello del monte Horeb), il Dio che si vorrebbe a propria immagine e somiglianza, ma il Dio inedito, sconosciuto. Il Silenzio di Dio libera l’uomo dalle parole inutili, dalle preghiere banali, che non cercano Dio, ma solo il proprio tornaconto personale.

Una terza motivazione per cui Dio tace: per amore. Quando si ama, e l’altro/a soffre, la parola può rivelarsi inadeguata, insufficiente. Solo l’amore colma la distanza abissale davanti a un/a sofferente. Gesù muore in croce gridando «Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?» (Mc 15,34).

Dio non risponde a questo grido e, tuttavia, un centurione pagano, vedendolo morire così, proclama la presenza di Dio nell’assenza di una risposta: quest’uomo era veramente figlio di Dio (Mc 15,39).

Nella croce del Figlio, il Silenzio di Dio, non dà una risposta immediata (c’è una risposta al dolore di un giusto?), ma offre un senso: non un tranquillante psichico o una facile consolazione… No, questa offerta di senso significa che Dio mi è vicino anche quando la mia situazione si fa desolata, assurda, disperata. Posso incontrarlo non solo nel grido di una partoriente, ma anche nel rantolo di un morente… In ogni caso, Dio è lì: sia che mi parli con la sua Parola sia che mi ami con il suo Silenzio.

Massimo Grilli