Parole al termine della Processione del “Cristo Morto”

Tivoli, Chiesa di San Biagio Vescovo, Venerdì 15 aprile 202

Siamo giunti al termine della processione del Venerdì Santo che ancora una volta ha mostrato ai nostri occhi le immagini del dolore di Maria e il corpo morto del Figlio di Dio, Gesù, l’innocente per eccellenza che è passato nel mondo facendo solo del bene ma che ha subito a causa dell’uomo lo scherno e la morte infamante della croce.

Abbiamo riflettuto sull’ascolto. Sì, abbiamo estremamente bisogno di metterci in ascolto: di Dio, innanzitutto, e dell’altro. Di Dio e degli uomini e delle donne del nostro tempo. Ne abbiamo bisogno tutti e ci dobbiamo aiutare vicendevolmente se vogliamo costruire una società migliore. Senza ascolto, senza relazioni, senza ascoltare le reali esigenze degli altri rischiamo di pensare di servirlo ma in realtà non riusciamo a far nulla che gli sia utile. E così se non ascoltiamo Dio rischiamo di pensarci cristiani senza esserlo realmente. Rischiamo a lungo andare di vivere come se Lui non esistesse e così rimaniamo in “autoascolto”, nell’ascolto solo di noi stessi e alla fine l’uomo perde il contatto con il suo creatore e Padre, diventa solo desideroso di imporre se stesso sugli altri e riesce a distruggere la propria famiglia, la comunità civile o cristiana che sia.

Stasera, pensando in questi giorni a quanto avreste voluto ascoltare da me dopo due anni di pandemia che ha strappato a noi molti dei nostri affetti ed in questo momento dove la guerra scoppiata in Ucraina ci tocca da vicino, ci impressiona per le tante vittime innocenti, per il rischio che essa con le sue nefaste conseguenze di povertà, di odi vicendevoli, si propaghi a livello mondiale, ho provato ad ascoltare cosa mi avreste domandato per tentare di entrare in dialogo con voi offrendo la risposta della fede.

Ho provato dunque ad ascoltare quella domanda che dopo questo tempo dal quale pareva che ne uscissimo ed è invece sopraggiunta la guerra la mia gente avrebbe rivolto al suo Vescovo: Dove è Dio? Dove è stato Dio in questo tempo di pandemia ed ora di guerra e di odii? Perché tace? Come può tollerare questo eccesso di distruzione, questo trionfo del male?

È una domanda alla quale Papa Benedetto XVI e successivamente sulla stessa linea anche Francesco hanno provato a dare risposta nel luogo più macabro della terra in occasione delle loro visite: il campo di sterminio di Auschwitz.

Prima di rispondere Papa Benedetto citò le parole del Salmo 44, il lamento di Israele sofferente: “… Tu ci hai abbattuti in un luogo di sciacalli e ci hai avvolti di ombre tenebrose … Per te siamo messi a morte, stimati come pecore da macello. Svegliati, perché dormi, Signore? Destati, non ci respingere per sempre! Perché nascondi il tuo volto, dimentichi la nostra miseria e oppressione? Poiché siamo prostrati nella polvere, il nostro corpo è steso a terra. Sorgi, vieni in nostro aiuto; salvaci per la tua misericordia!”. Un grido di aiuto che racchiude tutti i nostri appelli al Signore quando abbiamo necessità di aiuto lungo il corso della storia di ieri, di oggi e di domani.

La risposta di Papa Benedetto e che vorrei far mia questa sera è stata questa: “Noi non possiamo scrutare il segreto di Dio. Vediamo soltanto frammenti e ci sbagliamo se vogliamo farci giudici di Dio e della storia. Non difenderemmo, in tal caso, l’uomo, ma contribuiremmo solo alla sua distruzione. No – in definitiva, dobbiamo rimanere con l’umile ma insistente grido verso Dio: Svegliati! Non dimenticare la tua creatura, l’uomo! E il nostro grido verso Dio deve al contempo essere un grido che penetra il nostro stesso cuore, affinché si svegli in noi la presenza di Dio – affinché quel suo potere che Egli ha depositato nei nostri cuori non venga coperto e soffocato in noi dal fango dell’egoismo, della paura degli uomini, dell’indifferenza e dell’opportunismo”.

Davanti a queste domande, dunque, dobbiamo gridare verso Dio affinché spinga gli uomini a ravvedersi e a riconoscere che la violenza non crea la pace, ma suscita solo altra violenza, una spirale di distruzioni nella quale alla fine tutti possono essere perdenti. Spingere gli uomini alla solidarietà autentica! Nei primi giorni del covid – ricordate – sembrava che tutti ci saremmo voluti più bene. Ne siamo usciti stanchi, isolati tra noi, in molti hanno pensato solo a se stessi. C’è addirittura chi ha lucrato disonestamente su questa calamità mondiale. Se non gridiamo continuamente a Dio l’uomo rimane uomo e se non accettiamo con umiltà e fiducia i disegni di un Dio che è Padre e rimane Padre che ama anche quando noi non lo comprendiamo finiamo nella disperazione che porta odii e rancori.

Gesù morto ci insegna a gridare: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! … Dio mio Dio mio perché mi hai abbandonato …” ma anche a dire a quel Padre: “però non la mia ma la tua volontà sia fatta” … “Padre nelle tue mani rimetto il mio spirito”. E lì troviamo la pace, troviamo la vita, troviamo la via per risorgere.

Dove sei Dio? Era la domanda.

E la risposta è: sono con te, sono con voi come sono stato con il mio Figlio nel momento della Croce affinché quell’atto di odio che lo ha portato sulla croce si trasformasse in atto di amore supremo capace di cambiare il cuore dell’uomo.

Papa Benedetto sempre visitando Auschwitz ricordava come tra le lapidi degli uccisi c’è anche quella di Massimiliano Kolbe – che in mezzo a tanto odio ha saputo dare la vita al posto di un papà che stava per essere ucciso –, che c’è quella di Santa Maria Benedetta della Croce, una ebrea-cristiana che ha condiviso la sorte del popolo ebreo rimanendo testimone della verità e del bene che anche tra i suoi connazionali tedeschi era tramontato.

In mezzo al male ricordiamoci sempre che c’è anche tanto bene. Quante persone durante il covid si sono prodigate e ancora si prodigano per gli ammalati e per quanti sono morti. Quante persone anche oggi si stanno prodigando per aiutare i profughi ucraini, per percorrere tutte le vie diplomatiche possibili per ristabilire la pace. Tutti loro ci provocano per comprendere che il bene è ancora possibile, che Dio opera ancora nel cuore dell’uomo e ci stimolano, ci incoraggiano al bene, a resistere contro il male.

Cari fratelli e amici. Gesù, il Figlio di Dio che per salvarci dal peccato e dalla morte ha accettato la logica della morte in croce per amore ci incoraggia ad amare donando tutto noi stessi anche in quest’ora buia della storia. Come il Padre non lo ha abbandonato in potere della morte non abbandonerà nemmeno noi. Lui è il nostro Pastore, non ci farà mancare nulla, su pascoli erbosi ci farà riposare, ci condurrà ad acque tranquille, per amore del suo nome ci guiderà e se lo seguiremo non temeremo alcun male ed abiteremo nella casa del Signore per lunghissimi anni. Amen.

+ Mauro Parmeggiani
Vescovo di Tivoli e di Palestrina