Tivoli - S. Biagio v. m.
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INDIRIZZO
Piazza Plebiscito 21, 00019 Tivoli (Rm)
PERSONE
PARROCO
Don Leonardo Fabio Perez
Cenni Storici
Il convento domenicano di San Biagio, un tempo isolato dominante l’antistante Piazza del Plebiscito, si trova inserito all’incrocio di strade molto frequentate e in collegamento con la via Tiburtina Valeria, nel tessuto urbano interessato alla nuova espansione urbanistica del XII-XI secolo dove, secondo la tradizione, sorgeva un antico tempio dedicato a Giunone Regina, contiguo a quello di Diana. Questo spiegherebbe il perché la Piazza del Plebiscito ad essa prospiciente è nota presso i tiburtini come Piazza della Regina. Su questo luogo di culto pagano, come sempre accadde, per sottolineare la vittoria del Cristianesimo sul paganesimo sorse intorno al XII secolo una piccola chiesetta di stile romanico, avente però un ingresso che guardava a valle, verso il fiume, situato su Via dei Sosii. L’impianto doveva avere un’unica navata rettangolare con cappelle addossate alle pareti; soffitto a capriate; abside poco sviluppata coperta con volta a crociera. Addossato all’abside era un campanile (quasi interamente distrutto dai bombardamenti del 1944). Di essa rimane solo l’abside, ancora affrescata, situata sotto il pavimento della sagrestia dell’attuale San Biagio. Fu Papa Onorio IV a concederne il possesso all’Ordine Domenico nel 1285 in quanto quest’ultimo non aveva a Tivoli nessun luogo dove poter predicare. Qui dunque i Padri Predicatori si sistemarono ma, approfittando della sopraggiunta scomparsa di Onorio IV, stabilirono di porre mano ai lavori per edificare una chiesa più grande, corrispondente ai loro bisogni, con annesso Convento. L’edificio sacro fu dedicato a “Santa Maria de Gloria” (come tutte le chiese domenicane) ma la popolazione tiburtina fin dall’inizio preferì chiamarlo “San Biagio”, Vescovo e Martire, e per sottolineare la benevolenza con cui la presenza dei Domenicani era seguita dalla città, ben presto i tiburtini fecero a gara per lasciare in eredità i loro patrimoni al Convento che in questo modo poté essere in grado di gestirsi e di operare per il bene della comunità locale. L’orientamento della chiesa mutò durante l’episcopato del Cardinale Filippo Gezza De Rufinis (1356-1380) il quale fece ampliare il convento e soprattutto ordinò il rifacimento radicale della chiesa volgendo la facciata sull’attuale Piazza Plebiscito su un livello più alto rispetto all’antico. I lavori, a buon punto sotto il pontificato di Bonifacio IX (1389-1404), furono però terminati solo nel Cinquecento grazie alla generosità di Vincenzo Leonini, fratello del Vescovo di Tivoli, Angelo, entrambi tiburtini. Il benefattore, tra l’altro sposo di Bartolomea de’ Medici (nipote del pontefice Leone X) e comandante della guardia papale, grazie al suo aiuto permise che fosse terminato il bel portale che adorna l’ingresso dell’attuale chiesa situato ora sulla piazza del Plebiscito. Gli stemmi familiari dei Leonini a ricordo perenne del loro gesto furono scolpiti sulle basi degli stipiti del portale. Il nome di Vincenzo Leonini è presente anche sull’architrave del timpano, che custodisce collocato in posizione centrale un altorilievo della Madonna a mezzo busto con in braccio il Bambino. L’iscrizione è la seguente: VINCEN. LEONINUS LEONIS PP. X CUSTODIE CAPITANE. F.F. MDXVI (Vincenzo Leonini capitano della guardia di papa Leone X fece fare nel 1516). La scultura mariana è però di epoca posteriore, collocabile nel XIX secolo; il suo autore fu lo scultore americano Mosé Ezeckiel, il quale ricevette l’incarico dal Cardinale Gustavo Hohenlohe (1823-1896) residente a Villa d’Este (diventata residenza personale dei Reali d’Austria), uomo di grande cultura e mecenate (ospitò nella Villa tiburtina fra gli altri Franz Liszt) non che potente politico essendo distributore ufficiale delle elemosine alla corte di Papa Pio IX (in altre parole elemosiniere ufficiale). A ricordo perpetuo del suo dono volle che ai lati dell’altorilievo fosse scolpita questa frase: IN HONOREM B.M.V. SS. ROSARII DONAVIT CARD. PRINCEPS HOHENLOHE (il cardinale principe Hohenloe donò in onore della Beata Maria Vergine del SS. Rosario). Purtroppo i bombardamenti della seconda guerra mondiale nel 1944 causarono la perdita della testa della statua (rifatta e ricollocata sul posto) non che lo Stemma delle famiglie nobili dei Medici e dei Leonini posto al centro della facciata. Il conflitto bellico risultò fatale anche alla stabilità del campanile del XII-XIII secolo (già in precario equilibrio in quanto posto su un terreno alluvionale e sismico per cui fu restaurato in più riprese nei secoli XIV e XVIII) dall’originario stile romanico con aperture a bifore, per cui si giunse alla decisione di abbatterne due piani; i restanti (piano terra e primo piano) sono ancora presenti accanto all’abside. Fu trovata ubicazione alle quattro campane collocandole “provvisoriamente” in un gabbiotto di ferro posto sull’estremità sinistra della facciata della chiesa. La Chiesa oggi si presenta con una facciata in tufo divisa verticalmente in tre parti: nella centrale spicca in alto un rosone che sovrasta il grande portale con timpano di cui si è parlato; nelle due parti laterali, delimitate da contrafforti sovrastati da cuspide, fanno da pendente al rosone un orologio (a destra) e un calendario perpetuo (a sinistra) al di sotto dei quali sono situate in corrispondenza due nicchie gotiche. Orizzontalmente invece la facciata è quasi divisa a metà da una cornice a mensole in travertino e marmo che è collocata al di sopra di ciascuna nicchia gotica e immediatamente al di sotto La chiesa, progettata come si è detto dai Domenicani dopo esserne venuti in possesso, era a navata unica con altari laterali, enormi finestre gotiche, copertura a capriata; l’entrata fu situata non più su via dei Sosii ma su Piazza del Plebiscito. Nel XIX secolo, precisamente nel 1887, finanziando i lavori il predetto Cardinale Hohenlohe, il progettista tiburtino Luigi Petrucci provvide a ristrutturare l’interno, eliminando ogni particolarità trecentesca della chiesa e impostandola sul modello della chiesa di Santa Maria sopra Minerva a Roma seppure di dimensioni minori. La navata, obbedendo al Romanticismo che esaltava di nuovo lo stile gotico, vide prevalere la verticalità e al posto delle capriate ebbe (ed ha) la copertura costituita da una serie di volte gotiche scaricanti su dieci pilastri abbelliti da altrettanti capitelli in travertino di stile corinzio e uniti da archi a sesto acuto. Secondo il progettista ognuno di essi doveva incorniciare le undici cappelle laterali (sei a destra e cinque a sinistra) consacrate alla Madonna del Rosario e ai santi dell’Ordine Domenicano. I lavori interessarono anche la zona dell’abside che riceve luminosità da tre enormi finestre ad ogiva commissionate e fabbricate in Francia a Marsiglia nel 1884 e andate anch’esse distrutte in seguito al 2° conflitto mondiale. A ricordo di questa ristrutturazione fu posta sul portale internamente un’iscrizione in latino oggi perduta: “Questo tempio intitolato a S. Maria della Gloria, eretto nel secolo XIV dai Frati Predicatori al posto della parrocchia del santo vescovo e martire già fatiscente per vecchiaia, fu rinnovato più elegantemente dalle fondamenta con opere complete nell’anno del Signore 1887 per indefessa iniziativa del Padre maestro Giacinto Marchi del medesimo Ordine dei Predicatori” I bombardamenti del 1944 però distrussero anche il pavimento della chiesa che nel 1962 fu rimosso per essere sostituito da uno in marmo di Carrara variegato costituito da grandi pezzature geometriche ornate con bordature colorate in rosso di Verona e in giallo di Siena. Molto bello è il pavimento dell’abside: tutto in marmo di Trani con al centro un grande stemma dell’Ordine dei frati di San Domenico, realizzato in marmo greco bianco e in marmo nero di Bruxelles